7. Agosto

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Agosto stava andando già via. Il tempo passava in un flash continuo e spesso capace di cecare, appannava gli occhi a chiunque e spesso finivi per sentirti male. Il caldo era forte, spesso non riuscivo neanche a respirare naturalmente, e facevo fatica anche ad andare in bagno. Ma il fatto che l'estate stesse per andare via, mi metteva a disagio, ancora una volta. Amavo l'estate, in certe occasioni. Ho sempre preferito l'inverno, la pioggia, le coperte, i felponi che coprivano tutto fino alla vita, anche la neve scarsa che si presentava, dato che in Puglia era raro che nevicasse. Non so voi, ma la neve mi ha sempre confortata. Il suo dolce colore chiaro bianco mi realizzava i sogni più grandi. I granelli di neve che mi si scioglievano in mano, oltrepassavano la pelle con seduzione e spesso mi sentivo le mani serrate, senza lasciarle avvolgere dal calore che tanto le faceva giocare e comandare da me. Il caldo sentenziava la mia salute fisica e qualche volta dovevo anche cambiarmi indumenti due volte al giorno e la sera finivo per dormire intorno alle quattro del mattino solo con l'intimo. Il caldo è come l'amore. Ti penetra dritto nella pelle, ti lascia a metà aria e fai fatica a respirare e qualche volta finisci per sentirti male, per soffrire, per sudare la fatica di cui ti droghi. Il calore di un amore non potrebbe mai rendere felici qualcuno, perché spesso essa non fa altro che distruggere le vite, cambiarle. Almeno per gli adolescenti, l'amore non è visibile. Ogni cosa ha il suo inizio, e la sua fine. Detto questo, mi trovai col corpo steso a letto, con le cuffie. Sarei andata volentieri a fumare una tabaccata, ma non mi andava particolarmente tanto di alzarmi e farmene una. Poi sentivo il bisogno di bere qualcosa. Mi sarebbe bastata anche dell'acqua, l'importante sarebbe stata la sua freschezza dalla quale avrei ricavato energia e purificazione. La mia gola ne risentiva e anche il mio corpo per intero. Sudavo molto e la cosa mi irritava non solo la pelle, ma anche i nervi. Mi mancava già l'inverno, ma il pensiero della malinconia sul mare mi degnava di pensieri. Agosto segnava la fine di tutto. Anche se settembre sarebbe rimasto abbastanza caldo da lasciar del tempo per un ultimo bagno al mare, per segnare la fine di una nuova estate, di battaglie con la sabbia, di schizzi, di tuffi, capriole, verticali. Amavo il mare per quello, ma lo odiavo per le svariate meduse che non esitavano a lasciare morsi pressanti o alghe che si imboccavano nel costume o fra i capelli.
«Che ne dite se andassimo al mare?» disse Mary la sera in cui tornammo tutti a casa. Aveva mandato un messaggio, ma nessuno rispose. Perciò fece il giro di chiamate.
«Si, per me andrebbe bene. Tanto ho già i biglietti per il pullman da parte.» accettai la proposta e già cercai il telo da mare e la crema solare, che avrei scordato di spalmare il giorno dopo.
«Apposto. Per le sette ti trovi?» io risi, perché sapevo già che sarei stata puntuale. Forse anche prima.
«Dovrei davvero risponderti?» chiesi, sorridente. Se ne rese sicuramente conto, tanto che le parole mi si spezzarono fra il mio dolce sorriso.
«Giusto. Che dici, andiamo al lido Sport o alla spiaggia libera?»
«Sarebbe meglio il lido, siccome non abbiamo neanche l'ombrellone da piazzare.» sbuffò lei.
«Hai ragione. Anche Walter l'ha pensato.»
«Ma infatti, gli altri che hanno detto?» domandai confusa e curiosa sulle risposte dei miei amici. Eravamo già due che avevano dato l'occasione. Mancavano le risposte concluse degli altri.
«Walter ha accettato. Ho chiamato anche Jamie per sapere cosa volesse fare o se potesse andarci e ha detto di sì. Ha ricevuto i soldi della paghetta. Ho chiamato Esme e stranamente il padre ha detto di si ed era anche sveglio. Quindi direi che potremmo andare. Forse verranno anche Christian, il fratello di Walter, e Julian.» raccontò, ed io terminai con lo zainetto nero pronto per il mare. Vi misi l'asciugamani, la crema solare, dei pantaloncini di ricambio e riempii le bottigliette d'acqua e lasciate in frigo a raffreddare. Da mangiare mi sarei portata della frutta e qualche soldo per comprare gelato o panini.
«Bene, allora é un si da parte di tutti.»
«A quanto pare.» dissi a lei, per poi salutarla.
«Ci vediamo domani vicino Cartunia. Buonanotte Puffa.» dissi.
«Si, buonanotte Star.» concluse lei, chiudendo definitivamente la chiamata mentre già mi posizionavo sul letto con volto oppresso dal calore. Il ventilatore non bastava, emanava ancor di più il calore straziante. Persi controllo nei miei pensieri e finii per concludere la serata con la chiusura completa dei miei occhi e spegnendo ogni emozione in quella misera aria persa di vapore caldo.

Mi svegliai puntuale. Erano le sei e venti, bastava solo che mi  cambiassi, che mettessi il costume e preparassi il cibo per completare l'opera. Avevo avvisato mamma per via messaggio e sapevo che non avrebbe detto niente di esilarante. Mi appoggiava e voleva che mi divertissi, dopo il periodo guasto che subii qualche mese prima. Decisi di indossare il famoso costume di colore nero, che lasciava in evidenza il seno sporgente. Lo detestavo abbastanza che spesso mi coprivo anche coi giubbotti o le giacchette. La pancetta era evidente, lasciando alla luce le smagliature rosa che mettevano alla prova la mia autostima. E i risultati, spesso, non risultavano alti. Mi cambiai in pochissimi attimi. Fortunatamente la ceretta la feci giorni prima. Indossai i miei adorati pantaloncini a vita alta, leggeri e larghi e completai il look da spiaggia con una maglia scollata, che mai usavo per uscire, e le scarpe che usavo esclusivamente solo per il mare. Preparai due panini e misi le bottigliette d'acqua e una di tè nel mio zainetto. Chiusi la cerniera, e nella tasca più piccola lasciai depositate le chiavi e dei crackers integrali, con un succo di frutta all'albicocca. Terminai dopo aver chiuso la porta e aver aperto il portone che mi avrebbe mandata definitivamente fuori, verso la mia destinazione. Arrivai alle sette precise, e non era arrivato ancora nessuno. Come pensavo, mi dissi sorridente ma leggermente nervosa. Poco dopo averci pensato su, che vidi Esme alle mie spalle e Walter coi suoi pantaloni corti fino alle ginocchia affiancato da Christian e Julian. Poi si aggiunsero Jamie e Mary che arrivarono in contemporanea subito dopo i fratelli.
«Buongiorno.» dissi io, con tono sarcastico e braccia conserte. Dal mio viso capirono già il tutto e scoppiarono a ridere, uno dopo l'altro. Mi sentii a casa, in quel momento. Respirai leggermente, ed il freddo mattutino riusciva ancora a reggermi in piedi. Solo dopo che sentii il motore scarso del pullman, che ripresi a vivere. Era giunto il momento di salire ed io finii affianco Esme, nei posti infondo. Misi le cuffie e mi godetti il viaggio di quindici minuti in completa serenità.

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