Arrivederci Milano.

9.6K 213 40
                                    

Sul tabellone esce il numero del gate del mio aereo e capisco che è giunto il momento.
È giunto il momento di lasciare Milano, la città in cui sono nata e cresciuta.
La città che mi ha resa ciò che sono ora.
È una città che mi ha dato tanto, tutto ma altrettanto me ne ha tolto in questo ultimo periodo.
Così quelle strade, quei posti e questa città che ho sempre considerato 'casa', ora sono solo un posto dal quale voglio fuggire il più in fretta possibile.
Mi volto verso mio padre, trovandolo con le lacrime agli occhi.

"Papà..."
Sussurro avvicinandomi a lui.

Una lacrima riga subito la sua guancia ed io mi affretto ad asciugarla, per poi abbracciarlo.
Mi faccio piccola piccola nelle sue braccia e, nonostante abbia quasi ventun anni, mi sento sempre sicura nei suoi abbracci.
Cerco di cacciare indietro le mie di lacrime, che stanno minacciando di scendere ma non devo mostrarmi debole davanti agli occhi di papà.
Non oggi, non in questa occasione, non in questo istante.
Devo essere forte.
Per me, ma sopratutto per lui.
Mi prende il viso fra le mani e mi costringe a guardarlo negli occhi.

"Prenditi cura di te, piccola mia."
Mi dice papà dolcemente.

"Lo farò e fallo anche tu però, promesso?"
Domando porgendogli il mignolo.

Lui finalmente sorride, per poi stringere il mio mignolo con il suo.
Questo è sempre stato il nostro gesto.
Le nostre promesse le abbiamo sempre sancite così, dalle più piccole alle più importanti come questa.
Lasciarlo mi spezza il cuore, così come anche a lui ma non ha mai opposto resistenza a questa mia scelta perché sa che è ciò di cui ho realmente bisogno.

"Mi mancherai tanto, lo sai? Prima che tu vada, voglio dirti che sono sempre stato fiero di te e lo sarò sempre. Lo sarebbe anche la mamma, ne sono sicuro."
Esclama mio padre commosso.

Dopo la frase riferita alla mamma, non riesco più a trattenermi e lascio che le lacrime corrano veloci sulle mie guance.
Abbraccio ancora una volta mio padre, stringendolo più forte che posso e respirando a pieni polmoni il suo profumo che per tutta la mia vita mi ha fatta sentire al riparo.
Mi lascia un dolce bacio sulla fronte e poi, dopo aver preso il mio trolley, mi allontano da lui iniziando a camminare verso il mio gate.
Dopo qualche passo mi volto un'ultima volta verso di lui, trovandolo fermo nello stesso punto in cui l'ho lasciato e questa volta mi saluta con un cenno della mano.
Fotografo questa immagine con gli occhi e, dopo aver ricambiato il saluto, mi allontano definitivamente da lui.
Mentre raggiungo il gate asciugo le lacrime che ancora stanno rigando il mio viso e cerco di tranquillizzarmi, perché non voglio farmi vedere fragile dagli altri.
Non voglio far vedere le mie lacrime.
Per fortuna la fila scorre velocemente e così, dopo aver mostrato i documenti alla hostess, percorro il tunnel e in un attimo mi trovo sull'aereo.
Cerco il mio posto e, una volta trovato, mi siedo aspettando che tutti i posti vengano riempiti.

