CAPITOLO 68

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Francesco si presenta puntualissimo in tenuta sportiva ma molto ordinato. È agitato molto più che al telefono, lo lascio libero di adattarsi per sentirsi a suo agio.

"Accomodati. Vuoi qualcosa da bere? Acqua caffè?"

"No grazie."

Adesso che è seduto sembra un'anima in pena, vorrebbe parlare ma è evidente che non sappia da dove cominciare. Diamogli una mano.

"Allora sei venuto per una consulenza?"

"Sì."

"Sportiva, scolastica, personale?"

"Personale." Mugugna.

"Ok cominciamo. Tu sei studente?"

"Sì, ultimo anno delle superiori, come Riccardo."

"Bene. Sai già cosa fare dopo il liceo?"

"Sì, voglio fare ingegneria ambientale. Almeno, finora volevo fare quello."

"E cos'è cambiato?

Silenzio, sguardo basso, prende fiato.

"Ho conosciuto una ragazza qualche mese fa. Lei non è di Firenze."

"E ti piace?"

"Sì, tanto tanto."

Ci credo è diventato porpora, un altro respiro.

"È più grande di me di un paio d'anni – quisquiglie, condomine non con i pazienti vi prego – anche lei studia ma non ingegneria."

"Vorresti fare l'università nella sua città?"

"No, lei ha il ragazzo." Ecco.

"Aspetta, vi siete conosciuti e vi siete anche frequentati?"

"Sì, ci siamo conosciuti – sguardo basso ho come la sensazione che voglia infilarsi sotto il pavimento – ad una partita."

"E questo è normale, tu giochi tutte le settimane più o meno. Ci sono molte possibilità che tu conosca persone in queste circostanze. Quindi ad una partita l'hai conosciuta. E lei era lì da sola con amiche?"

"Lei era lì perché anche il suo ragazzo gioca. E quella domenica noi si giocavo contro."

Tombola.

"Fammi capire è la ragazza di un altro giocatore?"

"Sì." Tono disperato che neanche Romeo con Giulietta.

"Ecco, in quell'occasione vi siete conosciuti, ma in quale altra occasione vi siete visti? Un'altra partita?"

"No, ci siamo conosciuti lì al terzo tempo, ma poi lei è venuta a Firenze da una sua amica che è amica di un mio amico e siamo usciti insieme e poi abbiamo continuato ad uscire altre volte."

"Tutti insieme?" Lo so è una domanda cretina ma serve nella terapia. Fatemi lavorare.

"No poi siamo usciti solo noi due. È un casino dottoressa. Lo so che non si fa, lo so che è sbagliato ma lei mi piace un casino. Non ce la faccio a dirle di no, c'ho provato, ci abbiamo provato. Si sta un po' di tempo separati poi si torna insieme. È un casino perché se lui se ne accorgesse. Se se ne accorgesse la squadra, sarebbe, un casino."

Guarda che se c'è una che ti può capire sono io, fidati. Io e tutto il mio condominio mentale siamo qui con te non ti preoccupare.

"Francy, una cosa alla volta. Prima di tutto non esiste il giusto e lo sbagliato, esiste il fare sempre il meglio possibile o almeno sforzarsi di fare il meglio possibile. Ma quando ci sono i sentimenti e le emozioni di mezzo, è difficile, siamo esseri umani, non abbiamo interruttori accendi spengi."

"Sì, però come si fa?"

"Ma scusa perché lei non lascia il suo ragazzo? Ormoni a parte, dato che questa cosa va avanti da un po' perché non lo lascia?"

"Perché stanno insieme da tanto tempo è difficile."

"Ok. Torniamo su di te. È chiaro che non puoi vivere una situazione a metà."

"No infatti. Sono sempre sul chi va là. Non sono tranquillo per niente, riesco a rilassarmi solo quando gioco. Ma tutto il resto del tempo è un inferno."

"Quando vi siete visti l'ultima volta?"

"Due settimane fa. Le ho detto che non dobbiamo vederci più. Lei ha pianto, continua a piangere ma io non posso continuare così o mi verrà un colpo. Anche perché quando c'è anche lui dobbiamo fare finta di non conoscerci. Una volta ci siamo incontrati ad una festa di laurea, io ero con delle mie amiche, mi ha pure fatto una scenata di gelosia."

"Lui?"

"No, lei."

Bel casino.

"Ho capito. Adesso però Francy dobbiamo parlare di quello che faremo io e te. Il nostro sarò un lavoro a tappe. La prima si chiama maturità. Tu quest'anno hai l'esame e non ti puoi permettere distrazioni. La seconda si chiama università. Cosa fare e dove farla. Intanto partiamo da qui. Va bene?"

"Sì, però cosa devo fare quando mi chiama?"

"Se parlare con lei ti incasina i pensieri e ti rovina la giornata, il mio consiglio è non parlarci. Poi se proprio proprio ti trovi in difficoltà chiamami. Ok?"

"Davvero la posso chiamare?"

"Certo che puoi."

"Grazie Doc." Occhi luminosi e sorriso a sessantaquattro denti.

"Ultima domanda, chi sa questa storia?"

"Riccardo sa tutto dall'inizio, è stato lui a spingermi a venire qui."

"Immagino. Va bene così allora, concentrati sullo studio e poi ci vediamo tra una settimana."

"Non viene alla partita?"

"Quale?"

"La nostra domenica." Merda la partita!

"Penso di sì. Ancora non lo so."

"Venga Doc, ci farebbe tanto piacere davvero."

Ci chi sarebbe?

"Ci farebbe?"

"Sì, a tutti noi, della squadra. Che lei ci veda giocare e vincere."

Porammè mi ci manca la banda di pavoni che fa la ruota per sfoggiare tutta la propria bellezza."

"Grazie dell'invito, ma ricordati che sotto la più bella ruota di pavone si cela il più banale culo di pollo."

"Bella questa Doc, me la segno."

"Adesso sparisci."

Ride, è decisamente più tranquillo. Meglio così. Ma prima di andare via mi abbraccia, anzi mi stritola.

Rugbisti, gente strana.


Dai, gioca con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora