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«Ti prego capy, abbi pietà di me.» Si lamenta Patrick, dopo l'ennesima volta in cui mio fratello pronuncia la parola Lazio, con l'intento di far parlare nostro figlio. «Non interrompere questo momento zio-nipote; e poi, non credi anche tu che sarebbe fantastico se la sua prima parola fosse Lazio?» Scoppio a ridere alla domanda di mio fratello, sentendo il mio ragazzo sbuffare; gli lascio un bacio sulla mascella e gli cingo il collo con le braccia, appoggiandomi al suo petto.

«Romagnoli, non sei assolutamente simpatico; e tu, smettila di provare a distrarmi per appoggiare tuo fratello in questa stronzata.» Si rivolge prima a mio fratello e in un secondo momento anche a me, cercando di farmi alzare dalle sue gambe; ovviamente, ignoro i suoi tentativi e rimango ferma al mio posto. «Rick, non è una stronzata; però ammetto che non vorrei che fosse questa la prima parola di Gabri.»

«Dai Cutrone, che sarà mai? È una banalissima parola.» Interviene Andrea, senza staccare gli occhi dai suoi nipotini.

«Mio figlio non dirà mai Lazio come prima parola, io potrei sentirmi male.» Continua a lamentarsi il mio fidanzato, guardando torvo mio fratello dopo l'ennesimo tentativo di far ripetere a Gabriele quella parola.

«Amore di papà, guardami.» Patrick cerca di attirare l'attenzione di suo figlio, troppo impegnato a giocare con la sabbia in compagnia di Andrea e delle sue cuginette, tanto da ignorare il richiamo del padre. «Piccolo campione, sto parlando proprio con te.»

«Scusalo, è troppo preso da zio Andrea.» Si pavoneggia il mio migliore amico, suscitando le risate della sua ragazza. «Bravo piccolo, continua a guardare me e ripeti insieme a me: zio Ea.»

«Ea, non ha ancora detto la prima parola, secondo te è in grado di ripetere zio Ea?»

«Magari è un bambino prodigio ed è in grado di dire zio Ea.»

«Se proprio vogliamo dirla tutta, tu non sei suo zio e dovrebbe dire zio Ale; e comunque, vorrei far notare che nella parola Lazio c'è zio. Se la sua prima parola fosse Lazio, poi saprebbe dire anche zio.»

«Ale, io vorrei che mio figlio crescesse con un padre; ti prego, cerca di non farmi fuori il ragazzo.»

«Fede, io te l'ho sempre detto che sono anni che cerca un modo per farmi fuori e l'ha trovato.» Torna a lamentarsi il mio ragazzo, appoggiando il mento sopra alla mia spalla, prima di rivolgersi nuovamente a suo figlio. «Piccolo, vieni da papà.»

Nostro figlio si alza e, con le mani tutte sporche di sabbia, si avvicina al padre allargando le braccia e facendoci capire che vuole essere preso in braccio; prendo posto sul lettino, lasciando a Patrick la possibilità di prendere in braccio suo figlio che, una volta seduto sulle gambe del padre, non ci lascia neanche il tempo di pulire le sue mani che inizia ad accarezzare il viso di Patrick. L'attaccante cerca di staccare le mani di suo figlio dal viso, per cercare di evitare qualche dita in bocca o nell'occhio. «Amore, stai fermo che la mamma ti pulisce le mani.»

«Secondo me l'ha fatto perché non gli hai permesso di imparare la parola Lazio.» Alessio torna sul discorso, beccandosi un ennesimo sguardo truce da Patrick che scuote la testa, prima di rispondere: «capy, ti prometto che insegnerò alle mie nipotine solo la parola Roma.»

«E qui la situazione cambia.» Commenta Andrea, beccandosi un coppino dalla sua ragazza.

«Gabri, dai un bacio a papà.» Suggerisco a mio figlio, che sorride e cerca di alzarsi in piedi; il padre lo aiuta, tenendolo fermo dai fianchi e ricevendo in cambio un abbraccio dal figlio. Il piccoletto stringe le braccia intorno al collo e, senza mollare la presa, lascia un bacio sulla guancia del padre. «Bravo amore mio, così mi piaci.» Si complimenta Patrick, continuando a tenere suo figlio tra le braccia e tornando a rivolgere l'attenzione anche agli adulti.

Con uno sguardo|| Patrick CutroneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora