Capitolo 5

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Anche il giorno successivo iniziò nel migliore di modi. Mi bastò arrivare in ufficio e imboccare il corridoio verso la mia scrivania, che mi si stampò in faccia un bel sorriso a trentasei denti. Le prospettive di trascorrere la giornata in allegria erano rassicuranti.

Ciò che si presentava davanti ai miei occhi era un raro fenomeno di arcobaleno umano. Quella mattina Angela Quattrogambe aveva deciso di deliziarci con un abbigliamento alquanto pittoresco, che la faceva somigliare più a un tendone da circo che a un esemplare femminile di essere umano. Dall'episodio trassi subito nette conclusioni sull'equilibrio psichico della persona che aveva scelto di confezionarsi in quel modo. Ammetto con giudizio un po' superficiale ma con buone probabilità, del tutto azzeccato. L'abito non fa il monaco e mai espressione fu più sbagliata.

L'occasione era propizia per due salubri risate con il mio amico Walter.

Lo chiamai al telefono invitandolo ad affrettarsi a raggiungermi per assistere al cataclisma di colori che mi aveva fatto trasalire.

Arrivato, guardò la collega e poi guardò me con aria interrogativa.

«Be', che c'è?» mi chiese con un'espressione apparentemente assente.

Ero certo che presto da quella bocca sarebbero uscite delle battute esilaranti che mi avrebbero fatto ghignare per tutto il pomeriggio.

«Ehi, Walter», feci io trattenendo a fatica una risata, «hai visto come si è combinata quella? Un tendone da circo sembra! Una che si concia così, avrebbe bisogno di una bella seduta dallo psicologo! Ah Ah Ah! Ci devono essere dei motivi molto seri che spingono un essere umano ad abbinare il giallo con il viola, l'arancione e l'ocra e un'altra mezza dozzina di colori a casaccio», continuai ridacchiando, prima di passare la palla a Walter in quello spassoso gioco a due che tante volte ci aveva fatto contorcere dalle risate. Uno dei due iniziava e l'altro si attaccava come un'ape al miele. Era sempre stato così.

«Dai Ga, non esagerare. Scusa ma ho da fare», mi rispose invece il mio socio.

Non afferrai il senso del suo tagliar corto. Che cosa mai poteva avere di così importante da negarsi due risate con il suo migliore amico? Non aveva mai rinunciato a quattro chiacchiere, neanche quando la scrivania spariva sotto montagne di scartoffie. Ma per un motivo che ancora mi sfuggiva, quel giorno Walter aveva deciso di spezzare una lancia in favore dei tendoni da circo e di buttare alle ortiche il nostro gioco di squadra.

«Ammetto che non sia proprio il massimo, ma se lei si piace...».

Non fu ironia quella che uscì dalla sua bocca, ma un'aberrante tolleranza sconfinante in deprecabile indulgenza nei confronti del tendone, il che mi fece sospettare che forse Walter, da bambino, fosse stato un così devoto frequentatore di spettacoli circensi, che farne dell'ironia gli era diventato del tutto impossibile. Forse se avessi scelto un'altra immagine che non risvegliasse in lui zuccherosi ricordi d'infanzia, che ne so se avessi scelto una mongolfiera o un dirigibile, be' forse il mio amico non avrebbe perso tempo e si sarebbe lanciato in battute che mi avrebbero fatto ridere a crepapelle. Mea culpa.

«Lei si piace così? Ma come diavolo fa una a piacersi combinata in quel modo? Non c'è un colore che non faccia a pugni con tutti gli altri. Ma dico, l'hai visto quel verde pisello?» ribattei io.

«A te non piacerà quel verde pisello, ma magari qualcun altro potrebbe impazzire per quel verde pisello e trovarlo perfetto accanto al viola. È tutto relativo al mondo».

Lo guardai storto e vagamente infastidito. Avevo sempre creduto che ci fossero solo valori assoluti al mondo e il folle tentativo di Walter di convincermi che il verde pisello e il viola potessero convolare a felici nozze non faceva che rafforzare le mie convinzioni.

Un equo indennizzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora