Capitolo 21

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Da quell'inseguimento al Grand Hotel Des Bains erano passate settimane. Presto la primavera avrebbe lasciato il posto all'estate, poi le foglie sarebbero cadute copiose dai rami degli alberi e qualche settimana dopo avremmo battuto i denti, infagottati in maglioni pesanti. Walter avrebbe fatto la sua felice vita da felice uomo sposato, e per me la vita d'ufficio sarebbe proseguita con la solita routine, pesante come un macigno.

Era questo il genere di pensieri che mi frullavano per la testa appollaiato su uno sgabello del bar in giardino, alla fine di quell'estenuante cena da poco conclusasi con il taglio della sfarzosa torta a tre piani.

Intanto, dentro la festa continuava tra balli frenetici e champagne.

«Sveglia! Che fai? Te ne stai solo qui a sonnecchiare invece di farti un goccetto con il tuo collega neo sposo?».

La voce squillante di Walter, resa ancora più squillante del generoso tasso alcolico che gli scorreva nelle vene, mi destò dal torpore dei miei pensieri.

«Non sonnecchiavo affatto», risposi laconico.

«Umm... E se mi permette, su che cosa rifletteva buon uomo? Sulla pace nel mondo, sull'economia mondiale, sul senso della sua miserabile quanto inutile esistenza?».

«Ovviamente su questo e molto altro. Ho una mente molto veloce io, non sottovalutarmi».

«Allora non essere avaro di parole e dimmi, per quale motivo hai quella faccia imbronciata?».

«Nulla... be', insomma per la verità pensavo a quando me ne stavo a penzoloni dal balcone».

«Ah, ancora con questi brutti pensieri?» mi rispose lui quasi infastidito dalle mie parole. «Non sei capace di voltare pagina e dimenticarti di questa storia? Cominci a diventare noioso, sai? Fai come me, trovati una donna e sposatela, vedrai che non avrai più tempo per autocommiserarti».

Passai qualche istante a fissarlo.

«Sai, forse hai ragione». Aggrottai la fronte.

Walter spalancò gli occhi. «Oh mio Dio! Cosa sentono le mie orecchie? Il vecchio Ga che ammette di essersi sbagliato? Accorrete, Ga ammette di essersi sbagliato». Il mio amico rideva beato come uno che aveva troppo alcol in circolo. «Ma... di cosa ti sei sbagliato?».

«Ovviamente non sul fatto che dovrei trovarmi un'anima gemella come la tua con cui coronare il mio sogno d'amore, ma sul fatto che forse tu abbia fatto la scelta giusta. All'inizio non ho fatto mistero di non essere molto convinto che la tua improvvisa decisione di sposarti fosse saggia. Pensavo che prima o poi avresti fatto marcia indietro, che avresti cambiato idea, ma devo ammettere che le mie previsioni si sono rivelato del tutto errate. Eccoti qui, sereno e convinto uomo sposato. Ti devo le mie scuse».

«Ma che ti prende? Smettila, che spaventi», ribatté Walter, quasi imbarazzato.

«Ti sto facendo le mie scuse, non sei contento? Mi scuso per non aver creduto in te. Sul tuo matrimonio non avrei scommesso una rapa, ma mi sono sbagliato, l'hai preso proprio come andava preso, sul serio. Non l'avrei mai detto, ma sei stato un fidanzato affidabile. E fedele. Avrei giurato che dopo settimane di preparativi tête-à-tête con la tua dolce metà ti sarebbe venuto il panico da matrimonio, avresti compreso cosa sarebbe stata la vita da sposato e ti sarebbe venuta voglia di brucare altra erba. E invece mai una volta che ti abbia beccato a tubare con qualche cameriera avvenente, mai un cedimento, mai un barlume di tradimento. Una colonna non avrebbe potuto essere più salda».

«Smettila dai... ti ringrazio dei complimenti ma non è il caso che ti scusi... andiamo di là con gli altri a berci qualcosa», mi rispose il mio amico, sempre più a disagio.

Un equo indennizzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora