"Jasmine finiscila!"
"No. Mi sto divertendo troppo" 

Abbiamo finito di mangiare circa dieci minuti fa ma la signorina non era ancora piena e per questo le ho offerto i popcorn che c'erano nella dispensa ma invece di mangiarli si sta divertendo a lanciarmeli addosso. Cerco di sparecchiare e di sistemare un po la cucina mentre lei ride tenendo una mano sullo stomaco con le lacrime agli occhi.

Mi giro e la guardo seriamente nascondendo un sorriso, il pavimento della mia cucina è ricoperto di piccoli fiocchi bianchi e se questi non si trovassero anche nei miei capelli riderei anch'io. Quando nota la mia espressione si avvicina per poi sedersi sul ripiano del lavabo e inizia a sistemare il pastrocchio che ho al posto dei capelli, appoggio le mani ai lati dei suoi fianchi e lascia che le sue mani morbide mi cullino.

"Va meglio principessa?" chiede con un ghigno
"Potrebbe andare meglio se la mia cucina non fosse passata dall'essere nera a bianca" dico con un broncio finto mentre lei si beffa della mia reazione
"Dai, ti aiuto a pulire" dice scendendo dal ripiano e levando le mani dalla mia chioma facendomi mugolare. Le passo le scopa mentre io reggo la paletta osservando il suo corpo muoversi assieme ai suoi capelli ribelli che mi fanno impazzire.

"Cosa stai facendo?" chiede improvvisamente con un sopracciglio alzato
"Reggo la paletta" rispondo scrollando le spalle
"Non sapevo che reggere una paletta in un angolo della cucina fosse sinonimo di fare la statua greca" ammicca riversando tutti i popcorn nel cestino

Fermi tutti, cosa ha detto?

Amico ma hai sentito anche tu?

"Hai detto statua greca per caso?" chiedo con un sorriso malizioso 
"Si"
"Quindi per te sono bello" questa mia affermazione la stupisce ma poi scoppia a ridere e si dirige verso il bagno continuando a beffarsi di me.
“Non scappare ragazzina” urlo alle sue spalle raggiungendola. 

Quando entro in bagno la trovo in procinto di lavarsi i denti e imito il suo gesto.
“So che mi consideri bellissimo” gonfio il petto mentre sorrido al mio riflesso fiero della mia bellezza che però affianco alla sua viene messa in secondo piano.
“Smettila” ride lasciando uno schiaffetto sulla mia spalla 
“E’ inutile cercare di non rispondere, so che ammiri la mia figura”
“Alec ma che stai dicendo?” dice sempre ridendo, da quando è entrata in questa casa non fa altro che divertirsi ed è esattamente quello che voglio.

“Mi stai dicendo che non sono bello”
Mi guarda negli intensamente negli occhi per poi accarezzarmi la guancia destra delicatamente, sembra volermi dire molto ma dopo qualche attimo accenna un sorriso e scuote la testa di poco allontanando la mano.

“Sei… Guardabile” dice facendo una smorfia prima che la sua bocca venga incurvata da un ghigno parecchio divertito.

Ahia. Colpito e affondato.

Non ci credo, questa è una ferita all’orgoglio e la ragazzina non l’avrà vinta.

“Come scusa?” chiedo caricandola sulle mie spalle e dirigendomi verso il salone. 
“Alec! Mettimi giù!” si dimena sulle mie spalle e mi schiaffeggia la schiena. 
“Come sono io?”
“Bruttissimo” afferma ridendo a crepapelle 
“Risposta sbagliata” la butto sul divano e lei si alza subito iniziando a correre per tutta casa, sempre ridendo ovviamente.

“Questa è l’ultima possibilità per redimerti” mi avvicino mentre lei indietreggia “Come sono?” 
“Orribile” dice sorridendo fiera
“Jasmine!” mi butto nella sua direzione ma lei riprende a correre imboccando il lungo corridoio per poi entrare nella mia stanza. 

Brava ragazzina, ho vinto io.

“Hai appena messo piede nella tana del lupo” annuncio chiudendo la porta alle mie spalle. Quando realizza di essere nella mia stanza cambia espressione e si guarda intorno come sorpresa da ciò che la accerchia.

“Non puoi sfuggirmi ora” dico mentre mi avvicino e circondo la sua vita con le braccia.
“Anche se scappassi di nuovo tu mi troveresti sempre, ne sono sicura” assume un’espressione seria per poi appoggiare le mani sul mio petto.
“Non mi dirai mai perché sei scappata di casa, vero?”
“Ho bisogno di tempo” abbassa il capo tristemente.

L'abbraccio, forte perché vorrei tanto che lei non sentisse così tanto dolore o per lo meno che lo condividesse con me in modo da alleggerire il peso sulle sue spalle.Vorrei proteggerla perché so quanto è cattivo il mondo e nessuno merita di soffrire. Vorrei che lei trovasse in noi la casa da cui è dovuta scappare e non senta mai più il bisogno di fuggire da ciò che ama. Voglio stringergli la mano nei momenti belli e brutti per condividere felicità e tristezza, voglio che lei si fidi di me abbastanza da farmi curare le sue ferite che ancora bruciano e che lei sia l’unica al mondo a curar le mie. 

Ho bisogno di sapere che lei mi vuole al suo fianco e deve sapere che in me troverà sempre qualcuno su cui sorreggersi quando la terra cesserà sotto i suoi piedi.

Passo le mani tra i suoi capelli mentre nasconde la testa nel mio petto e le sue piccole mani esplorano la mia schiena; la prendo delicatamente in braccio lasciando che stringa le gambe attorno al mio addome. La porto accanto al letto e l'adagio facendo attenzione, come se fosse qualcosa di troppo pregiato per stare nelle mie mani. Faccio il giro del letto e mi stendo affianco a lei nella sua stessa posizione, con il capo rivolto verso il soffitto.

Dopo qualche minuto si gira verso di me e percorre con l’indice il mio volto; traccia le circonferenze degli occhi per poi scendere sul naso  ed infine soffermarsi sulla bocca. Il contatto con la sua pelle morbida mi fa socchiudere le palpebre lasciando piccoli baci sulla sua mano. Allungo il braccio e la avvicino al mio corpo, incrocia le sue gambe nelle mie e poggia il viso sul mio petto guardandomi intensamente. Quando insinuo la mano tra la sua chioma riccioluta fa un mugolio di piacere e accenna un sorriso.

“Ti manca la tua casa?” chiedo improvvisamente volendo sapere più su di lei
“Neanche un pò” piega il viso di lato addolcendo lo sguardo “Ho lasciato tutto di me in quella casa: le mie lacrime, le urla, momenti tristi ma anche i pochi momenti felici che ho vissuto là dentro. Mi hanno tenuta prigioniera per approfittare della mia innocenza e bruciando le ultime tappe di gioia che mi erano rimaste. Mi sentivo mancare l’aria, avevo bisogno di respirare di nuovo e di riparare le ali che mi erano state tagliate dai miei stessi cari. Volevo assaporare la libertà, volevo poter spiccare il volo.” 

I suoi occhi sono lucidi e sbatte più volte le palpebre per non crollare del tutto davanti a me. Ciò che ha detto mi ha messo i brividi e non pensavo si nascondesse tutto questo dolore dentro di lei, dolore contornato da rancore con un pizzico di odio. 

La guardo in tutta la sua bellezza e sento ancora di più la necessità di proteggerla.

“Mi insegni a volare Alec?” chiede sorridendo sull’orlo del pianto
“Ne sarei onorato” dico infine baciandole la fronte prima di addormentarmi abbracciato a lei.

How To Save A SoulDove le storie prendono vita. Scoprilo ora