4,15 Come fidarsi di un amico

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Miglia e miglia sopra il suolo di Yavin IV, Luke apriva e chiudeva i pugni intorno alle barre di comando del suo X-Wing, sudando freddo e cercando di controllare quella che sembrava una corrente elettrica continua nelle sue gambe. Un istante prima aveva risposto all'appello del comandante e si era sentito euforico, potente; ora era come se tutto il suo coraggio avesse deciso di tornare alla base. La Morte Nera si avvicinava sempre di più, massiccia e spaventosamente liscia, perfetta, immobile: era come se non avesse difetto, come se non potesse commettere un errore.

Era una guerra, una guerra impari. Una guerra vera. Come si faceva a non essere spaventati?

"Lastre S in posizione d'attacco P2" disse all'improvviso Capo Rosso, distogliendo l'attenzione del ragazzo dal suo terrore. "Stiamo attraversando il loro campo magnetico. Reggetevi! Accendete i deflettori. Doppia linea di fronte".

Luke aveva imparato soltanto da poche ore cosa fosse una posizione d'attacco P2, ma se lo ricordò subito: il nuovo comando, pur incapace di scacciare la sua paura, gli diede in quache modo una scarica di adrenalina.

"Guarda quanto è grosso quell'affare" commentò un altro pilota, il Wedge che aveva conosciuto alla base. Luke si sentì un po' meno rilassato quando queste parole gli giunsero alle orecchie, ma si impose di non pensarci.

"Niente chiacchiere, Rosso 2" stava rispondendo il caposquadriglia. "Accelerate a velocità di attacco. Ci siamo, ragazzi".

Luke eseguì questo e tutti i comandi successivi, rendendosi conto solo in parte di quello che stava facendo.

Ed era sopra la Morte Nera, volava a una distanza infima dalla sua superficie grigia. Da vicino non era più liscia. La squadriglia iniziava a disporsi, con alcuni piloti che si dirigevano verso il canale bersaglio mentre altri attiravano il fuoco nemico. Perché ora esisteva un fuoco nemico: dozzine di torrette dall'aria innocua, invisibili da una maggiore distanza, avevano iniziato a dirigere raffiche laser contro i veicoli della Ribellione.

Da quel momento, spinto un po' dagli ordini di Capo Rosso e un po' dal proprio istinto di sopravvivenza, Luke fece una serie di cose che un'ora più tardi non avrebbe saputo ricordare: sfuggì a un colpo, si preparò a evitarne un altro, sparò a propria volta contro una torretta - forse l'aveva perfino distrutta. Era solo vagamente consapevole della situazione, così come aveva rinchiuso inconsciamente in un angolo del suo cervello quella vocina che gli ricordava che ogni raffica verde avrebbe potuto ucciderlo.

Finché non si impadronì di lui un senso di sicurezza che solo poche volte aveva sperimentato nella sua vita, una freddezza poco familiare alla sua indole. Era di nuovo a Beggar's Canyon ed era il più bravo di tutti. Qualcuno doveva tentare di chiudere subito i conti.

"Rosso 5" si annunciò nell'interfono. "Io provo a entrare". 

Virò bruscamente e si diresse verso il canale bersaglio, distruggendo un'altra torretta e allineandosi con il percorso da seguire...

Uno scossone, un pessimo odore di bruciato e lo strillo quasi umano di R2-D2 dissero a Luke che era stato colpito. Sotterrò immediatamente il panico: niente di essenziale era stato danneggiato e il droide astromeccanico stava già contenendo i danni. Il ragazzo sospirò, spazzando via dalla mente il pensiero della morte.

"Tutto bene, Luke?" domandò una voce nell'interfono. Biggs.

"Sono un po' arrostito, ma sto bene" rispose Luke. Sentì un'ondata di sollievo non suo. Leia.

"Fate attenzione!" disse ancora la voce del capo nell'interfono, riportandolo alla realtà. "Viene un gran volume di fuoco dalla torre di destra".

"Ci sono sopra" replicò Luke. Se entrare nel canalone non era alla sua portata, almeno poteva aiutare gli altri piloti a non essere carbonizzati dai laser... soprattutto perché Biggs era tra questi. Il suo migliore amico, infatti, aveva appena annunciato di volersi dirigere verso il bersaglio insieme a un certo Porkins, che lo copriva.

Lontano dall'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora