QUARANTENA GIORNO 2

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"I wish that I could wake up with amnesia
And forget about the stupid little things
Like the way it felt to fall asleep next to you
And the memories I never can escape

'Cause I'm not fine at all"



(Harry)





Aveva passato la notte in bianco, Harry.

La seconda notte in bianco, in realtà

Anche prima di tutto questo macello non era riuscito a dormire bene.

Ad essere onesti erano anni che non dormiva bene.

Il letto era diventato troppo grande, troppo scomodo e soprattutto troppo vuoto.

Rivedere Niall e Liam lo aveva reso felice, quasi nostalgico.

Rivedere Zayn era stato come un calcio nelle palle: doloroso all'inizio ma che poi ti lasciava quel senso di rabbia pericolosa di chi medita vendetta.

Rivedere Louis, era stato devastante.

Louis era stato l'ultimo ad arrivare. Non che qualcuno si fosse sorpreso della cosa, essere in ritardo era uno dei suoi marchi di fabbrica.

Era entrato nel salone ed Harry, che era girato di spalle, sforzandosi di ignorare la presenza di Zayn, lo aveva percepito ancora prima che varcasse la soglia.

Aveva riconosciuto il rumore dei passi cadenzati, quasi striscianti sui ciottoli del vialetto della Villa – che in realtà aveva più l'aspetto di un enorme cottage in pietra.

Aveva tremato quando la porta si era aperta con quella flemma che aveva solo lui.

Ne aveva percepito il respiro affannato ancora prima di sentirlo davvero.

Si era aggrappato forte al davanzale della finestra quando aveva sentito la sua voce, mentre salutava gli altri, e gli entrava nelle ossa.

Si era voltato lentamente e quando aveva rivisto i suoi occhi, dopo anni, una nuova rabbia aveva gonfiato i suoi polmoni.

Era arrabbiato con se stesso.

Era arrabbiato perché ricordava tutte quelle cose di lui quando l'unica cosa che avrebbe voluto – e dovuto– fare era dimenticare tutto.

Era arrabbiato perché non avrebbe dovuto ricordare la morbidezza della sua pelle quando si erano stretti la mano né la voce leggermente stridula, da bambino, o il modo in cui la lingua si arrotolava sulla errequando pronunciava il suo nome. "Ciao, Harry."

La sua mente aveva cercato di cancellare ma il suo cuore lo tradiva sempre.

O almeno quello che ne era rimasto.

Quella piccola parte che non era stata fatta a brandelli, lanciata, calpestata e umiliata.

Quella che aveva chiuso dietro una maschera di ironia e sarcasmo che lo aiutavano a galleggiare in quel mondo dove ormai, da cinque anni, nuotava da solo.

Lo aveva odiato.

Si era odiato.

E si odiava anche ora, riuniti tutti in soggiorno, con la luce dell'alba che faceva capolino dalla finestra, mentre quattro medici coperti da tute bianche, maschere protettive e occhiali di vetro, si preparavano a fare tamponi a tutti e cinque.

Si odiava perché sapeva quanto Louis fosse a disagio in presenza dei medici e non riusciva a non preoccuparsi per questo.

Era un istinto naturale il suo, quasi primordiale.

Trenta giorni in quarantena (1D/Larry/Ziam/Ot5)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora