Capitolo 16-Will

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Entrammo nel vecchio deposito con le armi pronte, io con una freccia incoccata e Nico con la spada sguainata.

-Qui c'è stato un incendio, circa quindici anni fa - mi informò Nico - L'aura di morte è pesante. Fai attenzione.

All'ingresso, infatti, erano accumulati alcuni mazzi di fiori appassiti e candele consumate, accompagnate da decine di foto sbiadite.

In una di quelle fotografie, riuscii ad intravedere il volto di una donna sulla trentina. Aveva un viso grazioso e i capelli biondi legati in una crocchia. Sorrideva all'obiettivo, serena, senza sapere all'epoca che quella foto sarebbe stata posta sul suo luogo di morte.

Il deposito era enorme, almeno quanto un campo da calcio o poco meno. Era tutto in penombra, l'unica luce presente filtrava a malapena dalle assi di legno che sbarravano le finestre.
Per tutto il deposito vi erano vecchi macchinari rotti e polverosi coperti da lenzuoli bianchi, ragnatele ovunque, oggetti che cigolavano anche solo se sfiorati, casse di legno.
Le pareti avevano evidenti segni di bruciature, cosí come il soffitto, i pavimenti e i macchinari.

Gli unici suoni udibili erano il rumore dei nostri passi, lenti e cauti, e di tanto in tanto lo scricchiolio degli oggetti di metallo che eravamo costretti a spostare o che esaminavamo alla ricerca di eventuali segni di vita. O meglio, di morte.

-Qui qualcosa non quadra. - disse Nico a un certo punto - Percepisco la presenza della morte, ma non riesco a trovare il suo centro.

-Continuiamo a cercare, magari troviamo qualcosa. - tentai di suonare fiducioso, ma se lui non trovava niente, come potevo farlo io?

Continuammo ad avanzare, tesi come delle corde di violino. Un passo dopo l'altro, coprendoci le spalle a vicenda, ci facemmo strada fino a quando non raggiungemmo quello che si poteva definire come il centro della struttura.

Una lieve folata di vento mi fece drizzare i peli sulle braccia. Mi voltai di scatto, pronto a scoccare la freccia, ma non c'era nessuno.

All'improvviso, la luce sparí. Le ombre parvero animarsi, ed ogni raggio di sole venne oscurato da esse inesorabilmente. In pochi istanti, ci trovammo al buio.

-Nico... - chiamai col cuore in gola - Nico dove sei?

-Sono qui. - una mano si posò sulla mia spalla - Sono qui. Va tutto bene.

Sospirai di sollievo, posando la mia mano sulla sua. Era lí, non mi avrebbe lasciato solo al buio.

Mi avvicinai a lui il più possibile.

-Che sta succedendo? - chiesi.

-Non lo so, stammi vicino.

Nessun problema, anzi. Mi piaceva stargli vicino.

In quel momento, una scia argentea guizzò davanti ai nostri occhi. Percepii Nico irrigidirsi alla mia destra, il suo respiro si fece più pesante. Temetti che stesse per avere una crisi, ma ben presto capii il motivo della sua sorpresa.

Altre lingue argentate si stavano facendo vedere, una dopo l'altra, e ci stavano circondando a poco a poco. Ogni lingua pareva un fuoco fatuo, ma quasi subito iniziarono a modellarsi in sagome umane: c'erano vecchi, giovani, uomini, donne. Vidi soldati, operai, poliziotti.

-... Nico? Chi sono queste persone? - chiesi con un filo di voce.

-Sono gli spiriti di coloro che hanno trovato la morte qui dentro, durante l'incendio - mi rispose lui - Gli operai, i poliziotti che erano venuti ad aiutare, i soldati che erano nei paraggi e hanno prestato soccorso per primi.

Tra i fantasmi in tuta da lavoro riconobbi la donna della fotografia: non sorrideva più. Aveva uno sguardo spento, assente. Rassegnato al suo destino.

Non Lasciarmi AndareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora