_______________________________________________
«Ben fatto!» disse sorridendo la mia partner, porgendomi il pugno. Il solito gesto, il nostro oserei dire, ma quel giorno non ero proprio dell'umore. Sospirando le diedi il pugno e lei, evidentemente confusa, mi chiese cosa ci fosse che non andasse.
«Sei ferito? Ho fatto qualcosa di sbagliato?» mi chiese. Era consapevole dei miei sentimenti per lei e da quando lo sapeva non faceva altro che preoccuparsi di non ferirmi ulteriormente. «No, ovvio che no. Ho solo avuto una brutta giornata» dissi tentando di tranquillizzarla con un debole sorriso. Non avrebbe capito, ogni volta che provavo a raccontarle di me lei diceva sempre "No chat, dobbiamo tenere le nostre identità segrete" e non la sopportavo più.
Sospirai, era più forte di me. Ogni volta che pensavo cose del genere mi sentivo in colpa. Infondo lei era la mia lady, tutto ciò che amavo e, anche se era seccante certe volte, io avrei dovuto sopportarla e soprattutto supportarla in qualsiasi occasione. Perchè sì, insomma, lei era Ladybug: l'eroina di Parigi!
Ormai ero così tanto abituato a non essere considerato che sul serio non ci facevo più caso. Ladybug qui, Ladybug lì. Tutti non avevano occhi che per lei. E per me? E per me chi ci sarebbe stato?
Non potevo negarlo, un po' ero geloso. Insomma sì, era lei che catturava l'akuma. Ma io che subivo tutti i colpi destinati a lei? Cosa ero io, il suo scudo?
Guardai i suoi occhi curiosi scrutarmi da capo a piedi, tendando di capire cosa non andasse. "Inutile che fai quella faccia se subito dopo mi rifiuti" pensai. Incastrai il mio sguardo con il suo, facendola arrossire. «A domani, my lady» le dissi correndo -o forse scappando dai miei sentimenti- tra i tetti di Parigi osservando le stelle che sembrava corressero insieme a me.
Lontano da me, scovai una figura corrente nella parte opposta alla mia. Un secondo per cercare di capire chi o cosa fosse e sparì. Alzai le spalle, pensando fosse un uccello o qualcosa del genere e venendo distratto dal mio anello che prese a squillare con quel suono che odiavo maledettamente tanto, segnando che da lì a poco mi sarei ritrasformato in Adrien Agreste.
Mi ritrasformai appena toccato il pavimento della mia camera. Dal mio anello uscì fuori Plagg. «Cos'é quel muso lungo, Adrien?»
Come risposta feci un cenno con la mano mentre immergevo il mio viso nel cuscino del letto, come a dirgli di non volerne parlare. Lui lo capì e lasciò perdere, chiedendomi piuttosto dove si trovasse il suo amato formaggio. Adoravo Plagg per questo, capiva al volo quando avevo bisogno dei miei spazi e non insisteva mai.
Pensai alla figura che avevo visto tornando a casa. Cos'era? Una persona, un animale... Proprio non ne avevo idea. Guardai l'orario sul cellulare: 3:54. Inutile dire che non dormii quella notte, impegnato a pensare ad un modo per farmi passare i sentimenti verso Ladybug. Un'idea mi balzò in testa ma mi sembrava così brutto da pensare... Avrei dovuto semplicemente distrarmi, cercare una bella ragazza in modo da rimpiazzare la sua bellezza, intelligente magari, starci insieme e provare a dimenticare la coccinella. Solo che pareva più facile dirlo che farlo.
Certo, non qualcuno che mi avesse voluto solo per fare successo essendo famoso in tutta la Francia grazie al marchio di mio padre, Gabriel Agreste: un noto stilista, decisamente troppo severo con me, un uomo cambiato sia fisicamente che mentalmente dopo la morte della moglie, nonché mia madre: Emily.
La mamma era la persona che mi mancava di più, era l'unica che scovava in me tutte le migliori qualità e che riusciva a tirarle fuori. L'unica che mi impediva solo una cosa: di sentirmi solo. Una donna dal cuore d'oro.
Accesi il computer guardando una foto di noi tre, permettendo ad una lacrima di solcarmi il volto che andò ad infrangersi sulla maglietta con raffigurata Ladybug che usavo per dormire. Plagg dormiva e non volevo svegliarlo con i miei singhiozzi così tentai di calmarmi pensando che non ero solo come credevo. Avevo Nino, Alya...avevo Marinette. Anche Chloé che, però, mi voleva bene in un modo tutto suo, probabilmente desiderava qualcosa di più. Ma dopotutto non era l'unica, c'erano anche Lila e Kagami.
L'unica che non capivo era Marinette. Con gli altri sembrava una persona completamente diversa, persino con Chat Noir era se stessa! Eppure...con me non faceva altro che balbettare, diventare nervosa e non riusciva a dire neanche una frase di senso compiuto. Ho pensato fosse innamorata di me ma mi sembrava troppo affrettato, dopotutto a Chat Noir aveva confessato che c'era un ragazzo ma non trovavo cose che lo ricollegassero a me. Forse Luka? Nah, Luka si farebbe in quattro per lei e se avesse voluto ci si sarebbe messa insieme senza problemi. Nathaniel? No, Marinette non faceva altro che rifiutarlo...
Ma dopotutto lei era la mia migliore amica e non volevo farmi troppi complessi su questo, avevo paura che se un giorno avessi dovuto rifiutarla lei mi avrebbe allontanato e l'avrei persa. Più che altro Marinette mi riempiva di dubbi non solo su questo. Avevo iniziato a pensare fosse Ladybug ma a ripensandoci non ce la vedevo proprio. Non fraintendetemi, trovavo la sua goffaggine adorabile e la sua timidezza così carina pur se irritante dal momento che mi impediva di vivere al meglio tutti i momenti con lei e questo mi dava un po' fastidio.
Mi guardai intorno, sentendomi osservato. Osservai lentamente ogni angolo della mia stanza chiedendomi in realtà cosa mi mancasse. Sapevo di avere tutto ciò che qualsiasi ragazzo di quell'età avrebbe voluto ardentemente eppure sentivo che mancava qualcosa, una mancanza profonda ma non capivo cosa fosse.
Non capivo se fosse materiale, non capivo se questa sensazione riguardasse una persona e mentre ero perso nei miei pensieri la vidi.
Una ragazza lì, in piedi in camera mia davanti alla finestra. Non riuscivo a riconoscerla e diedi la colpa al buio. «L-Ladybug?» che ci faceva a casa mia a quell'ora?
«Uhm no, ma ci sei quasi gatto» a quel punto mi alzai di scatto. «Sai chi sono?» l'unica cosa che riuscivo a riconoscere era la sua sagoma e vidi che si metteva una mano sul fianco e, probabilmente sorridendo, disse «Beh sì, altrimenti non ti avrei chiamato così e non sarei venuta fino a qua dall'Italia, non credi?».
Ascoltai attentamente quelle parole. L'unica che conoscevo dall'Italia era Lila e ciò significava.. «Lila sei stata di nuovo akumizzata?!» La sentii sospirare. «Non sono nessuno che conosci-». Si fermò un attimo come ad analizzare le mie parole. «Ew, ti pare che la mia voce sia quella di Lila?»
«Penso che la tua voce sia l'ultima cosa a cui dovrei pensare, sai?» lei ridacchiò. «Non è un'idea molto furba, gatto. Non vedi altro se non la mia sagoma, la mia voce potrebbe essere l'unica maniera per riconoscermi. Usa la testa e non ti ridurre a pensare come il gatto che sei». Sbuffai un po' irritato «Non chiamarmi gatto, ho un nome!» la vidi inclinare leggermente la testa «Ma a me piace»
Iniziai a passarmi una mano tra i capelli dorati, ansioso e terribilmente irritato. «Chi diavolo sei?!»
______________________________________________
STAI LEGGENDO
The Miraculous catastrophe|| Desasty
Fanfiction"Sono le cose che amiamo a distruggerci più di qualsiasi altra cosa" (tratto dal capitolo 13) Cosa succederebbe se il nostro chat noir, alle prese con la conquista della sua lady, iniziasse ad innamorarsi di qualcun altro? Qualcuno di completamente...