Capitolo 2

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Mel aveva perso ancora parecchio tempo a riordinare alcuni fascicoli dopo che Chris aveva comunicato al capo Johnson la sua decisione di prendere il caso ed era tornato nel seminterrato, ma questo si era rivelato positivo, perché quando partirono dalla centrale almeno aveva smesso di piovere. Impiegarono circa mezz'ora per arrivare sulla scena del crimine, dove trovarono un'incredibile moltitudine di persone.

"Neanche la pioggia ferma i giornalisti assetati di scoop" disse Mel, con un ghigno sul volto. Ed aveva ragione, perché la maggior parte delle persone presenti erano proprio giornalisti e fotografi, e i poveri poliziotti facevano fatica a tenerli tutti a bada.

"Fate silenzio per favore, e soprattutto portate rispetto per la vittima" gridò uno di loro, ma le sue parole sembravano essersi perse nel fresco vento californiano.  Chris sfoderò il distintivo dalla giacca blu scura, lo mostrò ad uno degli agenti ed oltrepassò le transenne. Gli fu detto che la camera era la 394, e che avrebbe dovuto salire le scale e poi andare a destra, infine dopo pochi metri avrebbe trovato la stanza in questione. Così fece, e la individuò molto facilmente, grazie soprattutto al via vai incessante generato da quello "spettacolo". Per entrare si dovette fare largo fra un po' di gente, e lo stesso fece Mel subito dietro di lui. La scena che gli si presentava era orribile.

L'uomo era steso per terra, accanto ad un letto, ed incatenato a muro. Era a petto nudo, ed erano visibili una profonda ferita al braccio destro e due fori di proiettile, uno all'altezza dell'ombelico e l'altro più su, in direzione del cuore. L'espressione del viso era raccapricciante, e raccontava da sé tutte le pene che egli doveva aver sofferto, così come la posizione del corpo, contorta come per lenire il dolore. Mel, fervente cristiano, prima di avvicinarsi al corpo si fece il segno della croce e recitò alcune parole in latino, solo successivamente incominciò ad esaminare l'uomo. Chris si avvicinò ad uno degli agenti presenti nella stanza, e gli chiese: "Allora, cosa abbiamo?"

"Omicidio in piena regola, a quanto pare" gli rispose lui. Poi continuò: "L'uomo, già identificato come Lucas Reed, è bianco con origini messicane, è stato colpito da due proiettili all'altezza dell'intestino e del cuore, e presenta anche una profonda lacerazione all'avambraccio destro, probabilmente causata da un coltello o da un oggetto simile. Il coroner poi potrà stabilire l'ordine degli eventi e quale di queste è la causa del decesso" 

"Chi ha trovato il corpo?"

"Un cliente del motel, passava di qui per andare nella sua camera, ha visto la porta aperta ed è entrato"

"Dov'è ora?"

"Nel bagno comune del piano, a vomitare. Un agente lo ha accompagnato. Se vuole vado a vedere come sta e se è in grado di parlare".

"No grazie, non ce n'è bisogno, parlerò con lui più tardi. Per ora mi concentrerò qui" e così fece. Iniziò a ispezionare la scena, ma senza notare nulla di rilevante. Era tutto apparentemente in ordine, e non c'erano oggetti personali della vittima in giro.  Decise quindi di avvicinarsi a Mel, che nel frattempo lo aveva chiamato per parlargli.

"Allora Chris, l'omicidio è avvenuto tra le 5 e le 7 di stamattina, quindi non molto tempo fa. Con l'autopsia completa sarò ovviamente più preciso, ma ci vorrà un po', ormai lo sai. Per quello che posso vedere qui, la ferita all'avambraccio risale a diverse ore prima della morte, e quindi non è la causa del decesso. I proiettili invece sono stati sparati dopo, per l'appunto stamattina, e gli sono stati fatali. I bossoli sono qui dietro, ed appartengono ad una 22. Se non hai domande, il mio lavoro qui è finito. Mi farò vivo io quando avrò completato l'esame autoptico"

"Bene Mel, grazie mille. Spero di sentirti molto presto"

"Lo spero anch'io Chris. Buon lavoro" concluse il coroner, lasciandolo solo, e pensoso, in mezzo alla stanza. I fotografi ed i giornalisti avevano svolto il loro lavoro, gli agenti pure, ora toccava a lui. Il corpo esanime non aveva altro da dirgli, e lo aveva lasciato con più dubbi di prima, quindi abbandonò la scena per andare a fare quattro chiacchiere con l'uomo che aveva trovato il cadavere.

Era nel bagno comune di quel piano, appoggiato ad un lavandino come per reggersi per non cadere e in compagnia di un agente. Chris si avvicinò, l'agente lo vide, gli venne incontro e gli sussurrò: "Pare ancora debole e in stato di forte shock, può provare a parlargli, ma non so quanto o cosa le dirà"

Chris decise di tentare lo stesso e, poggiandogli una mano sulla spalla, gli disse: "Allora, vecchio mio, come va?"

"Potrebbe andare meglio" gli rispose, in tono sofferente.

"Lei chi è? Ci conosciamo?" continuò l'uomo.

"No, io sono il detective Christopher Garrett, della sezione omicidi, e se non le dispiace le vorrei fare qualche domanda"

"Va bene, ma spero che non le dispiaccia se rimango qui appoggiato al lavandino, non si sa mai..."

"No faccia pure, non si preoccupi, e poi non ci metterò molto. Allora, mi potrebbe dire verso che ora ha trovato il corpo?"

"Potevano essere all'incirca le 8, forse le 8:30, non ricordo esattamente"

"Non ha sentito nessun rumore sospetto stanotte, o anche in mattinata?"

"Non ho dormito qui stanotte, sono stato ad una festa nella zona di Lakewood, e sono tornato qui in macchina stamattina. Proprio mentre stavo andando verso la mia stanza ho visto quella porta aperta e sono entrato"

"E che cosa ha fatto poi?"

"Avendo capito di cosa si trattava ho subito chiamato la polizia, poi ho iniziato a sentirmi male e ho vomitato, qui in bagno. La prima di una lunga serie di volte."

"Quando tornava, ha per caso visto qualcuno che si aggirava qui nei paraggi, magari anche nel parcheggio?"

"No, assolutamente, a quell'ora non c'era anima viva"

"Lei conosceva la vittima?"

"No. Oddio, non è che abbia avuto il tempo di guardarlo bene in faccia, però sono sicuro che non è lui il tipo della 394"

"E come fa ad esserne sicuro, se non è riuscito a vederlo bene?"

"Facile. Questo è bianco, forse messicano, il tipo che sta in quella stanza, mi pare che si chiami Malcolm o qualcosa del genere, è negro. Quindi non ti puoi sbagliare, non è lui"

"Ha idea di dove sia ora questo Malcolm?"

"No, fino a ieri pomeriggio l'ho visto, prima che andassi alla festa, ma poi non sono più nemmeno stato qui, quindi non saprei" 

"Sa dove o come possiamo trovarlo, oppure dove lavora?" 

"Credo che faccia il muratore da qualche parte qui vicino, ma la prima volta che ci incontrammo mi disse che non era di qua, e che era di passaggio solo per lavorare, per questo aveva affittato questa camera" 

"Capisco. La ringrazio signore, è stato di grande aiuto" poi Chris finalmente uscì da quella latrina puzzolente. Probabilmente aveva superato il proprio record di apnea.  La scena si era ormai completamente svuotata, e non c'era altro che potesse fare lì, quindi si diede da fare per poter tornare in centrale il più presto possibile.  Disse ad alcuni agenti di interrogare tutti i clienti di quel piano, per vedere se sapevano qualcosa che li avrebbe potuti aiutare nelle indagini.  Nel frattempo seppe che un agente lo cercava, e a quanto pare anche abbastanza urgentemente. 

"Detective Garrett, la stavo cercando" 

"Si, ho saputo. Ci sono novità?" 

"Sono stato alla reception del motel, il cliente registrato alla camera 394 risulta essere un certo Malcolm Foster. Si è registrato 5 giorni fa, per un soggiorno di 2 settimane"

"Bene. Visto che abbiamo già certezza che il cadavere non è suo, ho bisogno che lo troviate al più presto, gli dobbiamo parlare" 

"Mi attivo subito, detective, le farò sapere appena avrò altre notizie" e si allontanò di fretta. Chris diede un'occhiata al panorama: era tornato il sole sulla California, si era levata anche una leggera brezza, di quelle che scompigliano i capelli e alzano le gonne; in lontananza era comparso anche un timido arcobaleno. "Che meraviglia, la natura" pensò. Poi a malincuore lasciò quella visione paradisiaca, tornò verso la macchina, entrò e la mise in moto. Destinazione? Downtown L.A.

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