22-Speed

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Non so se vi è mai capitato voler correre sempre più veloce.

Capita anche a chi non si allena affatto, non è una cosa tanto rara. C'è chi è amante dell'alta velocità, chi ne è terrorizzato.

Spesso sogno di correre veloce, avete in mente flash? No ok, forse un po' meno ma vi immaginate quanto deve essere bello? Nessuno può prendervi, nessuno può dire nulla.

Magari passate davanti alla gente e loro si chiedono "cos'é stato?". Immaginate l'adrenalina che vi scorre nelle vene quando iniziate. Intorno a voi tutto è sfocato, confuso. A voi non importa, continuate a correre.

Potreste correre per mille ragioni. Per rincorrere chi amate, per inseguire o scappare da qualcuno. Potreste correre per sfogarvi, a volte farlo libera la mente, potreste farlo per passione, per allentamento o semplicemente perché vi va.

Adrien pensava a come la madre corresse via da qualcosa di ben più grande di lei: la morte. Si era ammalata e per quanto fosse evidente il padre continuava a dirgli che non stesse succedendo nulla. Emily correva, correva ma purtroppo era arrivata ad un vicolo cieco.

È una cosa che purtroppo capita a tanti il non poter correre fino a raggiungere il traguardo. Adrien poteva farlo, doveva solo evitare i sassi che ostacolavano la sua corsa.

Ce l'avrebbe fatta?

***

«"Ah, l'unico a cui è permesso di arrabbiarsi sei tu?"» Lesse Eleonora. Eravamo insieme, sdraiati nella nostra solita posizione. Stava leggendo il primo libro di Twilight. Non potevo dire che non mi piacesse il libro, a dire il vero lo adoravo, o la sua voce che mi arrivava dolce alle orecchie ma non riuscivo a seguirla per via dei pensieri nella mia testa. Non avevamo discusso riguardo la sua scomparsa, non avevamo parlato di quella rivelazione fatta al buio della notte completamente inaspettata.

«"Non sono arrabbiato con te"» continuò questa volta leggendo la parte di Edward. «"Bella, tu mi vuoi morto?", Lo citai acida. "Quello è un semplice dato di fatto". Cercai di scappare, ma mi teneva stretta. "Eri arrabbiato"» chiusi gli occhi, tentando di godermi la lettura.

«"Sì". "Ma sei hai appena detto...". "Non ero arrabbiato con te. Non capisci, Bella?". Si era improvvisamente rabbuiato, sul suo viso non c'era più traccia di divertimento. "Non capisci?"» Era bello sentirla leggere, lo faceva perfettamente. Mi misi più comodo sulle sue gambe. «"Che cosa?". Ero confusa dalle sue parole e dal suo cambiamento d'umore. "Non sono mai arrabbiato con te. Come potrei esserlo? Sei sempre così coraggiosa, fiduciosa...calorosa"»

In quel momento mi venne in mente la nostra storia. Assomigliavamo molto ai due personaggi principali. Loro dipendevano l'uno dall'altro sin da subito, lo stesso era per noi. Come Edward non riuscivo ad essere arrabbiato con la ragazza che si mostrava sempre coraggiosa e forte, come Edward sarei stato perso senza di lei.

Il problema era capire chi avessi appena descritto con quei pensieri.

«"E allora, perché?", sussurrai, ricordando gli accessi di umor nero che talvolta lo allontanavano da me e che avevo sempre interpretato come frustrazione, giustificata da quanto fossi debole, lenta, imprevedibile nelle mie reazioni umane...
Mi accarezzò la guance con delicatezza. "Ciò che mi fa infuriare ", disse gentile, "é l'impossibilità di proteggerti dai rischi. La mia stessa esistenza è un rischio, per te. A volte mi odio dal profondo . Dovrei essere più forte, capace di...". Gli chiusi la bocca con le dita. "No". Prese la mano con cui l'avevo zittito e se la posò sulla guancia. "Ti amo", disse. "É una giustificazione banale per quanto faccio, ma sincera"».

La ragazza chiuse il libro togliendosi gli occhiali che da poco aveva iniziato a portare per la vista. «Chat?» mi richiamò lei. «Dimmi».

«No, niente. Lascia perdere» continuò dopo un po'. Le presi le mani. «Puoi dirmi tutto» la rassicurai. «Tu...tu non me lo hai mai detto». Non capivo. «Che cosa, puffa?» chiesi. «Non mi hai mai detto "ti amo", neanche un mi piaci. Non fraintendermi, non sono una che pretende di sentirselo dire costantemente ma mi piacerebbe sapere che ti passa per la testa ogni tanto». Mi sorrise lei parlando un po' insicura.

No, non volevo parlare di quell'argomento. Non quella volta, almeno. Forse le avrei detto tutto più avanti. «Ele che ne dici di uscire? Continuiamo il libro la prossima volta, mh?» chiesi sperando che accettasse. Lei sospirò. "É intelligente, forse l'ha capito da sola" pensai.

Lei sospirò. "Come pensavo" mi dissi. «Stai evitando la domanda. Non ti forzerò, si vedeva lontano da un miglio che eri innamorato di Ladybug. Prenditi il tempo che ti serve, ti aspetterò» disse comprensiva accarezzandomi la guancia. «Grazie, Ele».

Girammo per la città mano nella mano, l'unico pensiero di entrambi era come si sentisse l'altro, i sentimenti che provava. Forse mi chiamerete donnaiolo, insomma stavo con una ragazza anche se pensavo a qualcun altro ma nella mia testa non era così.

Ero sicuro di provare qualcosa di forte, concreto per Eleonora il problema era che era in conflitto con ciò che provavo per l'eroina. Arrivammo davanti a casa sua e la salutai con un bacio per poi trasformarmi. Volevo stare un po' da solo nel posto che aveva cambiato tutto. Il posto in cui erano ambientati i miei peggiori incubi, il posto che mi faceva cambiare idea sulla coccinella, il mio posto.

Andai alla Torre Eiffel e sorrisi senza allegria notando ci fosse anche Ladybug seduta sul bordo di una delle travi. La raggiunsi. «Troppi pensieri?» chiesi tentando di risultare perlomeno...normale.

«Già...» sospirò lei. «Su cosa?» chiesi se sedendomi affianco a lei guardando la Luna. «Che mi sta succedendo? Sono cambiata, lo sento. È successo tutto troppo velocemente, talmente tanto da non rendermene conto. Ho deluso amici, genitori...il ragazzo che amo. Non lo so. Non posso raccontarti tutta la situazione, capiresti chi sono ma-» si interruppe di colpo. Si alzò asciugandosi una lacrima e riprese a parlare decisamente più calma. «Non importa, devo andare». Lanciò il suo yo-yo ma la fermai.

«Ci sono per ogni cosa. Lo sai, vero?» lei annuì. «Quel bacio è stato un errore. Lo so, non dovevo farlo ma ho agito d'impulso. Scusami, sapevo che avrei offeso i tuoi sentimenti ma non ho saputo controllarmi. Ti prego» Lei mi sorprese abbracciandomi forte.

«Sono stata io a rovinare tutto. Non me la sarei dovuta prendere così tanto. Avremmo potuto parlarne, evitare tutto questo ma sono stata stupida. Scusami Chat, tu non lo meriti» la strinsi a me. «A domani, insettina» lei sorrise toccandomi il naso. «Stupido gatto!» esclamò divertita.

Tornai a casa. Avevamo finalmente chiarito, tutto era tornato normale. O almeno non tutto e lo notai quando mi accorsi che le parole che lei aveva usato erano state le stesse che aveva usato Marinette per scusarsi in passato.

Le loro situazioni combaciavano. Che mi fossi sbagliato dicendo che fosse impossibile che le due fossero la stessa persona o stavo accelerando le cose?

The Miraculous catastrophe|| DesastyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora