1. La mietitura

162 17 18
                                    

Corro a perdifiato in direzione del mio rifugio preferito: la spiaggia. L'unico luogo in cui riesco ad avere momenti tranquilli. Questi giorni non sono stati affatto tranquilli.Nel distretto 4 ci sono tante spiagge ma c'è una scogliera a picco sul mare con un appoggio per potersi rilassare ed ammirarlo in tutta tranquillità. È in assoluto il mio posto preferito, inoltre non è difficile raggiungere perché è abbastanza vicino alla mia casa. Durante il giorno intravedo dall'alto i pescatori intenti a svolgere il proprio lavoro, ma per il resto c'è solo silenzio e tranquillità. Oggi è diverso, però, nessuno lavora e ci si gode la mattinata, per prepararsi a ciò che qui viene chiamata la mietitura. Il distretto 4 è uno dei distretti più ricchi di Panem, la nostra nazione, e si affaccia sull'Oceano Atlantico e oggi per Panem è un giorno molto importante, perché malgrado le nostre differenze tutti nel nostro profondo attendiamo con ansia questo evento. Per i cittadini di Capitol City si tratta di un periodo dell'anno di puro svago, loro osservano tutto in televisione ed è la trasmissione più attesa in assoluto, mentre per i dodici distretti è un giorno piuttosto deprimente. Questo giorno, chiamato mietitura, non è altro che l'inizio di un evento annuale che serve a commemorare fatti avvenuti in passato. Oggi, quindi, verranno sorteggiati un ragazzo e una ragazza da 11 a 18 anni, due per ogni distretto, per partecipare a dei giochi mortali, gli Hunger Games. Ovviamente tutti i ragazzi sono costretti a partecipare e i loro nomi si trovano in una larga coppa di vetro. Secondo le regole a dodici anni si ha una sola nomina, quindi il proprio nome si trova una volta nella coppa di vetro, a tredici anni saranno due e via dicendo fino a diciotto anni, in cui si hanno sette nomine, l'età massima per partecipare. Per questo io, che ho quattordici anni, ho tre nomine, ma non è sempre così. Si potrebbe pensare che non si faccia distinzione tra ricchi e poveri, ma non è esattamente vero, perché chi non ha abbastanza cibo o soldi decide di farsi dare una tessera, che garantisce una scorta extra di cereali e altri prodotti. In cambio della tessera si ha una nomina in più e quindi più probabilità di essere pescato. Mentre ci sono persone, come nel mio caso, principalmente appartenenti ai ranghi più ricchi della società, che vengono addestrate tutta la vita per partecipare agli Hunger Games e che poi, ovviamente, hanno più probabilità di vincere, e questo accade principalmente nel mio distretto e nei distretti 1 e 2. Fosse per me parteciperei agli Hunger Games come tutti, senza sapere nulla e cercare di sopravvivere in base alle mie abilità, ma mio zio, che fa parte degli allenatori, lo ritiene indispensabile. Il più delle volte, inoltre, i ragazzi addestrati, una volta raggiunti i diciassette o diciotto anni, decidono di offrirsi volontari, ma è una cosa che probabilmente non farò mai. Il problema è che se si viene sorteggiati e nessuno è disposto a prendere il tuo posto non hai altra scelta, per questo non nascondo di essere preoccupato. Mi sfrego le mani e per calmarmi cerco di osservare le onde, che mi cullano e mi sento più tranquillo. Forse non ho motivo di agitarmi, perché, essendo addestrato, se venissi scelto forse ce la potrei fare, potrei vincere, vivere nel villaggio dei vincitori e avere tutto ciò che mi serve... ricchezza, gioielli...ma è davvero questo che voglio? Forse no, ma so che è ciò che mio zio e tutti gli altri si aspetterebbero da me. Oppure dentro di me desidero ardentemente fama e gloria, per avere una vita migliore rispetto a quella che ho adesso.

Mio zio è l'unico mio parente ancora in vita. Condividiamo il dolore per la perdita di mia madre, alla quale lui teneva in modo particolare. Mia madre mi ha partorito quando aveva solo diciassette anni, rimasta incinta di un uomo che dopo la notizia non si è fatto più vedere. Lei ha ritenuto troppo rischioso abortire in assenza dei mezzi necessari per farlo, così ha dovuto tenermi. A diciotto anni, però il suo nome è stato sorteggiato per partecipare agli Hunger Games. Mio zio avrebbe voluto offrirsi volontario, ma aveva superato il limite di età. Di regola il vincitore degli Hunger Games è colui che sopravvive, ma mia madre non ce l'ha fatta. Quando è morta mio zio ha avuto una specie di crisi che ha dovuto superare per potermi accudire, e così mi ha cresciuto da solo, ma ha dovuto affrontare un periodo molto difficile, che ancora sta vivendo. È stato mio zio a insegnarmi i trucchi del mestiere, come fare i nodi, anche quelli più complicati, pescare e usare il tridente, la mia arma letale, e ormai lo faccio con tale naturalezza che tutto ciò sembra come una parte del mio essere. Il suo lavoro provvede a mantenerci e io gli do sempre una mano per aumentare il profitto. Da quando mia madre è morta ha giurato che non mi sarebbe mai accaduta la stessa sorte così mi ha addestrato come fossi un Favorito per prepararmi se venissi sorteggiato, e per assicurarsi personalmente della mia adeguata preparazione, ha deciso di intraprendere la professione di allenatore. So che mio zio mi vuole bene, non posso dire esattamente che sia come avere un padre o una madre, ma è sempre meglio di niente. A volte è un po' troppo esigente e spesso si vanta della mia bellezza e delle mie capacità che suscitano invidia nei confronti degli altri, il che mi infastidisce. Non capisco cosa ci sia da invidiare, dal momento che la mia vita rasenta la monotonia. Mi sveglio all'alba, raggiungo la spiaggia, mi alleno, vado a scuola, aiuto mio zio con il lavoro, mi alleno ancora. Le mie abitudini non cambiano mai ed una qualsiasi violazione di esse comporta una severa punizione. Ma so che ciò che faccio non è assolutamente paragonabile alla vita di un normale ragazzino di quattordici anni, per quanto cerchi di esserlo. Nel mio profondo so di essere diverso da tutti gli altri e non solo perché sono molto più responsabile e preciso e perché ho imparato a badare a me stesso praticamente da quando sono nato ( o meglio da quando il nome di mia madre è stato pescato da quella dannata boccia di vetro), mi sento come se le onde ed il tridente siano le poche cose che mi tengono ancorato alla vita, che siano in grado di rendermi tranquillo e che mi permettano di essere me stesso. È per questo che nella mia impegnata e monotona vita cerco di ritagliarmi momenti stupendi come questo, rimanendo semplicemente immobile, a osservare il mare, apparentemente senza problemi o pensieri, ma è un sogno che dura così poco, perché si sa, le cose belle passano in fretta, mentre ciò che mi aspetta durerà così tanto che probabilmente non mi abbandonerà mai.

Rimango a guardare le onde finché non sento i rumori della gente che raggiunge la piazza è capisco che il mio momento di pace è finito. Mi alzo in piedi, se pur controvoglia e mi avvio verso la piazza. Stare in mezzo alla gente non mi piace, preferirei di gran lunga la solitudine, con il mare e il mio tridente come unici compagni di avventure. Stare da solo mi aiuta a riflettere e a decidere ciò che è giusto. Mentre raggiungo la piazza, un luogo solitamente allegro, ad eccezione di oggi, incontro alcuni ragazzi e mi unisco a loro. Dei brividi mi percorrono la schiena osservando la coppa di vetro che ora si trova su una pedana di legno, sulla quale trova il sindaco, un uomo grasso e burbero.

Assorto dai miei soliti pensieri, non ho fatto caso al discorso del sindaco riguardo ai Giorni Bui e alla distruzione del distretto 13 che ha portato alla creazione degli Hunger Games, così mi accorgo che una donna dagli abiti e dall'acconciatura stravagante, chiamata Betty Evensburg, accompagnatrice dei tributi, incomincia a dire:

- Che possa la fortuna essere sempre a vostro favore!-. E' una frase così frequente che puntualmente io e i miei compagni le facciamo il labiale, prendendola come una frase buffa, che rappresenta qualcosa di normale, come se questo giorno sia una normalissima e noiosissima riunione annuale che non ci riguarda, e non come un vero e proprio buon auspicio. Dopodiché si avvicina alla coppa che si trova a destra, legge con voce stridula il primo delle ragazze:

Emmeline Bargshote

Si fa avanti a passi esitanti una ragazza di circa tredici anni anni dallo sguardo intimorito e prende posto sul palco, accanto ai mentori del nostro distretto. Un mentore è un vincitore degli Hunger Games che svolge come unica professione quella di aiutare i tributi a guadagnare sponsor e a vincere. Nel nostro distretto i vincitori sono piuttosto frequenti, per questo ne abbiamo tre, ma ci sono molti distretti che ne hanno solo uno come nel caso del 12. In realtà il distretto 4 ha avuto qualche altro paio di vincitori, ma sono deceduti, chi per vecchiaia e chi per ragioni ignote. Li guardo uno per uno e vedo una donna anziana di nome Mags, che ha vinto gli undicesimi Hunger Games. Mi è sempre sembrata una brava persona e penso che sarebbe un buon mentore. Alla sua sinistra si trova Gerrard Jakcfer, un uomo antipatico e presuntuoso. Ha vinto i sessantesimi Hunger Games, quindi è ancora piuttosto giovane, ma è conosciuto da tutti per il suo caratterino. Il terzo mentore, che in realtà svolge solo il ruolo di assistente, è suo cugino Javier Jackfer, che ha vinto esattamente due anni dopo Gerrard.

Rivolgo gli occhi in direzione della ragazza che è stata sorteggiata, che ha i capelli castani chiaro avvolti in una lunga treccia e gli occhi marroni. Mi sembra che abbia un volto familiare. Dai vestiti che indossa sembra una ragazza piuttosto povera e mi immagino lei all'interno dell'arena, con quel volto spaurito e il terrore negli occhi. Stranamente nessuno si offre volontario al suo posto, malgrado sia una cosa piuttosto frequente nel nostro distretto. Adesso è il turno dei ragazzi e il mio cuore comincia a martellarmi nel petto. Betty Evensurg tira vuoti dalla boccia di vetro un biglietto e lo apre. Più di ogni altra cosa al mondo in questo momento vorrei avere un tridente in mano, perché il più delle volte mi infonde sicurezza, così mi limito ad immaginarlo. Mi balenano nella mente immagini della mia barca a vela, del mio braccio allungarsi scagliando il tridente nel collo di un paio di pesci e mi rilasso al solo pensiero. Faccio un sussulto quando vedo la folla aprire un varco per lasciarmi passare. Betty Evensburg ha detto il mio nome:

Finnick Odair

FINNICK ODAIRDove le storie prendono vita. Scoprilo ora