Timothy rientrò a casa tre ore dopo, con le guance ancora colorate di un rosso fuoco.<<Andata bene la giornata?>> le domandò la madre impegnata nella solita organizzazione della tavola.
Per risposta lei tirò un calcio alla sedia.
<<E che diamine Timothy, ma non puoi rispondere si o no con la testa come tutte le persone normali?>> le urlò la madre.
"Tutte le persone normali?" pensò lei "il fatto che non perda tempo a parlare con te è la dimostrazione della mia normalità, risparmio il fiato" girò sottosopra il piatto, rovinando la perfetta geometria della tavola, quel gesto significava che non avrebbe mangiato.
<<Sei la solita maleducata, non so più come fare con te, non so cosa fare>> le urlò dietro la madre, mentre Timothy usciva dalla cucina.
La signora Patrizia, come molte persone del resto, confondeva il concetto di educazione con quello di grazia e rispetto.
Timothy sin da bambina aveva respinto con forza l'esempio di femminilità offertole dalla madre, ai suoi occhi la signora Patrizia non era altro che una casalinga frustrata e frivola, capace di esaltare solo il sapore di un arrosto.
Per quanto riguardava il rispetto, quello un genitore può decidere di ottenerlo in due modi, a suon di ceffoni e rimproveri e in questo caso quello che sembrerà rispetto, sarà in realtà solo coercitiva obbedienza o mostrandosi come valida guida nella vita di un figlio.
La signora Patrizia aveva scelto la strada più semplice, ceffoni e rimproveri e una volta che Timothy aveva superato l'età per prenderli senza reclamare, la rabbia di sua figlia le era franata addosso, senza che lei avesse la capacità di rimediare ai suoi errori educativi.
Timothy le aveva dato filo da torcere sin da quando era bambina, a soli quattro anni di fronte ai rifiuti della madre di fare qualcosa o di assecondare un suo desiderio, pretendeva già delle spiegazioni e quando la signora Patrizia cercava di cavarsela con un generico "perchè no" la risposta di Timothy era sempre "Perchè no, non è una risposta".
La signora Patrizia non sopportava di essere ripresa continuamente da una bambina e un giorno aveva chiesto consiglio a sua sorella Irma.
<<Tu perdi troppo tempo in spiegazioni, così la bambina non capisce chi comanda e la confondi ancora di più>> le aveva detto la sorella <<segui il mio consiglio che di figli ne ho tre, mica perdo tempo a spiegare tutte le cose o si fa come dico io o si prendono due sonore sculacciate.>>
La signora Patrizia aveva fatto di quel suggerimento il suo vangelo e ogni volta che Timothy si azzardava a protestare o a esprimere la propria opinione, il suo sedere riceveva la visita una potente manata.
Alla fine Timothy aveva imparato a non fare domande, ma questo non significava che non se le ponesse.
Ogni risposta che sua madre aveva rifiutato di darle, era un punto in meno nella classifica di gradimento di Timothy.
A otto anni per Timothy sua madre era solamente la persona che le preparava il pranzo e la cena, niente di più.
Alla signora Patrizia l'improvviso silenzio di sua figlia le era sembrato la più grande delle benedizioni, la tregua a una guerra che sapeva che non avrebbe mai vinto, ma quegli occhi stretti che la figlia non mancava mai di puntarle addosso, le ricordavano che l'opzione del perdono per lei non era prevista.
Erano due estranee, legate da un vincolo di sangue, ma pur sempre due estranee. Il mondo di Timothy la signora Patrizia non l'aveva mai capito e a Timothy il mondo di sua madre, non era mai interessato.
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Volevo chiamarmi Anna
Short StoryLa normalità della sua esistenza era la ragione per cui continuava a rimanere in silenzio, era convinta che parlare fosse inutile tanto nessuno faceva mai attenzione a quello che gli veniva detto. Quando voleva comunicare con qualcuno gli si parava...