Prologo

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Sono nata e cresciuta a Wayne, anche conosciuto come "il buco nero", in una famiglia molto modesta ma piena d'amore. Nonostante vivessi nel quartiere più brutto del mondo i miei genitori hanno sempre cercato di non farmi mancare niente. La mamma e il papà si amavano molto ma a volte non andavano d'accordo e quando la sera papà tornava a casa ubriaco, ero costretta a nascondermi sotto il letto. Spesso veniva a farmi compagnia mio fratello Jacob, che per non farmi sentire la urla che straziavano le mie notti, mi abbracciava forte per non aver paura.

Quando papà se ne andò nulla fu come prima. Jacob dovette farsi carico della famiglia perchè ormai la mamma era caduta in una depressione profonda e sembrava un cadavere; quando dopo qualche anno si riprese iniziò ad uscire con delle amiche e io pensai che avrebbe potuto solo farle bene, ma una sera bevve così tanto da tornare a casa con un uomo. Nell'esatto momento in cui lei mise piede in casa trovò me e mio fratello sul divano dopo averla aspettata tutta la notte. Quando ci vide crollò in pianto isterico e iniziò ad urlarci contro che se il papà ci aveva abbandonati era solo per colpa nostra. Al tempo non riuscì a capire cosa intendeva la mamma ma diventando più grande quelle parole mi squarciarono sempre di più il cuore.

L'uomo che mise piede nella nostra casa quella notte a lungo andare divenne il compagno di mamma e mai immaginai che l'amore potesse essere così tossico. Si trasferì da noi insieme a suo figlio e se prima la situazione era tragica, con il loro arrivo diventò insostenibile. La mamma chiamava amore quello che c'era tra lei e quell'uomo, io la chiamavo resistenza. Vedevo i lividi sul suo corpo e vedevo come davanti ai miei occhi lui non esitasse ad umiliarla, era ormai diventata il suo oggetto personale ma lei non riuscì a reagire per per paura di perdere anche lui.

Gli schiaffi diventarono pugni, le sceneggiate diventarono umiliazioni, il sesso diventò un obbligo e l'amore diventò un illusione. 

Mia madre morì tra le braccia di quel mostro, senza più un minimo di dignità. Marchiata dai segni di un animale che non riuscì a tenere le mani apposto e la uccise con parole che rimasero incise nella mia testa. Da quel giorno vivo con lui, suo figlio Rider e mio fratello.

Ormai ho perso il conto delle volte che Rider venne ad infilarsi nel mio letto per soddisfarsi o che quello schifo di uomo cercasse pretesti per picchiarmi come la mamma. Ho sentito molte volte le loro mani sulla mia pelle, ho sopportato, ho pianto e ho cercato di reagire il più delle volte ma ora basta.

Sono stanca di vivere nell'orrore, mi sento oppressa e non riesco più a respirare. Me ne vado. Senza guardare indietro, senza addii, perché tanto nessuno sentirebbe la mia mancanza. Senza lacrime, perché io le ho finite e mi sono promessa di non piangere più per nessuno.

Me ne vado.

How To Save A SoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora