Diversi

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-Jin..!- esclamai, spaventata.

La "mano" di quell'albero inquietante continuava a stringere Jin, ma lui non oppose resistenza e non si ribelló. Al contrario, rimase fermo e calmo, non dicendo nemmeno una parola.

E fu allora che udii una voce.

-Jiiiiiiin, diimmi, quella bambina.. É un'umana?- 

Proveniva dall'albero, ne ero sicura. Che fosse stato uno spirito anche lui?

Rabbrividii, terrorizzata, stando sempre dietro al corpo di Jin.

Jin dapprima stette zitto, senza muoversi. Dopodiché, inclinó la testa leggermente verso l'alto e rispose.

-Stai tranquillo. Non mi fará del male.-

Lo fissai. Sembrava così deciso, cosi calmo, nonostante io non stessi capendo ció che stava accadendo.

-D'accordo- l'albero parló di nuovo.

Iniziai a sentire degli scricchiolii provenire dal tronco di quest ultimo, che pian piano ritiró indietro il suo braccio, lasciando libero Jin.

Quando il ramo fu completamente sparito, udii sempre la sua voce, rauca e grave che diceva

-Per favore, bambina umana.. Non toccare Jin.-

Quella frase echeggió tra gli alberi, e rimase impressa nella mia mente. "Per favore, bambina umana... Non toccare Jin."

Mi sentivo per la prima volta strana, nella mia vita. Diversa, indesiderata. La mia presenza era un pericolo per Jin, non dovevo essere vicino a lui, non potevo.

-Quindi gli spiriti possono toccarti...- parlai senza quasi rendermene conto.

Strinsi nei miei piccoli pugni i due lembi del mio vestito rosa, arrossendo.

Jin si giró e non disse nulla.

Proseguì il cammino e io lo seguii, in silenzio. Un silenzio orribile, fatto di tutto e di niente.

Continuavo a camminare a testa bassa, stando sempre dietro al ragazzo.

Improvvisamente iniziai a sentire delle risatine, delle voci, degli strani versi provenienti da vari punti della foresta.

-Ihihihihihih

-Jiiin, sta attento!

-quella bambina..

-un'umana, un'umanaa!

-ihihihih

-ahahah, Jiiin!

-Jiin, allontanati da quella bambinaa!

Alzai lo sguardo e fu allora che li vidi. Centinaia di spiriti, sparsi per tutti gli angoli della foresta, ovunque. Avevano sembianze anormali, simili a degli ombrelli, e su ognuno di loro erano rafigurati degli occhi.

Continuavano a ridacchiare e a parlare fra di loro, io tornai ad abbassare lo sguardo e a proseguire per la mia, per la nostra strada.

Trascorsero due estati  e poi tre. Ogni anno tornavo da Jin per parlare con lui, per condividere con lui le esperienze trascorse in un anno, per tenergli compagnia. Amavo fare quelle lunghissime passeggiate in sua compagnia, parlare di tantissime cose, talvolta anche stupide, raccontargli molte cose, amavo prenderlo anche in giro, scherzare con lui, giocare.

Eravamo due amici, diversi tra di noi. Ma questo non ci importava, per noi la differenza non contava nulla. Io non potevo fare a meno di lui, lui non poteva fare a meno di me, eravamo diversi, ma uguali. Divisi, ma uniti. E anche se non potevo toccarlo, saltargli addosso ogni volta che mi faceva un complimento o mi diceva qualcosa di bello, anche se non potevo ternerlo per mano quando avevo paura, io lo sentivo sempre vicino a me, sentivo la sua voce, vedevo il suo volto, percepivo la sua presenza. Mi bastava questo, per sentirmi al sicuro.

Hotarubi no mori eDove le storie prendono vita. Scoprilo ora