È mercoledì mattina e nonostante abbia lezione alle 9 ed ora siano solo le 7, sono già sveglia e seduta a gambe incrociate sul letto. Nessun incubo, nessun risveglio traumatico e niente sudore: ho semplicemente aperto gli occhi di scatto cinque minuti fa, con una sensazione d'ansia e inquietudine nel petto che non mi permette di tornare a dormire.
Anche questa, come tutta la storia degli incubi, è una cosa che mi capita spesso senza un'apparente ragione ma che, da un bel po' di tempo, avevo il piacere di sentirne la mancanza. Decido di sfruttare queste ore inaspettatamente guadagnate: cerco tra i vari fogli dei corsi il copione per ripetere a bassa voce il testo della canzone introduttiva dello spettacolo. Sarà divertente provarla oggi insieme a tutti i ragazzi che faranno da comparse come il fornaio, le vecchie signore o il libraio. Sono molto agitata e immaginare di dover cantare dinanzi a tante persone mi mette ansia, ma tutto ciò è una delle poche cose buone che mi stanno succedendo in questo periodo della mia vita e voglio sfruttarla e godermela il più a lungo possibile.
Dopo essermi resa conto che il testo e la melodia sono ben impressi nella mia mente, con uno slancio affondo la mia testa sul cuscino e poggio i dorsi delle mie mani, con ancora i fogli del copione all'interno, sulla mia fronte.
Per qualche assurdo motivo gli ingranaggi della mia testa si connettono contemporaneamente per indirizzarmi verso un unico pensiero: Aron e la foto di ieri sera. Non riesco a comprendere la ragione per cui la mia curiosità è così smaniosa di sapere, di conoscere chi fosse il fortunato ospite di quella cena, di capire se quella frase centrasse qualcosa con me, con noi.
''Fortunato ospite? Ma che sto dicendo?''
Strofino nervosamente i miei occhi, sperando che così facendo, in qualche modo, tutti questi pensieri inopportuni e privi di ragion d'essere smettano di popolare la mia mente già abbastanza destabilizzata dall'ambiguo risveglio di questa mattina.
Afferro il telefono dal comodino per inviare il buongiorno ai miei genitori e noto con sorpresa un messaggio da parte di Riccardo: una foto nella quale si vede una mia vecchia maglietta dei Rolling Stones nel suo armadio.
''Ecco che fine aveva fatto''
Sorrido spontaneamente a quella foto, viaggiando indietro nel tempo con la mia mente e cercando di ricordare l'ultima volta che avrei potuto lasciarla lì: probabilmente fu un sabato sera durante le vacanze natalizie, rimasi a dormire da lui e la mattina seguente, dopo aver fatto l'amore, me la tolsi per indossare qualcosa di più decente per il pranzo di Natale.
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Nadie dijo que fuera fácil (Nessuno ha detto che è facile).
De TodoQuando l'ultima delle cose che avevi immaginato diventa un pensiero costante, un desiderio impellente, non puoi fare altro che assecondare questa sensazione. Ricorda una cosa però: nessuno ha detto che sarebbe stato facile. Vorrei che leggendo le mi...