3,1 Un brutto presentimento

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5 anni dopo

I soli scottavano, spietati, la sabbia sembrava ribollire, l'aria pareva liquefarsi vicino al suolo. Erano le undici del mattino, e il metallo rovente dei vaporatori bruciava nell'atmosfera infuocata di Tatooine, produceva perfino una sorta di sfrigolio al contatto con la pelle. L'ombra del vaporatore era troppo corta per offrire un riparo. Il diciottenne Luke, che ormai aveva sostituito la madre non più giovane nella maggior parte dei lavori manuali, sentiva il proprio corpo sul punto di fusione, e aveva finito l'acqua: nonostante avesse sotto gli occhi due dozzine di contenitori pieni, non poteva berne, perché dovevano essere portati ad Anchoread. E non aveva ancora finito di svuotare i più di cento vaporatori che circondavano la fattoria.

Per fortuna Leia stava arrivando. Dopo aver parcheggiato il vecchio landspeeder, la ragazza scaricò una serie di taniche vuote, le mise in una cassa di legno e raggiunse il fratello.

"Ciao" salutò, asciugandosi la fronte con la manica.

"Ciao" rispose Luke, sollevando una mano sporca di olio. Sembrava che tutte le bruciature e cicatrici che erano state su mani e braccia della madre si fossero spostate sulle sue.
Prese una tanica più piccola che la sorella aveva lasciato apposta piena e bevve avidamente.

"Quante ne hai riempite?" domandò Leia. Il suo compito era portare in città le taniche riempite da suo fratello con i vaporatori, facendo anche quattro viaggi in una mattinata. Era molto faticoso, logorante, e la ragazza era già esausta a mezzogiorno.

"Ventisei" rispose Luke. "Rimani qui qualche minuto, parti quando arrivo a trentacinque. Così non devi fare la strada due volte".

"Va bene" assentì Leia. "Ti aiuto?".
"Se vuoi... grazie".

Con quattro braccia invece di due, i gemelli terminarono il lavoro più in fretta, e prima di mezzogiorno furono pronti a consegnare l'acqua raccolta. Luke si offrì di accompagnare la sorella dato che lei l'aveva aiutato a finire il suo lavoro. Anche se non aveva la fatica prettamente fisica di sollevare e spostare le taniche piene o di montare, smontare e riparare i vaporatori, Leia era sottoposta a un compito tanto gravoso quanto quello del fratello.

Prima di partire entrarono in casa ad avvisare la madre e a chiedere cosa dovessero fare. Padmé, con indosso una vestaglia svolazzante nel tentativo di allontanare l'afa estiva, stava preparando il pranzo.

"Ciao, ragazzi" salutò la donna. "Avete finito?".

"Quasi" rispose Luke. "Andiamo in città insieme, per le ultime trentacinque. Dove dobbiamo consegnarle?".

Padmé si lavò le mani e andò a prendere un foglietto pieno di appunti; non appena lo lesse assunse un'espressione grave. "La rimessa degli Hutt, fuori Anchoread" disse. "È la prima volta che chiamano noi, forse il loro fornitore di acqua è fuori servizio".

Leia aggrottò la fronte. La rimessa degli Hutt era in realtà una specie di grande magazzino, principalmente di armi, sorvegliato da brutti ceffi affiliati con Jabba che avevano bisogno di acqua solo per i servizi igienici. Era un luogo che non le era mai piaciuto, e aveva una strana sensazione al riguardo.
"Non lo so, ho un brutto presentimento" disse, la voce bassa.

"Un brutto presentimento?" domandò Padmé. Quell'ultima frase le ricordava tanto Anakin nei suoi momenti di crisi.

"Sì" disse la ragazza. "Ma probabilmente non è niente, sono solo stanca. E poi oggi viene Luke con me".
Il fratello la guardò con un'espressione incomprensibile.

L'atmosfera nella stanza si era fatta tetra, e Leia sperava di concludere il lavoro il più presto possibile. "Sarà una cosa breve, no? Andiamo e basta" disse, tesa.

"Bene" mormorò Luke. "Torniamo per pranzo".

"Avete il fucile?" chiese ansiosamente Padmé.

"È sullo speeder" rispose la figlia.

La donna preoccupata guardò con apprensione mentre i ragazzi si allontanavano, chiedendosi cosa fosse quel presentimento. Leia non era solo stanca, ma non poteva rivelarglielo. Non appena i suoi figli furono usciti, Padmé maledisse Obi-Wan ad alta voce.

I gemelli nel frattempo, si dirigevano spediti verso la periferia di Anchoread - il deserto aperto, secondo Luke, era l'ambiente più simile allo spazio quando si trattava di guidare a tutta velocità. Leia, ormai, si era rassegnata a lasciarlo volare come preferiva.

Arrivati in città, attraversarono le vie meno battute e più povere; alcuni bambini schiavi li seguorono di corsa, gridando felici, meravigliati alla vista di uno speeder così bello (che in realtà era ormai scassato e già quando era nuovo non era di ottima qualità). Impietositi, accostarono per lasciare ai piccoli di strada un sacco di pani che tenevano nel bagagliaio; un bambino twi'lek abbracciò Leia e ringraziò in huttese.

"Se penso che stiamo portando l'acqua ai padroni di questi bambini..." mormorò Luke quando ebbero superato la piccola folla.

"Non me ne parlare" rispose Leia. "Mamma dice che nostro padre era uno schiavo liberato, e mi sembra molto stupido lavorare per quelle persone che lo sfruttavano"

"Questa è l'ultima volta che consegniamo qui" concordò il fratello "e lo diremo". Leia annuì con energia.

Proprio in quel momento arrivarono a destinazione e misero a tacere tutte le loro preoccupazioni e l'indignazione verso i clienti. La rimessa degli Hutt era una struttura piatta, con un solo piano al livello del suolo; l'ingresso era una pesante saracinesca color rame, simile a quella del Palazzo di Jabba. Due guardie gamorreane sorvegliavano l'entrata.

"Buongiorno" disse Leia, scendendo dallo speeder. "Siamo i raccoglitori di umidità, abbiamo l'acqua per la rimessa".
I due custodi grugnirono senza neanche salutare - forse non parlavano nemmeno il Basic - e aprirono la monumentale porta rivelando un corridoio buio.

I gemelli si scambiarono un'occhiata perplessa di fronte all'implicita autorizzazione ad entrare.
Seguirono le due rivoltanti guardie all'interno di quel fosco pertugio, notando le porte ai lati simili a quelle di una prigione: dietro esse, probabilmente, c'erano le famose armi di cui gli uomini di Jabba si occupavano attraverso il contrabbando.

In fondo al corridoio si apriva uno spazio quadrangolare, non molto ampio, dalle pareti grigie; un ventilatore obsoleto e cigolante rinfrescava l'aria per i due occupanti della stanza, seduti dietro una scrivania. Uno era umano, l'altro di una specie che Luke e Leia non avevano mai incontrato: un aqualish. Brividi percorsero la schiena di entrambi.

"Benvenuti" disse l'umano, alzandosi in piedi. "Dov'è l'acqua?".

"Di fuori" rispose Luke. "Andiamo subito a prenderla".

"Aspetta" disse l'aqualish. "Vengo io con te, quelle casse pesano come il kriff . Non è un lavoro per una donna".

Luke non seppe cosa dire; voleva risparmiare la fatica a Leia, ma l'intera faccenda non gli piaceva affatto.

"Lei, signorina, rimanga qua. Dobbiamo gestire i conti" disse l'umano.

"Non c'è forse un prezzo prestabilito?" ribatté Leia, non facile a corrompersi.

"Questa è la prima consegna, e forse ce ne saranno altre" replicò l'uomo. "Contrattiamo. Sicuramente troveremo il modo di metterci d'accordo".
A malincuore, Leia si sedette sulla sedia lasciata libera dall'aqualish, lanciando un'occhiata confusa a suo fratello. La situazione non le stava piacendo.

Lontano dall'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora