Capitolo 20

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E alla fine arrivò il giorno delle nozze.

La cerimonia era prevista per il tardo pomeriggio nella chiesa del paese natio degli sposi, Corte degli Ulivi, un villaggetto di mille anime e poco più, distante solo qualche chilometro da casa mia, e che a discapito del nome suggestivo non sfoggiava neanche un ulivo tra la sua vegetazione.

Come richiesto nell'invito indossai il frac. Nero, demodé e terribilmente costoso. Sebbene fosse un abito decisamente ridicolo, guardandomi allo specchio prima di uscire di casa mi trovai straordinariamente elegante, tanto che mi feci una foto per immortalare il momento.

Arrivato a pochi metri dalla chiesa, vidi sul sagrato gli altri invitati, sparsi un gruppetti rumorosi e festanti. Era un tripudio di eleganza, o presunta tale. Fu divertente constatare che tutti gli uomini indossavano il frac. Nessuno sembrava aver preso quell'invito alla leggera. Il risultato non era sempre apprezzabile, ma il tentativo era pur sempre lodevole. Zio Giulio non era l'unico ad assomigliare più a un robusto pennuto che a un elegante gentiluomo. Quanto alle signore poi, l'eccitazione per la ricerca dell'abito di gala doveva averle impegnate parecchio, considerato lo sfavillio di luci e colori con le quali avevano agghindato le loro non sempre esili corporature, e che le faceva assomigliare a delle deliziose uova di Pasqua ambulanti.

Mi guardai attorno in cerca di facce note e riconobbi amici e parenti dello sposo. E vicini di casa. Tanti vicini di casa. Sospettai che per non far sgarbo a nessuno, gli sposi avessero invitato tutti i residenti nel raggio di un chilometro, e per un paesino di mille anime non era poco. Tra tutta quella gente, ci avrei scommesso che si nascondesse più di un habitué del matrimonio a sbafo. Sperai almeno non si fossero scordati di invitare proprio la mia dolce Elvira, mai occasione sarebbe stata più propizia per rifarmi della figuraccia del merluzzo.

Dopo essermi avvicinato ai genitori di Walter e averli salutati con cordialità, ricevendone in cambio altrettanto — sua madre aveva sempre mostrato una lodevole simpatia per il migliore amico di suo figlio — stavo spostandomi verso il portone della chiesa quando strabuzzai gli occhi dallo sgomento. Ma cosa diamine ci faceva lei al matrimonio di Walter? Io avrei dovuto essere l'unico collega. Così mi aveva detto lui. Ora, non mi sarei stupito se in quel marasma avessi avvistato le facce di Alfredo o Felice, anzi non mi sarebbe neanche dispiaciuto, ma Brigida invece, che cosa diamine ci faceva lei al matrimonio di Walter?

Evitai il suo sguardo, mi feci largo tra cugine grassocce e vecchie zie in discutibile stato di conservazione, e puntai dritto verso lo sposo, che stazionava davanti all'ingresso della chiesa in evidente stato di agitazione, in attesa dell'arrivo della futura consorte.

«Perdinci, cosa ci fa lei qui?».

La faccia tirata del mio amico la diceva lunga sul suo stato d'animo.

«Ah, hai visto la vipera? Credimi, non ho potuto fare altrimenti, non te l'ho detto per non irritarti. A farla breve, all'ultimo minuto ho scoperto che è la nuova fidanzata del migliore amico del marito della sorella di Lisa».

«E allora?».

«E allora il marito della sorella è un tipo un po' musone, non parla molto con chi non conosce e Lisa ha pensato che gli avrebbe fatto piacere avere accanto il suo migliore amico. Ho provato a oppormi, ma Lisa non ha voluto sentir ragioni».

«Che cognata premurosa. Non so perché ma ho quasi il sospetto  che la tua signora fosse sicura di farmi un piacere».

«Ti prego, evita battibecchi con la mia futura moglie, abbiamo già discusso a sufficienza per questa storia».

«Mi auguro almeno abbiate invitato Elvira».

«No, Lisa ha pensato che non fosse una buona idea».

Un equo indennizzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora