Capitolo Dieci

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Jungkook da due settimane a quella parte amava la sera.
Ne era quasi assuefatto.
Come da routine chiudeva il negozio, saliva al piano di sopra e trovava Jimin intento a cucinare.
Avrebbe voluto quella realtà, così domestica, per sempre.
Nel mentre che mangiavano Jungkook fremeva per quelle labbra che assaporavano cibi da lui stesso cucinati.
Lavavano i piatti insieme e finivano sempre per fare l'amore.
Sul divano, sul letto, in bagno..
Quella casa oramai era inondata di Jimin, ogni cosa parlava di lui.
Tra le lenzuola fresche si lasciava stringere dal moro, cercandone sempre le mani grandi e rassicuranti.
Ma quella notte tutto fu diverso.
L'azzurro contemplava la luna dalla finestra aperta, mentre un vento fresco gli sfiorava piano i capelli.
Jungkook fumava sigarette che non finivano mai, con mani tremanti.
"Piccolo, ti fidi di me?"
Jimin al suo di quella voce serena, gli venne quasi da piangere.
"Sì"
"Vieni con me allora"
Il moro aveva spento la sigaretta che teneva tra le dita, mentre gli porgeva l'altra mano.
Il turista saltò giù dalla finestra, non esitando neanche un secondo a stringerla.
Scesero al piano inferiore, accendendo le luci.
Piano piano la stanza si colorò di quel viola tanto familiare, e che oramai Jimin adorava.
Vide Jungkook iniziare a preparare la postazione tatuaggi ma non osò proferire parola.
Disegnò qualcosa che non riuscì a vedere, la curiosità si era impossessata completamente di lui.
"Siediti" disse il moro.
"Mi farai un tatuaggio?"
"Sì"
Jimin si sedette, cercando di capire cosa passasse per la testa del tatuatore.
"Una leggenda narra di un filo, un filo rosso, che viene legato fin dalla nascita ai mignoli di due anime gemelle.
Jimin saresti così gentile da porgermi la tua mano sinistra?"
Il cuore dell'azzurro cominciò a palpitare nella gabbia toracica, pensava potesse uscirgli fuori da un momento all'altro.
Jungkook gli sorrise, quel sorriso che amava tanto da coniglietto.
La mano gli tremava, ma la poggiò ugualmente vicino alla macchinetta per tatuaggi.
La voce del moro sovrastava il rumore fastidioso, mentre continuava a raccontare della leggenda.
"Si tratta di un filo indissolubile e infinito.
Nessuna distanza potrà mai dividerci.
Ogni nodo che si verrà a creare sarà una difficoltà che dovremo superare, perché io e te Jimin siamo il destino.
Spasimo ad averti accanto, mi sento l'uomo più fortunato al mondo.
Domani mattina noi saremo in aereoporto e tu partirai, com'è giusto che sia.
Ma non dubitare mai di noi, né del destino piccolo.
Ci rincontreremo, magari tra un mese, tra un anno o forse anche tra dieci.
Ma sappi che le nostre anime si ricongiungeranno, nonostante qualsiasi cosa."
Jimin pianse, quando anche il moro si tatuò da solo quel sottile filo rosso sul mignolo sinistro, sapendo che sarebbe andata esattamente in quel modo.

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