                                           ***
Chiudo gli occhi stringendo fortissimo il bracciolo del sedile dell'aereo, cercando di respirare e di mantenere la calma.
Ho sempre avuto paura dell'aereo, ho sempre odiato volare e il momento del decollo, per me, è il peggiore.
Così come ho sempre odiato il posto accanto al finestrino ma, data la mia fortuna, è proprio quello che mi sono beccata.
Mi faccio coraggio e guardo giù, guardo Milano che si allontana sotto di me.
La guardo finché non scompare dalla mia vista, lasciando spazio alle nuvole.
È giunto il momento di dirlo: arrivederci Milano.
Ho sempre guardato con occhi sognanti quella città, essendo stata la culla dell'amore di mio padre e di mia madre.
Mio padre, inglese, in un viaggio in Italia conobbe mia madre e fu amore a prima vista: lasciò tutto e si trasferì a Milano per stare con la donna della sua vita.
Si sono sposati e hanno messo su famiglia: prima è nata mia sorella Charlotte, sette anni più grande di me e poi sono nata io.
Fin da piccole, oltre alle lezioni a scuola, papà ha sempre insegnato l'inglese a me ed a mia sorella perché l'ha sempre ritenuta una lingua fondamentale.
Dopo il liceo mia sorella si è trasferita a Londra per l'università e lì conobbe James, con il quale ha avuto un bambino da ormai cinque anni: mio nipote Oliver.
Dopo il liceo io, invece, sono rimasta in Italia iniziando a frequentare l'università di Lettere.
La mia famiglia aveva una vita meravigliosa, fino a quando a mia madre non fu diagnosticato un cancro.
La malattia era troppo grave e non c'è stato nulla da fare: in pochissimi mesi, mia madre è morta.
In quegli ultimi mesi insieme a lei io e mio padre abbiamo vissuto praticamente in ospedale, mentre mio sorella continuava a fare avanti ed indietro fra Londra e Milano.
Tutti quanti ci siamo impegnati per starle il più vicino possibile, per non farla sentire sola, per goderci gli ultimi istanti insieme a lei.
Quando se n'è andata, è stato un dolore troppo forte per tutta la mia famiglia.
Mio padre non ha fatto altro che piangere, non mangiava più e non dormiva più.
Diceva di aver perso l'amore della sua vita e che non aveva più senso andare avanti.
Io ho tenuto tutto dentro, comprese le lacrime.
Fissavo il vuoto davanti a me, convincendomi che fosse tutto un incubo e che mia madre sarebbe tornata a casa bella come sempre.
Non volevo elaborare il lutto, cosa che mi ha portata a stare ancora più male del dovuto.
Mia sorella è stata quella forte in questa situazione: si è presa cura di me e di mio padre, anche quando lei stessa stava male.
Non si è mai persa d'animo ed è riuscita a tirar fuori mio padre da una depressione che sembrava senza fine, mentre con me non c'è stato nulla da fare.
A distanza di cinque mesi, ormai, non riesco ad andare avanti.
Milano ha iniziato ad essere troppo stretta per me.
Ogni luogo mi ricordava mia madre, mi ricordava una vita che non avrei mai potuto avere indietro.
Mi sono chiusa in me stessa, ho lasciato l'università e passavo le mie giornate stesa sul letto a fissare il soffitto.
Ho smesso di vivere.
Ho sempre pensato che non avrebbe avuto più senso vivere senza mia madre.
Poi ho deciso di prendere in mano la situazione o meglio, ho deciso di scappare.
Di scappare come una codarda, da quella città che mi impediva di rifarmi una vita.
Ed ora eccomi qui, su un aereo che mi porterà a Londra.
Lontano da Milano, lontano da casa mia, lontano da mio padre.
Raggiungerò mia sorella, che mi ha lasciato un piccolo appartamento che prima era suo ma da poco si è trasferita in una nuova casa con la sua famiglia.
Grazie a mia sorella ho rimediato anche un lavoro, ovvero affianco a lei in una libreria.
Non è esattamente ciò che avrei desiderato per la mia vita, ma comunque perdermi fra gli scaffali pieni di libri non è affatto male.
Ho sempre amato leggere, scrivere.
Ho sempre amato la letteratura.
Infilo le cuffiette nelle orecchie ed inizio ad ascoltare un po' di musica nella speranza che abbia fatto la scelta giusta.
Non posso permettermi di sbagliare ancora.
Questo trasferimento a Londra deve essere una nuova vita per me.
Me lo devo.
Lo devo a mio padre.
Lo devo a mio sorella.
Soprattutto, lo devo a mia madre.




♥️
Buongiorno a tutti!
Questa è la quarta storia che scrivo, ma la prima sul nostro amatissimo Tom.
Questo primo capitolo è concentrato prettamente sulla protagonista femminile di questa storia: Marta.
Con il tempo la conoscerete meglio, conoscerete tante altre cose sul suo passato ma non vi preoccupate che fra poco entrerà in scena anche Tom.
Spero che questa storia vi possa piacere e vi possa far emozionare: io ci metterò tutta me stessa per scrivere al meglio.
Beh allora buona lettura a tutti quanti.
Ci sentiamo presto, con il prossimo capitolo!

Safe Place (Tom Holland)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora