3-I just want to get to know you better

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Avete mai avuto tutti gli sguardi puntati contro?

Ovvio che sì, e ovviamente saprete benissimo quanto questi sguardi possano sembrare delle pistole puntate addosso, un motivo di derisione da parte degli altri, coltellate che vi trafiggono lo stomaco. E Eleonora sapeva benissimo perché aveva tutti gli sguardi addosso: i motivi erano due.

Era la nuova, quella sconosciuta che sembrava già
cattiva dal suo modo di fare e fidatevi che se dipendesse da lei lascerebbe tutti con quella convinzione; ma il motivo principale di quegli sguardi era un altro che non avrebbe potuto cambiare tanto facilmente: il suo corpo.

Ammettiamolo, tutti ci siamo sentiti almeno una volta a disagio con una parte del nostro corpo. Che fosse un brufolo, che fosse qualche chilo in più o qualsiasi altro. Il difetto di Eleonora? Il suo corpo fin troppo formoso per una ragazza di soli quindici anni. Questo la infastidiva, la faceva apparire più grande agli occhi degli altri e se ovviamente dimostri anni in più fisicamente, per gli altri è praticamente scontato che tu ne dimostri di più anche mentalmente.

Era per quello che aveva dovuto accettare quella missione di massima importanza -o almeno secondo i genitori- affidatagli qualche giorno prima. Sentiva come se avesse troppo potere e troppa paura di usarlo. come vi sentirete voi in una situazione del genere? Come reagireste?

Lei semplicemente chiudendosi in se stessa. Odiava le perdite di tempo e per lei era inutile farsi degli amici in quella scuola, la sua missione era un'altra.

C'era solo un problema: come poteva portarla a termine senza rovinare ulteriormente la situazione?

***

Ed eccola lì, seduta su una panchina a mangiare una mela. Vicino a lei c'era Rose che tentava di farla almeno parlare ma nulla. "Forse è muta ma è un'opzione abbastanza improbabile" pensavo mentre mi avvicinavo, forse con la mia "fama" sarei riuscito a rompere qualcosa. «Ciao» la salutai sorridendo. I nostri sguardi di nuovo a contatto come qualche ora prima, quando erano stati attratti uno dall'altro per minuti interi, minuti che ripensandoci mi parevano infiniti. Avrebbe pur dovuto significare qualcosa quello, no?

Mi rivolse solo un cenno col capo e continuò a mangiare la sua mela ignorando bellamente Rose che cercava in tutti i modi di parlarle ma che si allontanò dopo essere stata chiamata da Juleka. Sentii di sfuggita Marinette che diceva qualcosa di incomprensibile verso Eleonora.

Mi girai e appena notai guardasse verso di me la salutai con la mano e lei mi sorrise immobilizzandosi. Alya scoppiò a ridere tentando di smuovere l'amica che continuava a sorridermi come incantata. Rivolsi uno sguardo confuso e divertito ad Alya che rispose mimando il bisogno di Marinette di dormire di più in quel periodo.

Dopo aver annuito, il mio sguardo tornò alla ragazza e la osservai meglio. I capelli di un castano chiaro le incorniciavano perfettamente il viso che pareva appartenere ad una dea dalla bellezza. Gli occhi erano di un colore mai visto prima, anzi un insieme di colori mai visto prima. Avevano i contorni azzurri e dopo di quello partiva un verde che ricordava quasi le gemme. Sopra di quello dei piccoli spuzzi marroni che sembravano avere il compito di nascondere un po' quel verde che, devo ammetterlo, mi faceva invidia, quasi.
Il leggero trucco che li risaltava ancora di più e che le scolpiva gli zigomi la rendeva ancora più preziosa ai miei occhi, come se valesse diamanti.

«Hai finito di fissare?» disse irritata. «Non sapevo fosse questa l'educazione che si dà in italia.» dissi provocandola, decidendo di giocare un po' con lei. Ero pur sempre un uomo gatto, dovevo avere la mia parte di divertimento anch'io.

«Sentimi bene: solo perché sei famoso e perché qualche pollastra in più ti va dietro, e detto francamente non so cosa ci vedano di speciale in te, non sei autorizzato a fare tutto sai? Stai alla larga» Era la prima volta che qualcuno mi parlava così. Già adoravo quella ragazza. «Cosa ci vedono di speciale in me? Forse il carattere, sai? Non è da tutti la gentilezza» dissi con uno sguardo provocatorio, leggermente malizioso sottolineando "gentilezza".

«Che c'è, oggi mammina e papino non ti hanno dato abbastanza attenzioni non dandoti il bacino del buongiorno e per questo ti senti in dovere di andare a cercare attenzione da qualcuno che non sia una delle tue ammiratrici?» decisi di non mollare, pur essendo leggermente ferito. Mi venne da chiedermi se sapesse ciò che era successo alla famiglia Agreste. Forse era per quello che parlava così, no?
«Se avessi voluto attenzioni probabilmente non sarei qui ma da qualcuno che mi ama, forse una delle mie cosiddette ammiratrici» dissi con un sorriso notando Marinette e Alya interessate alla conversazione anche se lontane. «Amore quelle vogliono solo le tue tasche, svegliati» disse con una risata di scherno e alzandosi. Mi si avvicinò fino ad arrivare al mio orecchio. «Vedi di tenere anche le tue amichette laggiù via da me, intesi?»

Deglutii, quella ragazza sì che aveva carattere. Le sorrisi dall'alto, dopotutto ero molto più alto di lei e me ne resi conto solo in quel momento. «Non starò qui a difenderle sprecando tempo. Ho un servizio fotografico tra poco e tu non capiresti a preiscindere se ti spiegassi le mille ragioni per cui loro non sono e non saranno mai come le hai descritte. A domani, Hunter» dissi avvisandomi verso l'uscita, salutando con la mano i miei amici. Quella era proprio una di quelle giornate che di presupponevano fossero tanto lunghe.

Sospirai, finalmente a casa. Feci i compiti e notai l'orario: 20:38. Preoccupato andai a vedere dove fosse Nathalie che avrebbe dovuto chiamarmi per la cena otto minuti prima. «Nathalie? Papà?» urlai sperando in una risposta ma non c'era nessuno in quella casa.

Un forte rumore di vetri andati in frantumi mi attirò all'esterno, facendomi notare un akumizzato che per l'ennesima volta disturbava la quiete serale di Parigi. "Dannato Papillon" pensai stringendo i denti. Rientrai con uno scatto tra le mura di casa per non farmi prendere da quella macchina che l'akumizzato aveva lanciato e che aveva appena crepato uno dei muri esterni.

«Plagg, trasformami!» urlai. "E ora si va in scena" pensai.

L'akuma era stata catturata da Ladybug a cui avevo rivolto la parola solo quando strettamente necessario. «Io e te dobbiamo parlare» mi disse guardandomi seriamente, uno sguardo con una punta di severità e quasi rimprovero. I suoi occhi blu di solito pieni di vita in quel momento sembravano più scuri, più tristi.

«Dimmi, my lady. Aspetto te» la sentii sospirare. «Cosa c'è che non va chat? Perchè non mi parli?».
Dovetti serrare i denti a quella domanda che pur scontata lasciava con sé una scia di dolore. «Sto solo cercando di.... dimenticarti» sussurrai talmente piano che non sentì. «Cosa?». Ad interromperci furono i suoi orecchini che presero a suonare e che, per una volta, ringraziai nel profondo. «Devo andare. Poi ne riparleremo. Sono seriamente preoccupata per te, Chat». Annuii soltanto. Niente baciamano, niente "ben fatto". Eravamo solo due conoscenti che avevano un compito da svolgere insieme, niente di più. Per me Ladybug era un'estranea sotto la maschera e non seppi se questo era un bene o un male.

Forse se non avesse avuto la maschera, se avessi potuto sapere chi era non avrei avuto il dubbio che mi aveva fatto passare intere notti insonni e il dimenticarla mi sarebbe risultato più facile. Forse se non avesse avuto la maschera si sarebbe finalmente abbandonata a me.

Forse se non avessimo avuto tutte queste responsabilità che dipendevano solo dalle nostre maschere ci saremmo entrambi amati.

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The Miraculous catastrophe|| DesastyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora