19. L'Agguato Inaspettato

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Jared

Nolan cammina rapidamente attraverso l'atrio della Caserma senza guardarsi indietro o assicurarsi che lo stia seguendo sul serio. Il suo sguardo è corrugato e allarmato, mentre si impegna a superare due ragazzi diretti verso le aule delle lezioni e un Alchimista con dei fogli in mano e la testa immersa in chissà quali pensieri.

«Vuoi dirmi cosa succede?» borbotto, allungando il passo e raggiungendo al fianco il mio amico, che mi mette subito a tacere con un gesto della mano elusivo. Svolta nel corridoio che porta alla mensa e scuote la testa.

«Forse è meglio che lo vedi con i tuoi stessi occhi», replica, entrando nella sala ricreativa, che a quest'ora della mattina è ancora piena di Guerrieri intenti a conversare tra loro e a mangiare, tra una pausa dalle lezioni e un fine turno di Ronda.

Nolan spalanca le porte della stanza e si dirige spedito verso uno dei tavoli posti in fondo alla caffetteria, un po' in separata sede rispetto agli altri. Bertha sta finendo di pulire il bancone di lavoro con estrema cura e non pare interessarsi minimamente al fatto che diverse persone sono raggruppate di fronte al televisore al plasma appeso al centro della parete. La luce dello schermo si riflette sul pavimento in linoleum pulito e il volume è basso, mentre diverse immagini scorrono rapidamente.

«Dai, prima che cambino servizio.» Nolan mi dà una pacca sulla schiena, spronandomi a camminare verso il tavolo posto quasi sotto alla televisione.

Io lo seguo in silenzio, mentre cerco di decifrare le sagome trasmesse sullo schermo al di sopra delle spalle di qualche Guerriero che mi interrompe la visuale passando di lì.

«Ce l'avete fatta, eh!» Tom si sbraccia dalla sedia per farsi notare e Nolan gli sorride annuendo. Lo raggiunge al tavolo dove probabilmente erano seduti prima che mi venisse a cercare e gli spettina la chioma indomita di capelli ricci e biondi, provocando un borbottio infastidito da parte del ragazzo.

«Vedo che hai recepito bene il messaggio di non attirare troppe attenzioni», gli fa presente Nolan, parlando quasi a bassa voce. Con gli occhi indica il gruppetto di persone accanto alla televisione che sta fissando lo schermo. «Cosa ci fa lei qui?»

Senza avere la minima idea di cosa stia succedendo, sposto meccanicamente la traiettoria dello sguardo verso il punto indicato da Nolan e scorgo subito in mezzo a due ragazze dell'età di Janise la figura slanciata e impostata dell'agente Kane.

Ma non gli era stato detto di andare a riposarsi proprio poco fa?

«Credo che sia stata attirata qui dalla televisione. Ho provato ad abbassare il volume, Nol, ma... ma in un attimo parecchie persone hanno collegato i fatti. Anche Madison Kane è entrata qui dentro con gli occhi sgranati. Si teneva anche il polso con l'altra mano... Credo si sia fatta male da qualche parte.»

Fisso Madison per qualche istante fino a che la mia attenzione non è attirata dalla voce professionale che esce dalla televisione a volume contenuto: la reporter del Daily Henver, Molly Jim, è in onda in una delle sue seguitissime dirette per la città ed è ferma di fronte all'obiettivo della telecamera, con un microfono in mano e uno sguardo rabbuiato e farcito di terrore mediatico. Sullo sfondo ha delle palazzine che da subito mi riportano qualcosa alla memoria.

Mentre tutti sono attenti al servizio, compresa Madison, sento uno strano formicolio farsi strada nelle pareti dello stomaco e faccio un passo avanti, avvicinandomi ancora di più alla televisione. Le due ragazze si tolgono subito dai piedi e non appena si accorgono di me iniziano a sussurrare qualcosa tra di loro a bassa voce. Anche l'agente Kane mi nota, ma dopo una breve occhiata torna a puntare lo sguardo attento sullo schermo.

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