16. socio

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Il cervello di Kiriyo esplose in un eco di grida, improperi, battute e sibilanti frecciatine. Era abituata a quel casino bestiale nella sua testa - dopo duemila anni a conviverci, poteva solo o diventare matta o farci il callo -, ma in quell'istante fu così improvviso e violento da stordirla.

Sbatté le palpebre un paio di volte, indietreggiando di un passo come se avesse perso l'equilibrio all'improvviso. Il quadro falso che stringeva tra le mani era sufficientemente grande e pesante da farle da supporto, così lo poggiò come un bastone sul pavimento riprendendo l'equilibrio.

"Te l'avevo detto che i tacchi alti erano una pessima idea!" disse Prithvi con fare saccente. Tra gli schiamazzi la sua voce era quella che l'aveva colpita di più, forse perché in un momento del genere aveva preferito lamentarsi proprio delle sue scarpe invece che di altro. Come se fosse quella la cosa importante! Riuscì anche a distinguere Surya gridare una sfilza infinita di insulti rivolti a Radel, spalleggiato dalle colorite aggiunte di Chandra e dai sibili di Ketu.

"Non vedo l'ora di assaporare la sua anima. Quella dei traditori ha un sapore particolare."

"Sì... ce lo aspettavamo, eppure... ho quasi voglia di giocare con lui, adesso."

Persino Shani, di solito timido e silenzioso, si era permesso di sputare una cattiveria. Il suo commento duro pareva aver risvegliato Yama dal suo tipico mutismo che, seguendo l'onda del fratello maggiore, aveva parlato con voce annoiata velata di fastidio.

"ZITTI!"

Kiriyo tuonò nella propria testa, costringendo i suoi Dei ad abbassare il volume dei loro lamenti. Sentiva prepotenti i loro influssi divini su di sé, come se fossero tutti pronti, a modo loro, a entrare in azione. Quando perdevano il controllo della situazione rischiavano di forzarla in una trance senza volerlo, dominando la sua piccola anima di Spirito con la loro.

Lahor, affacciato sul suo studio accanto a Radel, lo scostò gentilmente di lato per farsi strada, superandolo con passo inesorabile ed entrando nella sala. Aveva un'espressione terribilmente dura sul volto, contratto a tal punto da farlo sembrare una delle statue della sua collezione. Nel silenzio totale della notte, il suono dei suoi tacchi sul pavimento di marmo era così regolare da sembrare il rumore delle lancette di un orologio. Solo che quell'orologio segnava l'avvicinarsi del momento in cui Kiriyo avrebbe subito la sua punizione.

Un passo e le fu di fronte, studiandola come uno scienziato di fronte a una cavia per esperimenti. Aveva le mani intrecciate dietro la schiena, il suo sguardo glaciale che la scrutava severo. La donna lesse il fastidio nei suoi occhi quando si posarono sulle proprie gambe nude, ipotizzando che al collezionista quel genere di abiti facessero ribrezzo.

Un altro passo e poi un altro ancora, rintocchi che sapevano di morte mentre Lahor l'aggirava, muovendosi attorno a lei in cerchio. La rabbia che cercava di contenere emergeva dal suo respiro pesante, che si sforzava di emettere dalle narici come un animale feroce.

Kiriyo si morse il labbro inferiore, sentendo il pericolo correrle sulla pelle. Non potè trattenere un brivido quando gli occhi ghiacciati dello Spirito le percorsero ogni centimetro di pelle, una carezza inquietante che le faceva torcere lo stomaco.

Aris gliel'aveva detto, l'aveva messa in guardia sul collezionista: era un uomo pericoloso. Non sapeva che tipo di capacità speciali avesse, ma aveva potuto assistere alla sua strabiliante magia che li aveva teletrasportati nella cripta segreta. Per quanto ne sapeva lei, Lahor poteva essere un incantatore potentissimo o un semplice sputafuoco molto ricco. Le possibilità erano infinite, ma più ci pensava più le venivano in mente solo combinazioni particolarmente preoccupanti.

Considerate le numerose armi e gli strumenti di tortura che aveva in giro per la casa, messi in mostra come fossero nient'altro che opere d'arte e non strumenti di morte, l'uomo non era un tipo incline al perdono.

Spiriti - Come derubare una città e farla francaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora