Capitolo dodici: Farfalle nello stomaco

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NATALIE

Non appena entro in camera mi chiudo la porta alle spalle e non riesco a smettere di sorridere al pensiero di ciò che è appena accaduto. Forse è solo un sogno, tuttavia i girasoli che ho tra le mani mi suggeriscono il contrario: Ander mi ha chiesto di uscire e io ho detto di sì, scacciando via la paura di soffrire - di nuovo - e il timore delle conseguenze. Avrei voluto farlo da quando me l'ha chiesto la prima volta. Vorrei chiamare Rebecka e raccontarglielo, ma non mi risponderebbe dato che è a cena con la sua famiglia. D'altra parte non ho tempo per chiacchierare! Il mio cuore accelera i battiti anche solo pensando che lui sia qui, a pochi passi da me.

Apro frettolosamente l'armadio, trovandovi un mucchio sgualcito di vestiti. Ogni giorno, continuamente, riprometto a me stessa di metterlo in ordine ma ogni promessa è vana perché il caos è parte di me, ed è impossibile che io cambi. Esulto non appena trovo il mio jeans preferito, dalla tonalità chiara, stretto sulle cosce e leggermente più largo sulle gambe, che scelgo di abbinare a una T-shirt nera. Sciolgo i capelli e li sistemo velocemente con le mani... fortunatamente sono puliti, quindi non mi imbatto in un'impresa impossibile.

Non appena esco dalla stanza, Ander si accorge della mia presenza e, come se avesse preso una scossa, si alza, guardandomi velocemente dalla testa ai piedi. Arrossisco all'immagine dei suoi occhi su di me e non riesco a trattenere un sorriso, sperando che non se ne accorga.

«Andiamo?» La mia voce è ridotta a un sussurro.

«Si...» Si schiarisce la voce. «Certo!»

Non appena usciamo dal dormitorio di Berkeley, lo seguo verso il Mercedes nero posteggiato di fronte all'ingresso. Mi sento così a disagio quando entriamo nell'auto; vorrei parlare ma probabilmente mi mangerei le parole se lo facessi. Il modo in cui si muove, furtivo e indeciso, mi fa pensare che si senta come me in questo momento.

«Hai una bella macchina» ammetto poi, timidamente.

«Grazie! Dove ti porto?» Sorride.

«Mm... ho sentito che c'è un posto a New Haven in cui si vede un panorama fantastico!»

«Intendi la strada panoramica?»

Mi stringo nelle spalle. «In realtà non conosco molto questa città... Da quando sono qui non mi sono proprio spostata da Yale. Però possiamo andare lì se vuoi... adoro ogni tipo di panorama quindi mi piacerà di sicuro!»

Ho le guance accaldate e Ander mi lancia un'occhiata fugace e poi annuisce. «Hai fame?» domanda.

«Si... da morire» dico rendendomi conto che in effetti non ho avuto tempo di cenare.

«Allora prima potremmo andare in un pub...»

«Mm... oppure potremmo comprare da mangiare e cenare alla panoramica» propongo.

«Mi sembra un'ottima idea!»

«Perfetto...» La mia voce è ridotta a un sussurro e sento il cuore battere così forte al punto che credo stia per schizzarmi fuori dal petto. Più passo il tempo in quest'auto, più le emozioni hanno la maglio sulla ragione. Neanche quando ho scoperto che Jackson mi tradiva mi sono sentita così fragile e vulnerabile.

«Non pensavo che volessi fare una cosa del genere, sai, mi hai sorpreso...»

Ha gli occhi puntati sulla strada davanti a lui ma non appena gli rivolgo un'espressione interrogativa, non avendo capito a cosa si riferisca, se ne accorge immediatamente.

«Be', voglio dire, voi ragazze preferite andare a cena fuori... soprattutto se è il primo appuntamento» precisa, schiarendosi la voce.

Primo appuntamento, non faccio altro che ripetere nella mia testa.

Quando dai all'amore una seconda chanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora