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Ho avuto la bruttissima idea di andare a studiare a casa di Patrick per fargli un po' di compagnia e ora ne sto pagando le conseguenze: sapevo che venire qui per studiare sarebbe stata una pessima idea, visto che sia lui che il suo cane sono una distrazione per me, ma non ho saputo dire di no davanti alla sua richiesta. E, se prima la mia concentrazione era bassa, adesso è praticamente nulla, dal momento che il calciatore è entrato in cucina, affermando di dover bere e si è seduto vicino a me.

«Fedeee, mi sto annoiando.» Inizia Patrick, posando una mano sulla mia coscia. «E lo starai facendo pure tu, visto che studiare è noioso.» Aggiunge, dopo aver iniziato ad accarezzarmi la parte superiore della mia gamba.

«Ora capisco perché sei ignorante.» Affermo ridendo, cercando di postare la sua mano.

«Eh no cara, non la sposto la mano; ti vanti sempre di riuscire a studiare in qualsiasi condizione.»

«Dai Patrick, ti chiedo 10 minuti e poi sono tutta tua.»

«Non vuoi far felice il tuo bimbo triste infortunato? Mi sento abbandonato.» Scoppio a ridere sentendo il tono serio con cui dice quest'ultima frase. Sapendo che ormai sarebbe inutile ricominciare a studiare, riordino tutti i fogli sparsi sul tavolo e mi dedico al mio bimbo triste infortunato.

«Ora che hai vinto ancora una volta..» Mi interrompe prima che io possa continuare la frase: «Ricordati che Patrick Cutrone vince sempre.»

«Ti prego, non parlare di te stesso in terza persona perché sei inquietante. Comunque, ora che hai raggiunto il tuo scopo, cosa vuoi fare?»

«Io direi che potresti curarmi con il tuo amore.»

«Io direi che potresti fare il serio per una volta.» Mi prendo qualche secondo di pausa, prima di aggiungere: «Ma dimenticavo che tu non sei mai stato serio.» Mi alzo, radunando i libri e gli appunti per metterli nella borsa con cui sono venuta.

«Dove credi di andare?» Mi domanda alzandosi dalla sedia; sento i suoi passi dietro di me, mentre mi dirigo in camera sua per sistemare i libri.

«Vai in soggiorno, io arrivo; evita di fare sforzi inutili. E accendi la play, ho voglia di batterti.» Quando ci siamo fidanzati la prima volta, passavamo interi pomeriggi a sfidarci e, le poche volte in cui riuscivo a batterlo, mi divertivo a stuzzicarlo. Purtroppo non succedeva spesso e, ogni volta in cui perdeva, usava sempre la scusa dell'avermi fatto vincere.

Mi accomodo sul divano al suo fianco e, mentre aspetto che Patrick colleghi tutto, poso la testa sulla sua spalla; approfittando della situazione, mi lascia un bacio sulla fronte passandomi il joystick.

«Non ti chiedo neanche che squadra scegli, sai che in casa mia non la puoi nominare; le regole non sono cambiate.» Riprende a parlare, mentre sceglie il Milan come squadra; come se non avesse parlato, affermo:

«Credo proprio che sceglierò questa bellissima squadra che si chiama Lazio, sai l'unica squadra di Roma.» Non riesco a continuare la frase perché una mano si posa sulla mia bocca; per farlo spostare, gli mordo il palmo e, una volta libera, affermo: «Dai, fammi vedere che sai fare sul campo, Cutrone.»

«Illumina San Siro con il numero 63 Patrick CU-TRO-NEEE.» Inizia a urlare il ragazzo di fianco a me quando, dopo neanche tre minuti dall'inizio della partita, riesce a segnare, proprio con il suo personaggio. «È chiaramente un segno del destino; sono destinato a segnare contro questa squadra che non si può nominare.» Afferma successivamente più serio che mai.

«Amore sgasati che la partita è ancora lunga.»

«A sembra che tu abbia perso un po' la mano.» Non riesco a rispondere perché, pochi secondi dopo, è ancora Patrick a parlare: «Arbitro venduto!! Questo era palesemente rigore; voglio l'intervento del var.» Mi ero dimenticata quanto prendesse sul serio anche una stupida partita alla play.

Con uno sguardo|| Patrick CutroneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora