Coronavirus

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Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi / le foglie. Ungaretti non poteva conoscere il coronavirus, ma seppe cantare in meravigliosi versi l’incertezza della vita, la sua inspiegabile stranezza e la condizione di precarietà umana che ci appartiene, a ogni latitudine, con o senza pandemia. E ora che le foglie in bilico siamo noi, non in autunno, ma in questa primavera... abbiamo sempre più voglia di attaccarci ai rami dell'esistenza nella speranza della libertà perduta fra le foglie.
Tutti. Ma non allo stesso modo. C’è chi il virus lo scalza «ammutolendosi» di mascherine e temendo anche di respirare l’aria del balcone...
e chi invece pensa che giocare a carte in un vicolo, bere una sorsata di birra o correre al parco in folto gruppo siano «vaccini» naturali validissimi. L’ingovernabilità  degli italiani si evince da questi pensieri diversi a seconda del soggetto.
E avete notato che abbiamo riscoperto la libertà?

Chi avrebbe mai immaginato che, nella casualità della Storia, nei corsi e ricorsi che studiavamo a scuola con le idee, potesse verificarsi un ritorno all’anelito di libertà che i nostri antenati e genitori hanno sentito così forte?
Quel «libertà vo’ cercando»)
colpisce ora - anno 2020
un mondo che si riteneva libero, autonomo, capace di imporre la sua volontà. Ed eccoci, siamo qui, fragili e soli, a chiederci se il premier Conte voglia o no che facciamo jogging e se dobbiamo farlo con o senza il cane.
Libertà che non avremmo mai pensato di poterci veder negare e che non avremmo mai messo in discussione sono ora al centro di decreti, diatribe, permessi e violazioni.
Una situazioni imbarazzante che rende basito la mia figura di scrittore.
Il fatto è che ogni voglia di libertà e di «disobbedienza» si scontra con l’unica certezza che abbiamo in questi tempi precari e cioè che il dramma coronavirus si combatte limitando i contagi, evitando le uscite, rispettando le regole. Non per amore di autoritarismo, autolesionismo per il bene della comunità.
non per eccesso di rispetto, ma soltanto perché se affolliamo ancora di più gli ospedali, non potranno curarci.
Una verità semplice-semplice, forse troppo elementare per essere compresa. S
e andiamo a sciare o in barca e rischiamo un infortunio, aggiungiamo al contagio, il fatto di intasare un pronto soccorso...
Ma questo è ridico e privo di etica perché uno stato dovrebbe esser pronto a qualunque situazione.
Di esempio la Cina con la sua intelligenza sociale e mediatica, il premier che aggiungerei con la p maiuscola sebbene non condivide l'ideale comunista ha subito preso atto di tutte le manovre necessarie.
Non ha creato timore e paura, ha proibito tutto subito, così da non creare disguidi nel popolo.
I

nsomma, dobbiamo stare a casa.
Che poi è una novità, perché - diciamolo - non facciamo che uscire (e non soltanto per lavoro). Quante cose inutili ogni giorno, quanti impegni possiamo tranquillamente rinviare! Eppure, per alcuni, nonostante il virus, non c’è chiave alla porta: si esce. Lo hanno fatto i milanesi quando sono andati a far festa con gli aperitivi  nonostante i primi divieti. Lo fanno anche molti giovani e non solo che deambulano in questi giorni nelle città , irridendo il pericolo, raccontando di aver stampato il modulo e falsificato l’urgenza.
ma a voi sembra normale che debba essere un sindaco a girare per la città e a far rientrare la gente a casa?nell'universo  in cui viviamo, ogni regola ha il suo contraltare

La vera pandemia si scatena e graffia il mondo anche con gli artigli di questa falsa informazione, che tutti ripetono «sta facendo molti danni» ma che tutti alimentano con i propri clic. È vero, sul virus abbiamo poche certezze. Ma se siamo come d’autunno/ sugli alberi/ le foglie non lasciamoci spazzare via dal vento dell’ignoranza.

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