8. Il Galletto

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Chiusi gli occhi. Aprii un po' lo sportello per lasciar vagare l'aria rapida. Faceva troppo caldo per sentire il calore perfino fra le chiappe. I sedili erano rovinati, sul colore celestino. Erano sempre stati così i pullman della Cotrap, però erano molto comodi e i posti erano abbastanza per le cinquantine di persone, contando anche i posti in piedi. Fortunatamente a quell'ora la clientela era sulla norma. Il pullman era metà pieno, ma sapevo che se avessimo accostato ad ogni fermata anche dell'altro paese che avremmo intrapreso, si sarebbe riempito del tutto. Trinitapoli era composta da tre fermate, una dopo l'altra, sempre andando dritto. Margherita di Savoia distava da lì intorno ai cinque minuti. Da San ferdinando, il mio paese, invece distavano sui quindici ai venti minuti, tutto dipendeva dal tempo che impiegava l'autista per far salire le persone. Io ero lontana dall'uscita. In realtà ne erano due. Una all'entrata dove vi era l'autista, e una all'opposto, molto più dietro per facilitare meglio il movimento.
«Fa troppo caldo.» mi lamentai col brontolio della musica ancora viaggiatrice. Aprii di poco gli occhi e provai a imboccare dell'aria, ma era troppo calda per rinfrescarmi le narici. Leggevo il labbiale di Esme al mio fianco, che si portava dietro i capelli per lasciar respirare la pelle del viso. In effetti tutti noi, nonostante la roba corta indossata, sudavamo particolarmente tanto. Finii per levare le cuffie, ma sapevo che in qualche modo avesse detto una cosa simile a 'Addavar', ossia davvero, la traduzione del nostro dialetto pugliese.
«Non vedo l'ora di gettarmi in mare e diventare bianca come una spugna.» ammiccai, portandomi la mano all'altezza della fronte e asciugare via il bagnato caldo scivolare lungo il viso, superando anche il contorno del mento.
«A ciun giu dí.» ricevetti risposta da Walter, crollato sui sedili.
«Fac trop cald.» ansimò Jamie, con la vista rivolta al di fuori della finestra, col pullmam ancora bloccato per attendere la gente salire.
«Siamo quasi giunti a destinazione. Possiamo sopravvivere.» aggiunsi, guardando Mary avvolta nei suoi dolci pensieri, probabilmente perversi verso una ragazza.
«Facile a dirlo, Star.» sentenziò Walter, mentre Esme si poggiò sulla mia spalla con dolcezza. Probabilmente aveva litigato col ragazzo che le piace ed aveva trascorso la notte in bianco.
«Lo so, Wa, manca pochissimo.» e in effetti eravamo sul corso per giungere alla prima fermata di Margherita. Sospirai, felice, e sperai di incontrare gli altri miei amici cerignolani conosciuti due estati fa.
«Finalmend» sussultò Mary, riprendendo vita nella realtà.
Scendemmo dal pullman, ed il vento stressante mangiare la pelle. Partimmo subito, senza esitare. Oltrepassammo le terme e, andando verso la diretta strada, arrivammo al lido Sport.
«Buongiorno.» disse Marylin, già col denaro di tutti fra le dita.
«Buongiorno. Quanti siete?»
«Ehm, sette.» disse lei.
«Quindi vi bastano anche due ombrelloni?» disse la donna.
Mary guardò tutti noi, ed annuimmo. A me bastava solo un posto dove posare le cose. Alla fine, sarei rimasta ore intere in acqua.
«Si, la ringrazio.» ringraziò lei alla donna con un sorriso. Quel sorriso tenero.
«Perfetto. Sono quindici euro.» annunciò la donna dai capelli mori. Perciò Marylin le porse i soldi e ricevette il famoso foglietto rosa col numero degli ombrelloni, uno accanto all'altro.
«Ci sarà il bagnino ad accompagnarvi.» avvisò fra un sorriso. Riuscimmo a prendere anche quattro lettini e una sedia.
«Grazie mille. Buona giornata.» salutammo tutti noi, sorridenti ed educati. Ciabattammo sulla passerella di colore rosato, e arrivammo accanto al bagnino.
«Biglietto?» disse il ragazzo, sicuramente straniero. Col sorriso bianco come la seta e la pelle scura.
«Tenga.» disse Walter che aveva preso possesso di quel bigliettino. Lesse i numeri trascritti e ci portò agli ombrelloni destinati a noi.
«Ecco a voi. Buona giornata e buon relax.» ci disse, sorridente. Per poi sparire dalla circolazione. Posizioniammo tutta la roba sui rispettivi posti, lasciammo anche i vestiti ed io con Esme, presi una rincorsa e mi tuffai fra le dolci onde salate.

Terminai di poco la doccia. I capelli bagnati ricadevano lungo fino il seno, e l'accappatoio mi abbracciava per intero. Presi l'intimo e, dopo aver asciugato ogni centimetro di pelle, indossai anche i vestiti. Ricevetti un messaggio sul gruppo in cui narrava l'uscita prevista per quella sera. La pelle arrossata mi pizzicava e mi era complicato indossare il reggiseno con velocità. Terminai il tutto e finii per asciugarmi i capelli, lisciarli con la spazzola e concludere con le scarpe. Chiamai Esme, con la quale passai del tempo da mio padre, verso la pizzeria Galletto. Ma poi mi arrivò una chiamata.
«Pronto?» risposi, senza neanche controllare il nome.
«Dove stai?» ed era Jamie.
«Sono con Esme da papà. Voi?»
«Siamo proprio verso il Galletto.»
«Arriviamo.» aggiunsi io, già sparendo da casa di papà, sfiorandogli un bacio alle guance. Riattaccai la chiamata e ci dirigemmo verso la meta scelta. Arrivammo, e le sagome dei miei amici erano evidenti. C'era qualcosa di diverso. Di nuovo. Sapevo già chi fosse, me ne feci un'idea. Una chioma mora, composta da un paio di peli bianchi, si avvicinò lentamente. Gli occhi velati di rosato, la risata pronta, il corpo movimentato dai passai e dalle gambe snelle, alto leggermente più di Walter. Era lui. L'ex di Marylin. Non era male, ma non ci davo peso. Esme mi lasciò un'occhiata sorpresa ed io, indifferente, sorrisi. Il suo volto, il suo corpo mai visto prima d'ora mi si avvicinò. Il suo sorriso si spense, ma la lume della targhetta della pizzeria rifletteva tutto.
«Piacere.» mi porse la sua mano con delicatezza, ma qualcosa gli frullava in testa. «Clayton.» aggiunse, ed io non potei che stringere la sua mano, e ricambiare il piacere.

TRADUZIONE DIALETTO
A ciun giu dí: a chi lo dici
Fac trop cald: fa troppo caldo
Finalmend: finalmente

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