Capitolo 5

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Quanto è strana e imprevedibile Los Angeles, esattamente 24 ore prima stava diluviando e ora splende il sole. La scritta Hollywood, ben in vista dal balcone del salotto della casa di Chris, era perfettamente illuminata, ed egli la contemplò a lungo prima di togliere la vestaglia per indossare uno dei tanti completi e prepararsi per un'altra giornata di duro lavoro. Una scritta, quella di Hollywood, che ingloba una società, un modo di fare e di vivere, ma soprattutto un sogno comune: la fama e la ricchezza. Chissà quante ragazze, aspiranti attrici, erano passate lì davanti, sempre pronte per un provino: "quello che vi cambierà la vita" gli dicevano tutti, e Chris sapeva quante di quelle ragazze erano finite sopra il tavolo di metallo del coroner, con un buco in testa o decine di coltellate in tutto il corpo. Sua cugina era una di quelle.

Di 4 anni più grande di Chris, arrivò a Los Angeles un paio di mesi prima che Chris fosse promosso alla sezione omicidi, quando ancora lavorava alla incendi dolosi. Veniva da Boston, in Massachusetts, ed era bellissima, con lunghi capelli scuri e occhi azzurri, che tutti definivano "di ghiaccio". Proprio la sua bellezza l'aveva fatta avvicinare al mondo del cinema e di Hollywood, dove era convinta di poter sfondare, ma l'unica cosa che ottenne fu un'iniezione letale, per endovena, di morfina. Il caso fu archiviato come suicidio, ma Chris non credette mai a questa storia: sua cugina non faceva uso di droghe e aveva paura degli aghi, ma la polizia fece finta di niente e preferì prendere la strada più corta. Nessuno aveva mai pagato per quell'omicidio, e Chris, quella mattina, si chiedeva se il colpevole fosse ancora a piede libero, magari proprio a Los Angeles. Si era ripromesso, un giorno, di far luce sull'accaduto, e aspettava solo che i tempi fossero maturi.

Quella mattina, però, era già abbastanza impegnato, visto che doveva andare in un luogo che si poteva rivelare fondamentale per le indagini: il quartier generale del "movimento per i diritti degli omosessuali di Los Angeles". Per Chris partiva tutto da lì, dalla principale ragione di vita di Lucas, la stessa ragione che lo aveva portato alla morte. Indagare sulla vita della vittima è sempre il primo passo da fare in un'indagine, poiché da lì possono scaturire molte piste da seguire, ed il giovane detective era convinto che proprio in quello stanzone al secondo piano di un palazzo a Whittier avrebbe trovato la sua pista.  Entrò guardandosi intorno, tra il silenzio generale e tutti gli occhi puntati su di lui, e non impiegò molto a capire che ovviamente l'aria non era delle migliori. 

"Siamo tutti molto scossi da questo terribile evento" gli disse Colin Hodges, colui che aveva preso le redini del movimento dopo la morte di Lucas.

"Ci sentiamo in pericolo, sappiamo che quello di Lucas è stato un omicidio dettato dall'odio per noi omosessuali, ma tutto questo non ci fermerà" aggiunse tra le lacrime.

"E non vi deve fermare, anzi vi deve dare la forza e il coraggio di continuare" lo rincuorò Chris.

"Se avete degli ideali dovete battervi per difenderli e per portarli avanti, ad ogni costo" 

Colin lo guardò e, ancora tra le lacrime, singhiozzò un tenero "grazie". 

"Lo conoscevi bene?" gli chiese. 

"Si abbastanza. Sono entrato nel movimento circa un anno e mezzo fa, e Lucas c'era già. Mi ricordo che era uno dei più attivi, per questo pochi mesi dopo non esitammo ad eleggerlo presidente. Era veramente un grande, non meritava di morire così" disse, scuotendo il capo. 

"Nessuno lo merita Colin, nessuno. Parlando dell'indagine, stiamo seguendo proprio la pista di cui parlavi tu prima, quella dell'odio. Ti viene in mente qualcuno che potesse avercela con Lucas?" chiese Chris.

"No, Lucas stava simpatico a tutti, non credo che qualcuno potesse mai arrivare a compiere un gesto simile" 

"Neanche quelli che non vi vedevano di buon occhio?" 

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