Ubi Maior Minor Cessat

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Claude stingeva con forza il fazzoletto di seta che aveva in mano in moto di nervosismo o di rabbia, non lo sapeva neanche lui. Si era davvero lasciata incantare da quel capitano da quattro soldi?  La credeva una ragazza con maggiori valori, ma d'altronde era una gitana, cos'altro poteva aspettarsi dalla sua cultura così primitiva?

Si accorse di guardarla con troppa insistenza ed abbassò velocemente lo sguardo. Lei dal canto suo lo guardava con aria più docile senza sapere cosa fare o dire, aspettando che fosse lui a fare la prima mossa, ma così non fu.
Rimasero in silenzio in un imbarazzo mostruoso, quando lei, la più coraggiosa dei due a detta dell'uomo , tentò un approccio.

<<Buon pomeriggio>>

Approccio banale si disse il prete, ma almeno lei aveva parlato.

<<Buon pomeriggio>>

Rispose lui pacato, quasi con monotonia, rimanendo sempre attaccato con lo sguardo al suolo.

Faceva freddo fuori, in altre occasioni avrebbe inventato qualche tipo di scusa per tornarsene al caldo nelle sue stanze , ma voleva che Esmeralda parlasse, la voleva sentire, magari dedicargli anche delle scuse sul perché fosse così attaccata a Phoebus. Il solo ricordo lo fece ammattire.

<<Il capitano delle guardie ed io ci siamo incontrati ieri dopo la festa, si era offerto di farmi fare un giro in città ed io ho accettato>>

Quasi come se lo avesse sentito cercò di giustificarsi. A Claude fece enormemente piacere che non diede però a vedere. Con un suono basso quasi simile ad un ringhio annuì tornando a guardarla.

<<Non giustificatevi, non è affar mio il vostro rapporto con quell'uomo>>

Ed era vero, ma avrebbe voluto diversamente. Sentì brividi freddi e caldi lungo la schiena, non sapeva ben indicare se provenissero dalla presenza della gitana o dall'arrivo di qualche tipo di influenza, ma non si mosse, restò li e ci sarebbe rimasto finché Esmeralda stanca di lui non se ne sarebbe andata.

<<Io credo di avervi fatto un torto ieri alla festa, è vero ve lo avevo promesso, ma avevo voglia di rivedervi>>

Il prete si sentì mancare. La ragazza ora si guardava i piedi nudi che si torturavano l'un l'altro e poteva giurare che lo stesso lavoro lo stessero facendo le dita delle mani che teneva nascoste dietro la schiena. Che fosse in imbarazzo? Arrossì portando anche lui gli occhi di nuovo verso il suolo. Dio sembrava uno scolaretto, avesse avuto un minimo d'esperienza avrebbe evitato tanto disagio da parte di entrambi.

<<Non importa più ormai, anzi, vorrei cogliere l'occasione per scusarmi, vi ho detto parole poco felici ieri, per giunta davanti a tutte quelle persone. Me ne rammarico>>

Non poteva vederla ma la sentì irrigidirsi sul posto. Il cuore del curato batteva ad un ritmo mai sentito, faticava a respirare e si concentrava su ogni sensazione che la zingara gli dava. Si beava di lei, della sua timidezza, gentilezza, candore e mille altri aggettivi che esprimevano purezza. Purezza che Claude vedeva solo per metà, il resto era fascino per il suo corpo, per il suo viso, per i suoi capelli, per tutto il suo essere carne.

<<Non vi scusate, non con me, sono solo una povera gitana>>

Disse lei sorridendo tra il triste ed il timido, Frollo in un gesto quasi istintivo le si avvicinò lentamente quasi avesse paura a spaventarla.

<<Sono tutti uguali agli occhi di Dio>>

<<Non è quello che dicono gli altri uomini di chiesa>>

<<Mi sento offeso, vuol dire che lo stesso trattamento che riservate a me lo concedete anche agli altri curati?
>>

Si morse la lingua, un tentativo fallito e stupido di flirt, ecco cos'era, si maledisse con tutte le forza riprendendosi solo quando la ragazza cominciò a ridere, una risata vera, sincera. Caspita Claude aveva acquisito anche il senso dell'umorismo in quel periodo.

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