17. corna

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"Fanculo il piano, Kiri, scappa!"

Ma le grida di Chandra non furono abbastanza per darle la forza di muoversi, per spronarla a scrollarsi di dosso la sensazione sgradevole di essere vicina alla sua fine. Non lo furono nemmeno quelle di Surya o di Shukra, né quelle di Prithvi o Kalindi. Nessuno dei suoi Dei poteva aiutarla, adesso.

"LasCiaMi iL CONtrOlLo," le sussurrò Rahu con la sua tipica voce distorta e inquietante. "VoGLIo diVeRTirMi anCHe iO cON quEsTo qUI. HO fAmE!"

Lo sghignazzare folle del Dio del caos fu come una doccia fredda. Di solito, Rahu era così fuori di testa da essere ignorato da tutti, i suoi commenti sempre troppo sopra le righe per essere presi sul serio. Senza contare che le sue risate da pazzo erano capaci di zittire il tipico vociare da mercato del pesce che aveva luogo nel cervello della bionda, facendo rabbrividire persino i suoi colleghi.

Ma quella volta, Kiriyo accarezzò l'idea di fare come suggeriva lui.

"Non puoi, Kiri. Se glielo lasci fare…" Budha, ancora una volta, si intromise nel suo flusso di pensieri per calmarla. Anche se la sua voce tremava, riusciva comunque a trasmetterle un senso di sicurezza, come una medicina.

"L'ultima volta che hai ceduto il tuo corpo a Rahu, hai dato il via al mito di Jack lo Squartatore. Non vuoi che accada di nuovo, vero, bambina mia?"

La sciamana premette le labbra l'una contro l'altra, trattenendo la sua frustrazione. Non che Brihaspati avesse torto: cedersi al Dio del caos spesso significava concedergli i mezzi necessari a compiere qualche carneficina assurda prima di abbandonarla, lasciata sola a raccogliere i pezzi della propria mente sconvolta. Ma cosa poteva fare? Che altra scelta aveva in quel momento?

Puntò gli occhi sgranati sul volto di Radel, realizzando quanto fosse agghiacciante nella sua normalità. Non sembrava un mostro, non sembrava malvagio. Forse era quello a spaventarla. Oppure il guizzo dei suoi muscoli appena visibili sotto ai vestiti, che le aveva appena dato prova essere la sua vera e unica arma letale.

«Sei stata fantastica, bionda» le disse avvicinandosi a lei gocciolando sangue dalle dita e creando una scia di puntini rossi sul pavimento pregiato dello studio. «Un tempismo veramente notevole. Non mentivi: sei brava».

«T-tu... perché l'hai...?»

«Oh, quello?» Radel ridacchiò con voce di velluto, indicando con il pollice il corpo molle dal cranio spaccato di Lahor per terra alle sue spalle. Sembrava un sacco di patate, i suoi abiti eleganti color crema imbrattati di pezzi di osso, cervello e sangue. «Non era previsto, a dire la verità. Speravo proprio che lui ti avrebbe, non so, portata nel suo antro e torturata con la magia, una cosa del genere».

L'uomo fece spallucce, dondolandosi sulle gambe come un ragazzino impaziente. Se fino a quel momento le era apparso normale anche se in modo spaventoso, ora non ne era più tanto sicura. Radel aveva iniziato a sghignazzare, una risata bassa nata dalla profondità della sua gola che esplose dirompente e fastidiosa come unghie sul vetro.

«È che, capisci, non la smetteva più di parlare

La risata malsana dell'uomo si confuse con quella ugualmente fuori di testa di Rahu, i suoi gridolini acuti come spine nel suo cervello. Il mal di testa che quella prova le aveva causato le faceva rimbombare le tempie come tamburi e aveva voglia di piangere dalla frustrazione, ma Kiriyo si fece forza.

Spiriti - Come derubare una città e farla francaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora