VIII. A Marte.

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"vado a fumare" esclamai "qualcuno viene con me?" i miei occhi verdi si posarono per un momento, quasi impauriti, sui tuoi, sperando che tu ti facessi avanti; ovviamente distolsi lo sguardo due secondi dopo e li posai su quelli di Saturno.
"si, dammi un attimo" la tua voce.
se non fossi stato ubriaco avrei evitato di sorriderti, e invece lo feci, a 32 denti, non riuscivo a nascondere la gioia.
Ricordo di aver altrettanto sbirciato a guardare il viso del tuo amato; mi sembrò triste e pregai affinché non ti dicesse niente per farti rimanere con lui.
Le mie preghiere furono accolte, non ti disse nulla, ti lasciò prendere il giubbotto per venirmi incontro.
ti sorrisi, eri davvero bellissima, non riuscivo a toglierti lo sguardo di dosso.
Rischiai persino di cadere e fare la figura dello scemo, cosa che non accadde per fortuna.
Uscimmo fuori, ricordo il freddo esagerato di quella sera, si congelava ma ti diedi ugualmente anche la mia giacca, dato che la tua non bastava.
"grazie" mi sorridesti.
"è il minimo che potessi fare milady, si congela"
"certo che alle volte sei proprio scemo"
accesi la sigaretta e non ti risposi, decisi di ignorarti.
"mettiamo un po' di musica?" tentai di cambiare argomento.
"mhmh"
"c'è una cassa, ti sembra il caso di usarla?"
"mhmh"
"mhmh" ti imitai.
e così feci per poi far partire la tua playlist, schiacciai il tasto per la riproduzione casuale: cosa mi manchi a fare, calcutta.
te l'avevo dedicata un mese prima di quell'incontro.
la cantammo, piano, fu davvero bellissimo.
amavo vedere come muovevi le labbra a caso quando non sapevi le parole.
ricordo di averti guardata e pensato che la mia presenza nella tua vita ti aveva influenzata molto.
sentì le mie guance avvampare a causa del troppo alcol.
Affogare, legno.
questa la urlai, ti dedicai ogni singola sfumatura di ogni singola parola di quella canzone.
tu ti mettesti a ridere, curiosa e confusa di quello che stava succedendo.
i tuoi gesti con le mani per tenere il tempo alla canzone mi uccisero di risate, ti adoravo, mi facevi stare bene, pensai di volertelo urlare insieme al testo della canzone: chissà cosa stavano pensando gli altri di noi.
ad un certo punto ci sedemmo sulle sedie fuori, nonostante io avessi già finito la mia sigaretta,  parlando di tutto e di più non smettendo di guardarci negli occhi.
-vorrei baciarti- mi persi tra i miei pensieri non ascoltandoti più, ti guardai le labbra.
le note di Half a heart  ci abbandonarono, credo io stessi per piangere in quel momento, com'era vero...
ero davvero mezzo me stesso senza di te. 
mi maledì per aver pensato quelle cose.
Gravità, era partita proprio gravità.
non notasti il mio sguardo sulle tue labbra, ma interrompesti subito il tuo discorso per cantarla insieme a me.
"resta qui a vedermi dondolare."
resterai, non te ne andrai perché ti terrò stretta, sempre.
"non andare..." sputai sottovoce, sperando non avessi sentito.
all'inizio non credevo l'avessi fatto, continuasti a guardarmi e a sorridermi, cantando la canzone.
"come se non ci fosse gravità e guardassimo dall'alto la città"
e poi, ecco il momento, il tuo sguardo si fece più intenso su di me.
avrei voluto vedere la mia faccia in quel momento, solo il mio sguardo ti gridava che ero innamorato perso di te.
mi avvicinai a te, prendendoti la mano.
"io casa non so più dov'è, sei il viaggio più lungo per me." cantasti sottovoce, guardandomi le labbra.
non ci vidi più nulla, posai le mie labbra sulle tue e dopo un po' iniziai a piangere mentre ti baciavo: ero commosso, felice, felice davvero.
sorrisi sulle tue labbra prima di staccarmi dal bacio e guardarti negli occhi.
"Giove..."
"io... scusami, non volevi... vero?"
"perché l'hai fatto?"
lo sputai, senza pensarci due volte.
"ti amo, Marte, sono innamorato di te fin dal primo momento in cui ti ho vista stracciarmi alla gara di sci.
ho intravisto due secondi quegli occhi orgoglioso e competitivi e mi sono detto che avrei dovuto conoscerti a tutti i costi.
l'ho tenuto nascosto perché ti vedevo felice e non volevo darti un peso in più da rifiutare, ma Marte,  non cambierà mai, sei e sarai l'unica a essere stata il mio primo amore.
ricominciai a piangere cercando di formulare una frase di senso compiuto.
"non so se sia l'alcol che mi fa parlare, ma aspetto questo momento da troppi mesi, sono emozionato e il mio cuore sta-" non mi lasciasti finire, posasti ancora le tue labbra velenose sulle mie, ci baciammo ancora e ancora.
la nostra playlist scorreva canzoni su canzoni e io ti baciavo sempre con più amore.
ricordo di aver pensato a quanto fossi bella, Marte.
mi piaceva baciare le tue labbra, erano delicate, morbide, si incastravano perfettamente con le mie.
del resto noi cosa siamo sempre stati se non un puzzle incompleto?
un tassello, Marte, mancava un tassello, e tu quella sera decidesti di metterlo al posto giusto, finalmente.
ti staccasti, velocemente, guardandomi negli occhi.
"adesso ho capito..."
"che? che hai capito?"
"scusa, Giove".
non ci capì nulla per un momento, ma poi, quando le note di "hostage" si portarono via tutta la canzone, fu allora che tutto mi fu più chiaro.
credeteci o meno, Marte andò da *.
e si, si baciarono davanti ai miei occhi pieni di lacrime, davanti al mio cuore che prima stava battendo all'impazzata con il suo.
Pensai che probabilmente Marte si rese conto del casino dentro di me e forse capì, che non ne valeva la pena.
sconsolato, rimasi lì, a guardare la scena mentre tutti, davvero tutti, applaudivano e urlavano dalla gioia.
tutti, tranne me.
lo stavi baciando con il mio giubbotto addosso, lo stesso che prima era incollato alla mia felpa mentre baciavi le -mie- labbra.
non riuscivo a smettere di guardarvi, ma poi, presi coraggio e smisi.
semplicemente smisi.
presi una sigaretta e l'accesi.
ti vidi uscire di nuovo, verso di me.
"basta, Marte, non ritornare da me." sospirai in un filo di voce, buttando fuori il fumo prima aspirato.
questa volta, più alto: "basta. MARTE. non tornare da me"
non sto trascrivendo oscurando il suo nome, quella volta la chiamai davvero Marte.
"Marte?"
"lasciami stare...."
"Giove come puoi chiedermi di lasciarti stare"
"vai via."
"Giove? ehi. guardami"
ultimo tiro dalla sigaretta. ultimo respiro.
caddi, nero.
le mie orecchie sentirono per l'ultima volta la tua voce accompagnato dall'outro di scintille.

e oggi, Marte, ti chiedo:
la tua testa si ricorda ancora di me? di quella sera in cui abbiamo davvero fatto scintille?.
io, dall'alto o dal basso, sono ancora innamorato di te e so che anche tu provi lo stesso.
non vivrei in te, altrimenti.
non mi sarebbe permesso guardarti ogni giorno mentre ti fai la tua vita con _lui_.
sai qual è la cosa che mi fa incazzare più di tutte Marte?
l'alcol quella sera mi annebbiò la testa, tu andasti lì per lasciarlo, quello che vidi non era un bacio, gli stavi dicendo di guardarti negli occhi per dirgli che avevi capito di essere innamorata di me.
i miei amici urlavano di gioia si, erano felici per me.
e io, decisi di morire, proprio quella sera, a causa di un coma etilico.
me la ricordo ancora la tua ultima espressione: confusa.
vidi quegli occhi così puri guardarmi per l'ultima volta.
un secondo dopo erano già diversi, non sono mai più ritornati luminosi dopo quella sera.
provasti a rianimarmi, non capivi cosa stesse succedendo.
l'avevo sempre detto, Marte, che sarei anche potuto morire dopo averti baciato.
fu così.
poggiasti un'ultima volta le tue labbra sulle mie, l'ultima cosa che io potessi percepire.
l'ultima cosa che il mio corpo sentì
l'ultimo battito che fece il mio cuore portava il tuo nome.
ti prendesti anche quello.
adesso, dopo tanti anni, vivi la tua vita, normalmente e forse, per rispondere alla domanda che ti avevo posto precedentemente, tu Marte, non mi ricordi nemmeno;
ma il tuo cuore sta ancora facendo scintille con il mio.

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