5. Good things don't last

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Derry
2-08-1989
21:35

Otto ore prima che Eddie si riaddormentasse abbracciato a Richie, Bill Denbrough superò casa sua senza fermarsi, procedendo nel silenzio della notte. Pedalava in fretta nella strada deserta, alla luce calda e tremolante dei vecchi lampioni di Derry, mentre la luna spariva e riappariva tra le nubi scure del cielo.

Le parole di Anne riecheggiavano all'infinito nella sua mente, ma lui continuava a non coglierne il pieno significato.
Doveva scoprirlo. Era una necessità quasi fisica. E, per sua grande fortuna, il losers club comprendeva un giovane poeta che lo avrebbe potuto aiutare: Ben Hanscom.

Bill proseguì sul grigio asfalto della strada per un altro paio di miglia, raggiungendo così la casa dell'amico. Scese dalla bici nel tentativo di non svegliare l'intero vicinato a causa dello stridore dei freni. Appoggiò Silver ad uno dei lampioni che gli avevano illuminato il percorso, per poi scivolare in silenzio nel giardino di casa Hanscom e iniziare l'arrampicata, arrivando al tetto soprastante al portico in un paio di minuti.

Gattonò sulle tegole, graffiandosi il palmo delle mani, e bussò alla finestra della stanza di Ben. Oltre le tende sottili vide la luce di una torcia muoversi nel buio. Dei passi si avvicinarono al vetro dall'interno della stanza e Bill si ritrovò davanti ad uno dei suoi migliori amici. Questo lo guardò sorpreso prima di sollevare l'anta scorrevole.

«Bill?» chiese. Era in pigiama e teneva tra le mani un tomo spesso e dall'aria piuttosto noiosa.
«Devo farti una d-do-domanda» rispose Bill, sottovoce.
Ben alzò le sopracciglia, incuriosito, e gli fece cenno di continuare.
«Conosci un c-certo Ro-robert Forst?» domandò.

Ben incurvò il labbro inferiore in un'espressione interrogativa:«Non conosco un Forst, ma conosco bene un Frost» disse.
Bill arrosì:«Lui».

«Era un poeta americano - spiegò Ben - È morto una ventina di anni fa. Perchè ti interessa?»
Bill esitò un secondo, poi decise che si fidava abbastanza di Ben da raccontargli cosa fosse successo. Così iniziò a parlargli di Anne e del tramonto, tralasciando volutamente quel che non riteneva necessario. Quando arrivò alla parte di Frost Ben annuì:«Sì, è una sua poesia. Aspetta un secondo».

Andò alla sua scrivania ed estrasse carta e penna da un cassetto. Si appoggiò al ripiano di legno, spostando cumuli di cartacce e libri di scuola, mentre scriveva con espressione concentrata e tranquilla. Una volta finito, si voltò e porse il foglio a Billie.

Nella sua calligrafia chiara ed ordinata aveva scritto:

In Natura il primo verde è dorato,
e subito svanisce.
Il primo germoglio è un fiore
che dura solo un'ora.
Poi a foglia segue foglia.
Come l'Eden affondò nel dolore
Così oggi affonda l'Aurora.
Niente che sia d'oro resta.

Bill la lesse per due o tre volte, ma, come si è detto, la poesia non era il suo forte.
«C-che significa?» chiese confuso alzando lo sguardo dal foglietto. Bill amava leggere. Batteva anche Ben nel divorare mattoni immensi e grandi classici, tuttavia il suo cavallo di battaglia erano i libri d'avventura e i romanzi in prosa. Perciò si sentiva davvero un pesce di fronte ad un testo in versi.

Ben assunse l'espressione, e il tono, del grande critico letterario:«Che viviamo nell'effimero».

Non fraintendere, caro lettore: anche se il nostro balbuziente amico conosceva paroloni ben più lunghi di lui, di fronte al termine "effimero" si trovò spiazzato.

«Cioè?» chiese, sempre più confuso.
Ben sospirò:«Cioè, parla di quanto le cose belle scompaiano in fretta; un momento ci sono, il momento dopo non ci sono più. Frost dice che sono fatte d'oro, dunque preziose. È una metafora».

ɴᴏᴛʜɪɴɢ ɢᴏʟᴅ ᴄᴀɴ sᴛᴀʏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora