A VOLTE L'AMORE È SEMPLICE by @SeryyA

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Silvia sedeva dietro uno dei banchi della prima fila, schiena eretta, grembiule bianco perfettamente stirato, due lunghe trecce castane annodate da grandi fiocchi rossi. Il suo naso, sottile e tempestato di lentiggini, era leggermente arricciato. La fronte, seminascosta dalla frangetta, risultava contratta, forse per mantenere più alta la concentrazione. Il maestro, intento a scrivere lunghe file di numeri alla lavagna, non si accorse che Valerio, il più insolente dei suoi alunni, era occupato a combinare un'altra delle sue marachelle. In silenzio e con movimenti così leggeri da non essere avvertito, egli aveva annodato i nastri che tenevano le trecce di Silvia alla sedia di quest'ultima. Quando la lezione terminò e fu il momento di congedarsi, tutti quanti si alzarono in piedi mentre la poveretta restò con i capelli ancorati alla sedia, prendendosi pure una brutta storta. Lei sapeva che era stato Valerio a farle quello stupido scherzo, ultimamente non faceva altro. La punzecchiava con la punta del lapis dietro le spalle e se lei si voltava, allora lui fischiettava, fingendo indifferenza; le rubava le matite dall'astuccio, costringendola all'inseguimento per tutta la classe; faceva capolino sotto alla porta del bagno quando lei era chiusa dentro per fare pipì. Ma con quell'ultima trovata, Valerio aveva superato ogni limite, per poco non le aveva spezzato l'osso del collo!

Quel giorno Silvia tornò a casa triste e arrabbiata, a tal punto da sedersi a tavola e restare a fissare il piatto a braccia conserte.

«Che succede, piccola mia?» Le chiese la nonna, vedendo che non aveva toccato cibo.

La ragazzina non riuscì a trattenere le lacrime e scoppiò in un pianto irrefrenabile. Allora la nonna si mise a sedere accanto a lei, le accarezzò i capelli e cercò di capire il motivo di tutta quella disperazione.

«Valerio, un mio compagno di classe, mi odia», esordì la creatura, tentando di prendere respiro tra un singhiozzo e l'altro.

«Odiare è un verbo molto importante. Per quale motivo questo tuo amico dovrebbe volerti tanto male come dici?»

«Non lo so, ma ogni giorno mi sta addosso e mi fa i dispetti», cantilenò Silvia, snocciolando subito dopo tutte le marachelle che aveva subito fino all'ultima di quel mattino. «Perché fa così? Perché lo fa soltanto con me e con nessun'altra? Cosa ho io che non va?»

La nonna guardò la nipote con dolcezza, benedicendo quelle lacrime di pura e sana innocenza con un bacio sulla fronte, poi si scostò e le asciugò gli occhi con una pezza di stoffa fiorita che teneva sempre dentro le tasche della vestaglia. «Oh, piccola mia, a volte le domande sono complicate e le risposte semplici», disse, sorridendo.

Silvia corrugò le sopracciglia, confusa. Non c'era niente di semplice in quella storia, non per lei. E non c'era nemmeno motivo di ilarità. 

«Valerio non ti odia. Io credo piuttosto che tu le piaccia. E anche molto».

Silvia restò a bocca aperta, soppesando le parole della nonna. Le sembravano incomprensibili. Come poteva piacere a qualcuno che non faceva altro che importunarla?

«Vedi, piccola mia, certe volte manifestare i propri sentimenti è complicato ed è molto più facile celarsi dietro a qualcosa che non fa paura. Io credo che Valerio si stia nascondendo dietro ai suoi scherzi per starti il più possibile vicino».

Le lacrime sul volto di Silvia si erano arrestate, lasciando però il suo volto umido e gli occhi gonfi. «Cosa devo fare?» domandò, incerta e confusa da quella realtà che le si era appena palesata di fronte.

«Dipende», disse la donna.

«Da cosa?»

«Dipende se a te piace Valerio...»

Silvia sentì le sue guance arrossire sotto al manto di tenere lentiggini. «Valerio ha gli occhi azzurri come il cielo, grandi e profondi come l'oceano e i capelli color del

grano», sospirò, «ma a matematica non è bravo e il maestro lo mette sempre in punizione».

La nonna parve capire la situazione, si avvicinò al suo orecchio e disse: «Ho un'idea! Se farai come ti dico sono sicura che quel bambino smetterà di farti tutti quei dispetti...»

Il giorno seguente, Silvia decise di mettere in pratica fin da subito il piano della nonna. Si posizionò nel banco in seconda fila, quello vicino a Valerio, gli sfilò il quaderno di matematica da sotto al naso e lo aprì alla pagina degli esercizi. Con pazienza, sotto allo sguardo interrogativo del compagno, glieli risolse uno ad uno, poi restituì il tutto al proprietario. Quando il maestro passò tra i banchi, assegnando a Valerio una bellissima A, lui emise una specie di «Oh» che fece immancabilmente sorridere la sua artefice. Durante la ricreazione, Silvia mise in atto il suo secondo atto di gentilezza, presentandosi di fronte al compagno e cedendogli il suo panino, per trotterellare poi verso le amiche, lasciando il ragazzino di stucco.

Al termine delle lezioni, Valerio, evidentemente colpito dal comportamento di Silvia, trovò il coraggio per parlarle.

«Perché sei gentile con me? Perché non mi detesti a causa di tutti gli scherzi che ti faccio?»

Lei non rispose, ma si limitò a fare spallucce e scappare via, lasciando a Valerio un intero giorno e un'intera notte per riflettere sui suoi interrogativi.

Il mattino seguente, Silvia tornò a scuola decisa a portare avanti il suo piano. Sedette di nuovo al suo banco in prima fila, senza degnare di uno sguardo il compagno irriverente, il quale tentò di chiamarla più volte per farsi fare gli esercizi di matematica, ma senza riscuotere alcun successo. Questa volta però lui non la punzecchiò come era solito fare con il lapis, nemmeno le rubò niente dall'astuccio, ma lasciò passivamente che il maestro gli assegnasse una brutta nota per non aver svolto i compiti a casa. Durante la ricreazione, Silvia intercettò più e più volte lo sguardo di Valerio nella sua direzione. Era uno sguardo strano, le sembrò carico di domande e al tempo stesso paure. Paure che anche lei si ritrovò a covare dentro al suo cuore ancora troppo immaturo per capire certe dinamiche. E, quando all'uscita di scuola Valerio si posizionò al suo fianco, rompendo quella fila quasi immacolata che il maestro voleva fosse rispettata, Silvia percepì una strana sensazione, come se il cuore le battesse così forte da poterlo sentire fin dentro alla testa. Si aspettò che lui la deridesse o le facesse uno sgambetto o qualsiasi altro stupido scherzo, invece la sorprese prendendola per mano.

«Che fai?» chiese la bambina con un filo di voce.

«Facciamo pace», disse Valerio, guardandola con quei suoi bellissimi occhi azzurri e profondi.

Le labbra di Silvia si piegarono istintivamente in un leggero sorriso e il suo palmo stretto dentro quello dell'amico parve per un istante prendere fuoco.

«Ho capito che i miei scherzi erano soltanto stupidaggini, li facevo perché mi divertivo a farti arrabbiare, ma ho scoperto che mi piace molto di più quando sorridi e sei carina con me come ieri».

«Va bene, facciamo pace», replicò Silvia con la voce che tremava appena.

«Domani potresti sederti vicino a me, non mi importa se non mi aiuti con la matematica, sarò felice anche soltanto di averti al mio fianco, poi potremo fare colazione insieme, ognuno con il suo panino...»

Silvia annuì. Adesso era lei quella senza parole. Quel gioco le aveva fatto scoprire un lato nascosto di Valerio, un lato che le piaceva ma che allo stesso tempo le incuteva timore tanto da farle tremare le ginocchia. Così, presa dal panico, tentò di sfilare la mano da quella del bambino per fuggire via, verso l'uscita, verso la nonna, verso casa, ma lui non glielo permise. Con una mossa lesta e scaltra Valerio la attirò a sé e le posò un bacio sulla guancia, chiedendole di diventare la sua fidanzata.

Silvia trasalì e posò due dita sul punto esatto in cui la bocca del compagno aveva sfiorato la sua pelle. Non aveva mai avuto il cuore tanto in tumulto, mai il fiato così corto, mai la testa piena e vuota allo stesso tempo.

Improvvisamente, capì che la nonna aveva ragione. Si era fatta un sacco di domande, ma alla fine la risposta era lì, proprio davanti ai suoi occhi perché l'amore è complicato, ma a volte anche estremamente semplice e le bastò sussurrare un debole «Sì» per ridipingere la sua breve vita in bianco e nero con una tavolozza piena di colori. 

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