16. Bacio O No?

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Le sue iridi scure mi spogliarono di paure. Come se quello sguardo fosse il mio punto di incontro. Ma mancava poco al viso di Esme, per doverla baciare a causa del mio stupido obbligo. Si sollevó dal posto e nessuno poteva sapere come fosse così straziante vedere una situazione simile, proprio davanti ai propri occhi e specialmente dove vi si trova la propria cotta. Era inutile nasconderlo col mio meschino orgoglio, non avrei fatto niente e forse era giusto stare in silenzio e godere di quella sofferenza poco piccola. Era un murales imbrattato di sangue, con scritte tristi e poco leggibili. Così mi sentivo. Così si sentivano le mie crepe interne e nessuno riusciva a notarle proprio perché erano impossibili da leggere. Era improbabile che qualcuno avesse capito il mio umore, ma non potevo dare colpe sulle quali non c'era gusto darle. Io ero fatta così. Mi ferivo da sola e, da quel giorno, cambiai modo di vedere le cose. Nessuno mi notava ed ancora una volta mi sentii invisibile. Fatto sta che smisi di parlare e per poco sentivo la tachicardia chiamare con tranquillità, mentre io non riuscivo neanche ad esserlo. Neppure provandoci. La mia migliore amica stava per essere baciata dalla mia crush, e nessuno dei due sapeva cosa sentissi. Nessuno. Non ne avevo parlato neanche con Jamie, e forse era giusto tenerlo per me. Non ci sarebbe stato nulla, niente se non dolore. Avrei voluto sputare tutto il sangue che caratterizzava la forza di volontà nel mantenere in equilibrio il mio stato d'allerta. Nessuno poteva aiutarmi. Ma non potevo neppure mollare. Non volevo. Non me la sentivo, di giungere così tanto negli abissi. Era una cosa passeggera, ma sapevo anche quanto stessi cambiando. La mia vita, o meglio quella sentimentale, non era mai stata così tanto aggiornata. Era sempre così impassibile, sempre pronta a fermarmi per timore. Forse era giunto il momento di mettermi in un angolo e visitare gli abissi del mio dolore, della mia disgrazia, della mia tortura più grande. Quella di vedere due persone a cui tieni particolarmente, baciarsi e sapevo che era comunque stata una mia idea. Perché? Perché ho sempre constatato la felicità dei miei compagni, anziché la mia. La mia non valeva come la loro ma accadrà un giorno che smetterò di farlo e penserò solo ed unicamente a me. Il corpo snello di Clayton prese ad avanzare sempre più verso Emse, rimasta ferma, immobile al suo posto con un velo di soggezione in viso. Mi lasciai sfuggire un sorriso di incoraggiamento, ma la verità era che ne avevo più bisogno io, in quel momento. Mancavano anche altri membri della comitiva e rimanere sola senza nessuno con cui parlare mentre i due sarebbero arrivati al dunque, mi irritava. C'era anche Jamie, era vero, ma era più scioccata di me perciò preferii lasciarla stare. In un flash unico, le loro labbra si uniscono in una stampa rumoroso, della quale sentii ogni minimo particolare. Esme sorrise di poco, ma sapevo che era per lo più schifata. Amava un'altra persona, dalla quale ha ottenuto prese in giro e, personalmente, fin dall'inizio le avevo proposto di evitare. Ma, come sempre, nessuno mi da mai ascolto.
«Vi è piaciuto?» chiese ridendo Jamie, portandosi le dita al contorno delle labbra e fu proprio lei a rianimare la mia coscienza. Presi un respiro profondo, come se non avessi preso respiro per tutto il tempo. Eppure sapevo che non era successo. Sapevo che ero io il problema e che forse non sarei mai piaciuta a nessuno. Forse per il mio carattere grezzo. Una ragazza a cui piace ruttare. Mangiare di continuo. Che si veste a casaccio. Che urla. Che balla. Che sogna. Che matura. Che spesso si critica. Che è in carne. Con la pancia. Le cosce grandi. Il seno mollo. Gli occhi marroni. Il sorriso storto, oltre che falso. Io non sono una Donna, sono una persona alla quale piace godere di libertà. Alla quale piace mangiare, giocare, sballare. Posso anche essere una maschiaccia, ma l'amore che posso trasmettere è imparagonabile.
«Era solo un bacio, Jamie.» consultò Esme, affiancandola. Entrambe mi guardarono, senza dire niente ma capirono che qualcosa non andava bene per via del mio capo rivolto verso il suolo. Era raro che lo facessi. Ero sempre con la risata pronta, subito attiva e pronta per una nuova domanda, un nuovo gioco, un nuovo argomento. Quel giorno, però, la mia felicità aveva baciato qualcun'altra. E quella non ero io.
«Ho solo chiesto.» alzò le mani Jamie per poi abbracciare Esme con un solo movimento. Erano quasi confuse e sentivo la tensione mutare con strafottenza. Superficialità.
«Quindi?» chiese nuovamente Jamie, in attesa di una riposta. Si posizionò difronte Clayton in attesa di una risposta. Come se avesse intuito qualcosa.
«Quindi che?» rispose di rimando Clay, il quale si poggiò all'altra panchina poco distante dalla mia. Ma perché, in quel momento, mi distanziava da lui?
«Diglielo.» intervenni avidamente. Non mi riferivo al bacio, ma a qualcosa di più intimo e sarei arrivata a confessarlo.
«Mi è piaciuto. E allora?» mi spillò uno sguardo di sfida ed io non mi persi d'animo. La mia rabbia non avrebbe retto per molto e avrebbe lasciato il via al mio lato peggiore. Il mio egoismo feriva. Come le mie parole.
«Non intendevo quello.» sputai, e lui di colpo mi guardò torvo, con volto avido e aguzzo. E subito risi, con una goduria amara.
«Cosa intendi dire?» intervenne casualmente Esme, per separare la nostra lite e, di conseguenza, declinando le nostre emozioni.
«Già, Star, cosa intendi?» seguí Jamie, con un velo quasi divertito.
«Confessa.» lo indussi a confessare ciò che sentiva per lei, ma in qualche modo capii, o sperai, che le sue emozioni non parlassero sul serio. Che non fossero oneste come davvero avrebbe dovuto essere.
«Starlight, stá zitta.» digrignò i denti e serrò la mascella, schiudendo le mani a pugni, dalle quali lasciavano il via libera alle nocche velate di bianco latte.
«No.» dissi io. «O lo dici tu, o lo faccio io.» mi avvicinai di poco a lui. «Al posto tuo.» sentenziai, con lo sguardo rivolto fra le sue iridi poco chiare e mi persi nella sua dannata e malata incomprensione.

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