prologo

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Vienna, 2 Marzo 2020.
<<Che significa che non posso tornare a casa?>> esclamo, stringendo il telefono nella mano.
<<Amore, queste sono le disposizioni dell'agenzia. Per loro sarebbe troppo pericoloso farti viaggiare in questa situazione.>> replica la voce calda di mia madre dall'altra parte della cornetta. Mi chiedo ancora una volta come faccia ad essere sempre così tranquilla, anche in un'emergenza pandemica che sta tenendo sua figlia prigioniera.

Mi avvicino a grandi passi alla finestra, tamburellando nervosamente le dita sul cornicione bianco un po' scrostato.
<<Ma dev'esserci qualcosa che possiamo fare per farmi tornare a Marsiglia! Mamma, tutti e sottolineo tutti stanno lasciando lo studentato per ritornare nelle loro città. Io, l'unica cogliona, da sola, inquarantenata in questo campus abbandonata a me stessa!>> chiedo, alzando la voce senza nemmeno accorgermene. Immagino mia madre allontanare il cellulare dall'orecchio, infastidita dal mio repentino cambio di tono. Fa sempre così. Mi manca.

<<Tesoro, non sai nemmeno quanto mi piacerebbe che tu potessi prendere un aereo e venire a casa, qui in Francia. Ma ora non è possibile, non è sicuro. La salute prima di tutto, ma chèrie.>> continua, cercando di rassicurarmi. Un sorriso triste si fa spazio sul mio viso. Sto rinunciando a tornare a casa, ormai non c'è nulla da fare. Tutti gli studenti sono stati rispediti nei loro paesi per questa situazione virale, tranne me, per colpa della fottuta agenzia con cui sono partita.
Fottuta, putain.

<<Mi manchi, maman.>> sospiro, osservando lo scorcio di Vienna che offre la mia finestra, deserto.
<<Tu di più, stellina mia. Vedrai che risolveremo presto tutto, tu ora stai nello studentato e non uscire, se non per prendere quel che ti serve per mangiare. Mangia, miraccomando, mangia.>>
Mi lascio sfuggire una risatina nervosa.
<<Sei proprio sola soletta in quell'immenso campus?>> chiede.
<<Sì, almeno ho questo palazzo gigante tutto per me.>> rispondo, lanciando un'occhiata al lungo corridoio fuori dalla mia stanza, che mi sembra sempre più vuoto e senza vita. Se qualche settimana prima era sempre gremito di giovani studenti provenienti da tutto il mondo, ora non vola una mosca.
Mi maledico mentalmente per tutte le volte che mi sono lamentata di quel casino che non mi permetteva di studiare per bene. Ora pagherei oro per risentire quel vociare allegro di gente.

<<Mon amour, devo lasciarti, tuo padre ha bisogno di me, stiamo facendo una tarte tatin spaziale! Ci sentiamo.>> riesco quasi a sentirla sorridere tramite la cornetta.
<<Ciao mami.>> sussurro, scoraggiata.

Lancio telefono sul mio letto, sfatto come sempre, e mi dirigo verso il corridoio, senza una precisa destinazione.
Più cammino per quegli spazi sempre affollati e ora deserti, e più mi rendo conto di quanto siano grandi.
<<Tutti gli studenti andati, io sola in quarantena qui. Non potrebbe andare meglio proprio. Oh, fanculo, fanculo fanculo fanculo!>> borbotto fra me e me, sbattendo i piedi sul pavimento.

<<Veramente, sono bloccato qui anche io.>>

Mi volto di scatto, pensando di avere le allucinazioni.
Sono totalmente certa di essere sola, qui.
Contrariamente alle mie aspettative, un ragazzo si presenta davanti a me.
Accenna un sorriso, grattandosi la nuca castana, e allunga una mano verso di me.

<<Dylan.>>

Lascia una stellina.💛
Ciao regaz, sono tornata con una nuova storia, spero vi piaccia! Fatemi sapere che ne pensate.

𝐀𝐩𝗼𝐜𝐚𝐥𝐢𝐬𝐬𝐞.- Dylan O'Brien ffDove le storie prendono vita. Scoprilo ora