Capitolo 23

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Una settimana dopo...

È passata una settimana dal nostro ritorno a Milano. I miei genitori mi hanno chiamato i primi giorni ma non hanno ricevuto risposta e non mi hanno più chiamato. Non so se essere felice o no di questa cosa: potrei essere felice perché hanno capito che non li voglio né vedere né sentire ma poi penso che se non mi chiamano per loro io non conto nulla.

<<Gina>> mi chiama Lele dalla cucina.

<<Lele, dimmi>> vado da lui.

<<Pensavo: ti va di cucinare insieme oggi?>> mi propone.

<<Ottima idea, così metto da parte i pensieri>> dico.

<<Stai ancora pensando ai tuoi genitori?>> mi chiede avvicinandosi.

Annuisco e lui mi abbraccia.

<<Non ci pensare, così ci stai solo male e non risolvi niente. È stata una loro scelta: avrebbero potuto crederti, starti accanto e supportarti ma non l'hanno fatto. Tu hai fatto ciò che volevi, hai seguito il tuo cuore e i tuoi sogni>>

Mi stringo forte al suo petto come se avessi paura di perderlo. Lui è la mia forza, la mia ancora di salvezza. Non avrei mai pensato di dirlo. Di solito è una frase che si dice nei film, mi sono sempre detta che, per quanto potesse essere vero, non lo avrei mai detto a nessuno. Mi sono sempre data forza da sola, ho sempre detto a me stessa di andare avanti e non fermarmi perché non tutti sono quello che crediamo, quello che ci fanno credere e vedere. Ho imparato sempre meglio a non fidarmi delle persone che mi circondavano. Sbagliavo? Non lo so. So solamente che nel momento in cui ho incontrato Lele ho cancellato per qualche istante la mia legge fondamentale: "Non fidarti subito ma aspetta. Potrebbe non essere ciò che sembra". Mi sono fidata di lui e in un giorno ci siamo ritrovati a vivere insieme da fidanzati. Forse per la prima volta ho fatto bene a fidarmi subito. Vengo risvegliata dai miei pensieri da qualcuno che entra in cucina.

<<Buongiorno gente!>> urla Cecia.

<<Cecia, sai che ti voglio bene ma non voglio diventare sorda>> dico io staccandomi da Lele.

<<Sai che continuerò a farlo>> dice lei.

Mi metto una mano in fronte. Lele mi guarda per capire come sto.

<<Lele, so che sei preoccupato e cerchi di capire se sto meglio ma così mi consumi>> dico ridendo.

Lui mi sorride <<Stai meglio! – esclama – Allora cosa cuciniamo?>>

<<Dolce?>> dice Cecia guardandoci con la faccia da cucciola.

<<Va bene>> diciamo io e Lele in coro.

Lei mi salta addosso.

<<Ti adoro!>> dice riempiendomi di baci.

<<E io? Non mi adori?>> dice Lele facendo finta di piangere.

Cecia lo abbraccia <<Certo che ti adoro!>>

<<Sì ma ora i pasticcieri devono mettersi all'opera, quindi, via dalla cucina. Possono entrare solo gli addetti alla torta>> dico io facendo finta di essere seria.

Loro scoppiano a ridere.

<<Va bene, vi lascio cucinare pasticcieri di alta classe>> dice lei uscendo dalla cucina.

<<Cosa cuciniamo?>> chiedo.

<<Quello che desidera lei madame>> dice Lele.

Tutto cominciò su quel trenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora