Giovedì
Dante si alzò alle 3 del pomeriggio, come faceva di solito, e andò a lavarsi i denti.
Aveva fatto un sogno davvero strano, e così vivido.
L'ombra che si staccava dal suo corpo...e quel barbone...e la puzza.
Sembrava davvero reale.Quando entrò in bagno, trovò la sua ombra: indossava l'accappatoio rosa che aveva lasciato la mamma. In testa aveva una cuffia a fiorellini e ai piedi aveva due pantofoline pelose a forma di coniglietti.
L'ombra si coprì pudicamente con un asciugamano, lo spinse fuori dal bagno e chiuse a chiave la porta.Che cosa stava succedendo?
Era tutto così strano.
Dante non riusciva a credere ai suoi occhi.
Era tutto cominciato con lo schermo del cellulare.
Sì, era tutto cominciato da lì.
Ma dove lo aveva messo?
Con mani tremanti, Dante si frugò cercando il cellulare.
Rivoltò le tasche dei pantaloni senza trovare nulla.
Poi andò verso una sedia della cucina, dove giaceva appallottolato il giacchetto indossato il giorno prima.
Anche le tasche del giacchetto erano vuote.
L'ombra uscì dal bagno, si appoggiò con una spalla alla parete e si mise ad osservare Dante silenziosamente. - Ma certo! - Ora ricordava - L'ombra, me lo ha fatto cadere di mano stanotte. -
Quindi Dante, tornò all'ingresso ed aprì il portone di casa sua.
Forse il cellulare era ancora in quel vicolo.
E davanti alla porta, trovò sua madre.
- Se stavi venendo a prendermi alla stazione, ti avverto che sei mezz'ora in ritardo. -- Mamma, che sorpresa! Pensavo che saresti venuta nel fine settimana. -
- Oh cazzo! è arrivata mia madre. E adesso che faccio? - pensò Dante. Si guardò dietro le spalle per un attimo e vide l'ombra portarsi le mani al viso e piegare leggermente la testa di lato. Era una espressione di paura? Era difficile dirlo visto che l'ombra era, be...ecco...un'ombra. E non aveva i lineamenti. Era solo una silouette leggermente più scura del muro dietro di lei.
- Sta imitando una scena di mamma ho perso l'aereo? - Si domandò Dante.
Dante fece ben attenzione a tenere solo uno spiraglio della porta aperto, non voleva che sua madre vedesse la cosa nera che si muoveva per casa.
- Sono più di 12 ore che non chiami. Al telefono non rispondi. Credevo che fossi morto. - La signora, anziana ma vigorosa, fece per aprire la porta. Dante cercava di tenere la porta ma sapeva di non poter battere sua madre con quelle braccia da contadina.
- Perchè non mi fai entrare? -
- è che la casa non è tanto in ordine. -
- Sai che novità! Non capirò mai perchè sei andato a vivere da solo. Ti ricordi quando mi sono sentita male e tu non eri a casa per curarmi? - Sua madre stava lentamente ma inesorabilmente spalancando la porta.
Dante aveva la risposta pronta - Io mica faccio il dottore. E poi era solo una indigestione. -
- Stai zitto. Mi avevi detto che chiamavi... - Disse la signora con voce tremolante di commozione.
Le braccia di Dante cominciavano a fargli male per lo sforzo. - è davvero molto in disordine, mamma. -
- Mi stai nascondendo qualcosa? -
- Chi? Io? Ma figuriamoci. - Una goccia di sudore gli colava dalla fronte.
- Fammi entrare. -
- OK, mamma. Io ti faccio entrare, ma tu mi prometti che non ti arrabbi. -
- Certo che mi arrabbio. Adesso fammi entrare. -
- Prometti. -
- Dante Rossi, apri immediatamente questa porta. -
Questa volta sua madre aveva quel tono che non ammette repliche. C'era una spaventosa aura di minaccia in quelle parole.
Se solo quella maledetta ombra avesse capito la situazione. Non era il momento di andarsene in giro a bighellonare, questo. Dante si voltò nuovamente.
L'ombra proiettata contro la parete alle sue spalle penzolava lentamente a destra e a manca. I piedi sollevati dal suolo e sospesi. Sembrava tenuta dall'ombra di una corda o qualcosa del genere.
- Si è impiccata? - Pensò Dante - Stiamo scherzando? Non posso fare entrare mia madre con quella cosa proiettata sul muro. -
Dante fece un passo oltre la soglia e fece molta attenzione a chiudersi la porta dietro le spalle.
- Senti, mamma. Se ti faccio vedere la casa tu ti arrabbi. E passiamo tutto il giorno a litigare e pulire come al solito. Perchè invece non usciamo? -
- Usciamo...dove? - Il sopracciglio sinistro di sua madre si sollevò legeremente.
- Andiamo a mangiare fuori. -
- Sto ascoltando... -
- Poi torniamo a casa e almeno litighiamo a pancia piena. -
- Mi piacerebbe andare a mangiare fuori. -
- Anche a me. -
- Tuo padre non mi porta mai da nessuna parte. -
- Che mascalzone! - Disse Dante.
- Scusa papà, ma o te o me. - Pensò Dante.
- Allora siamo d'accordo? - Disse invece.
- Dove andiamo? -
- Al fast food qui all'angolo. Lo conosci, no? -
- Quel posto fetente? Sono sicura che il cibo farà schifo. - La signora portò i pugni alla vita e sbattè il piede nervosamente. - Andiamo al ristorante. Ma ti ci arriva la mano al portafoglio? Attento a non farti venire un ernia. -
Ottimo! Era fatta. - Allora andiamo subito. -
- Non dirmi quello che devo fare. Fermiamoci prima al bar che devo prendere un gatorade. Devo reintegrare i sali minerali consumati nello sforzo. -
- Che sforzo? -
- Quello di farti tirare fuori i soldi per il ristorante. Non mi sorprende che tu non trovi uno straccio di morosa. -
Alla fine offrì sua madre.
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Abnormal
ÜbernatürlichesQuesto racconto, da grande, voleva diventare un romanzo body horror. Ma, come spesso succede, la vita lo ha mandato su strade impreviste. Ha abbandonato gli studi e ora si accontenta di una piccola posizione nel busines del surreale. Il racconto par...