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Eravamo amici.

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Passarono settimana da quando incontrai i tuoi occhi per la prima volta e giorno dopo giorno, notte dopo notte, quel tuo viso era costantemente nei miei pensieri. Mi chiedevo come mai, proprio tu Jimin, con quel tuo fare buffo di parlare e di morderti il labbro abbassando lo sguardo ogni volta che ti imbarazzavi, con la tua dolce risata che mi lasciava senza respiro e con le tue parole che come un caldo bacio mi riscaldavano sempre il cuore, eri riuscito a confondere la mia vita. Eri riuscito a stravolgere tutto quanto, persino il mio risveglio alla mattina. Quanti sorrisi ti dedicai piccolo mio, anche quando tu, accanto a me, non c'eri.
Oramai eravamo diventati amici, io ti ammiravo e desideravo considerarti diversamente ma mi bastava vederti felice e questo, - oh... questo - solo questo era importante, non avrei mai voluto rovinare niente.

Una notte ci fermammo a guardare le stelle insieme, ricordi?
Solitamente passavamo il nostro tempo a parlare dentro al bar, cosicché anche la gatta poteva riposarsi con noi, entrambi stanchi per la giornata impegnativa che avevamo trascorso. Tu studiavi e volevi viaggiare per il mondo, me lo dicesti trasformando i tuoi occhi in desiderio ed il tuo sorriso in gioia, un po' come quando si è piccoli, che si fanno sogni bizzarri ma non impossibili. Amavi confrontarti con le persone e parlare lingue diverse e io, non te lo dissi mai ma amavo come riuscivi a cambiare accento e farmi ridere con i tuoi strani modi di immedesimarti negli stranieri.

Quella sera quindi la passammo sulla spiaggia e tutti e due ci sdraiammo sulla battigia, lasciando lontani dall'acqua solo d'un centimetro i nostri piedi scalzi. Per sentire gli schizzi ma non per bagnarli. Avevo appena finito di chiudere tutto, ricordo che cercai di fare il prima possibile, mantenendo il sorriso anche quando entravano dei clienti verso la fine del turno. Riuscii a mantenere la calma anche in quel caso solo perché c'eri tu a ridere nel retro.
Sulle riva quella notte la micia intanto ci girava intorno, giocherellando con dei bastoncini che aveva trovato e mi sembrava triste, con un'immensa voglia di piangere. In ogni caso ero io che continuavo a capire male.
«Ti piace tanto il mare vero, Jimin?» mi voltai a guardati, ad osservare come spensierato sorridevi e sai piccolo? Non erano niente in confronto a te quelle stelle che tanto apprezzavi.

«Non è il mare che mi piace, è la tranquillità che c'è qui e... ecco... se devo esser sincero, quella che davvero mi piace è la notte» dicesti, senza spostarti e che importanza faceva, d'altronde, anche se ti fossi girato non saresti comunque riuscito a vedermi. Forse era un bene, perché io ti desideravo con gli sguardi ed ero così innamorato di te che mi avresti subito scoperto. Non ero mai stato bravo a nascondere qualcosa per troppo tempo. Non sapevo nemmeno se si fosse capito parlando.
«Posso sapere il perché?» ti chiesi, eri un ragazzo molto profondo e mi dispiaceva intromettermi nei tuoi pensieri ma volevo capirti: volevo sul serio sapere tutto su di te Jimin.

Mi girai con il busto, trovando più comoda quella posizione per studiarti e ti vidi morderti un labbro, per poi incatenare i tuoi occhi con i miei. Anche se privi di vita erano comunque meravigliosi, con quelle loro sfumature azzurre ed il poco colore marrone che gli rendeva ancor più unici e speciali... come te, infondo. Eri luce nella notte.
«Di notte mi sento meno solo Hyung, meno diverso da tutti quanti» sorridesti ma non come prima, quel sorriso non aveva qualcosa, gli mancava l'entusiasmo e l'euforia. Ti guardai corrugando il volto, non comprendendo bene quello che mi dicesti e mi stupì il fatto che riuscisti a capire me invece. Riuscisti a intuire il mio sguardo per poi sospirare e voltarti verso l'interno, finendo per ricopiare a schema i miei movimenti.
«Solo i gatti possono vedere bene al buio, Yoonie» parlasti e solo all'ora la marea si decise a toccarci i piedi ma noi rimanemmo immobili: io assorto ad osservarti e tu a sorridermi.

In color marisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora