•Buon Natale•

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Quella notte Niccolò proprio non riusciva a dormire. Era teso, agitato e felice allo stesso tempo.
Aveva il suo fidanzato accanto, che dormiva beatamente abbracciato a lui; il suo profumo nelle narici come il caffè al mattino; le sue mani a stringere il suo corpo ben strette, come se avesse paura che scappasse; la sua testa sopra al petto, quasi ad ascoltare i battiti del suo cuore; la pelle calda a contatto con la sua, stranamente fredda. Eppure non riusciva a dormire. Non riusciva a non pianificare, nella sua testa, quella proposta che entrambi aspettavano da troppo tempo. Tutte le idee che gli passavano per la testa quella notte, non lo soddisfacevano. Martino si meritava qualcosa di splendido, di unico. Avrebbe voluto vederlo commuoversi, vedere la felicità nei suoi occhi, quasi da farlo scoppiare. Aveva pianificato questo giorno per mesi, eppure ora tutte le sue idee sembravano così banali, scontate. Voleva qualcosa di speciale, per lui. A questa ansia, poi, era aggiunto anche il pranzo di Natale con le famiglie, che da lì a poco avrebbe dovuto affrontare.
I genitori di Martino, Paola e suo figlio, e i loro genitori. Non era il primo pranzo di Natale insieme, ormai Niccolò era entrato a far parte di quella famiglia, ma ogni volta non sapeva come vestirsi, ed era sempre un pochino imbarazzato, all'inizio.
Entrare nella casa dove il suo fidanzato era cresciuto, dove aveva pianto per lui, dove aveva visto video su youtube dove suonava, dove si erano promessi amore, in quella stanza, gli trasmetteva ogni volta sensazioni diverse. Incontrare i suoi genitori, incontrare sua mamma, che tanto adorava. Il figlio di Paola, così dolce e affettuoso, e vedere Martino giocare insieme a lui, guardandoli come se fosse il loro bambino, e innamorarsi di lui anche in quel momento. Vedere come i loro genitori si unissero e si considerassero una famiglia, era una sensazione bellissima. Niccolò era innamorato di tutto, anche di quei piccoli dettagli.
Ma ora l'unica cosa che non gli faceva chiudere occhio non era la famiglia, non era il pranzo di Natale. Era la proposta di matrimonio. Quella era l'inizio di un nuovo capitolo, e lo emozionava, lo faceva fremere.
E ci pensava. Ci pensava da minuti interi, finché i suoi occhi si chiusero.
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25 dicembre:
Ad interrompere i sogni beati di Niccolò, che dopo minuti di pensieri ossessivi era riuscito ad addormentarsi, fu il profumo di caffè che proveniva dalla cucina, dove Martino stava preparando la colazione. Forse erano stati i rumori a svegliarlo, forse la televisione in sottofondo, o la sua emozione, o forse la sveglia automatica che aveva in testa e che lo faceva svegliare sempre allo stesso orario.
Si alzò, tirò un sospiro profondo, e si diresse in cucina a scartare i regali che si erano fatti.
Martino gli aveva preso un orologio e la boccetta del prufumo che indossava da sempre, mentre Niccolò aveva puntato su qualcosa per la casa: una giraffa fatta di ceramica, delle dimensioni di una bottiglietta d'acqua. Ormai la giraffa era diventato il loro simbolo, la cosa che li univa, più di tutte.
Quel mattino di Natale, Martino ancora non sapeva cosa gli sarebbe aspettato. Si era quasi completamente dimenticato di quella proposta di Niccolò a Milano, non ci aveva dato tanto peso data la sua poca lucidità. Ma non sapeva in realtà che Niccolò a quelle parole ci credeva, perché da ubriaco i pensieri che si hanno sono reali, sono le parole che da sobrio non diresti mai. Si era promesso di sposarlo, di stare con lui per tutta la sua vita, e non se ne sarebbe mai pentito.
Ma Martino non poteva sospettare nulla. Niccolò aveva creato tutto con la sua testa, senza fargli sospettare la minima cosa. Aveva creato i cartelloni, inventando una scusa per uscire di casa, per andare a prendere il materiale e nasconderlo; usciva di casa per metterli insieme, con la collaborazione di Filippo; era stato attento a nasconderli nella loro cantina e si era impegnato in tutti i modi di non farlo scendere lì sotto, per non farglieli trovare; e ora, quei cartelloni con la loro promessa, erano nascosti sotto dei vecchi asciugamani da mare, nel bagagliaio della loro macchina.
Niccolò non faceva altro che pensarci, mentre si vestiva in camera, insieme a Martino. La sua testa era piena solo e soltanto di immagini di quel fatidico momento, tanto che faceva fatica a seguire i discorsi del suo fidanzato, che, nervoso, sceglieva cosa indossare.
" Nico mi stai ascoltando? Ti ho chiesto se metto questa camicia o quella. Quella ho paura di sporcarla, ma si abbina ai pantaloni. L'altra l'ho messa il Natale scorso, poi sembra che non abbia altre cose da mettermi, però è carina e soprattutto comoda. Non so cosa mettermi, beato te che sei così tranquillo! "
Tranquillo non era proprio il termine adatto a descrivere Niccolò in quel momento. Piuttosto fingeva di esserlo, teneva i nervi tesi e l'espressione seria, per tranquillizzare il ragazzo accanto a lui, con il quale faceva a gara a chi fosse più nervoso. Martino girava per la stanza, apriva e chiudeva continuamente i cassetti e le ante degli armadi, in cerca di qualcosa, e ogni tanto si passava una mano tra i capelli, con fare agitato.
" Vuol dire che per il tuo compleanno ti farò rifornimento... comunque quella bianca ti sta benissimo, ma mettici sopra una giacca perché prendi freddo."
" Prima nemmeno mi ascoltava e mò mi dice della giacca... Metto quella che mi ha regalato mamma, così è contenta perché dice che non me la vede mai addosso. Tu hai già scelto cosa mettere o hai deciso di venire in mutande?"
A Martino non dispiaceva vedere il suo fisico nudo e scolpito, le sue braccia forti, le sue gambe così nude e belle. Quella visione, soltanto per lui, non gli faceva per niente schifo, ma dovevano sbrigarsi se non volevano fare tardi al pranzo di Natale.
Niccolò non poteva fare a meno di ridere. Martino in quella situazione era sempre così divertente, ma soprattutto così carino.
" lascio a te il privilegio di vedermi in mutande. Poi nevica, non posso andare così. Mi metto i pantaloni che mi ha regalato Paola con la camicia, ti sta bene o hai paura di sbavare tutto il pomeriggio?"
A Niccolò piaceva provocarlo, se la spassava a vederlo mentre si  innervosiva e si mordeva il labbro inferiore. Lo trovava dolce, e provocante allo stesso momento.
" avrò da fare col bimbo oggi. Ogni volta che mi vede non si scolla da me."
" siete così carini insieme. Mi piace vederti alle prese con quella peste. "
Martino e quel piccoletto erano ormai diventati fratelli. Martino ci giocava, lo aiutava con i compiti, gli comprava i giocattoli. Ogni volta che si incontravano, lui lo prendeva in disparte e lo portava a giocare con il suo trenino, sotto lo sguardo tenero dei loro parenti. Da quella sera, in cui era scappato per andare da Niccolò, da quel tocco delle loro mani contro la finestra, Martino aveva visto bontà e dolcezza in quel bambino.
" si, ma ora per favore ti sbrighi che è tardi? Poi nevica e dobbiamo anche andare piano, perciò sbrigati che ci aspettano." brontolò Martino, con un accenno di sorriso sulle labbra. Non sapeva essere cattivo con lui, lo amava troppo e si scioglieva sempre soltanto con un suo sguardo.
E Niccolò scoppiò in una risata sonora, vestendosi, sotto lo sguardo attento del suo fidanzato.
" sono pronto, tu ci sei? I regali dove sono?"
" si, sono pronto. Mamma, che ansia che ho. I regali sono sotto all'albero. Mi raccomando non dimenticarti quello del bambino, e stai attento perché è grosso. Lo porti tu? Io porto il tuo zabaione e gli altri regali. "
Martino diede l'ultimo sguardo nel suo riflesso allo specchio, si sistemò i capelli, prese la teglia di zabaione che ogni anno Nico faceva con tanto amore, raccolse gli ultimi regali, spense le luci di casa e chiuse il portone, lanciando un'ultima occhiata in giro per paura di aver dimenticato qualcosa.
Roma innevata era bellissima. Anche con le mani piene di cose, il naso congelato e la fretta, si fermò a guardare davanti a sé la loro macchina piena di neve, e il quartiere intorno alla loro casa, colorato di bianco. Diede un bacio a Niccolò, sotto la neve, e salì in macchina, scaricando la quantità di cose che aveva in mano. Ormai non si vergognava più di baciarlo fuori di casa, nemmeno il giorno d Natale. Non gli importava dei commenti, degli sguardi. Non gli importava di nulla, da quando aveva imparato soltanto ad amarlo, minuto per minuto. A lui importava solo di quell'esatto momento che stava vivendo, con lui. Gli importava di essere in macchina, con il suo fidanzato, il giorno di Natale, sentire la musica bassa della radio, e avere la mano del suo fidanzato sopra la sua gamba.
Si godeva ogni minuto con lui. Si stava godendo anche quel loro sguardo, intenso e interminabile, che parlava d'amore, prima che Niccolò accendesse la macchina e partisse.
E con quello sguardo, così intenso e innamorato, la tensione di entrambi svanì, confondendosi tra i rumori della strada e la musica in sottofondo.

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