Capitolo Otto

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Il ragazzo dai capelli castani entrò nell'ascensore trascinando con sé le due valigie e uno zaino. Si gettò con la schiena sul muro tirando un sospiro di stanchezza. 

"Ehi aspettami." urlò un altro ragazzo con i suoi borsoni. Edoardo allungò il braccio per fermare la porta che stava per chiudersi. Il moro precipitò all'interno dello stretto abitacolo in metallo, inciampando in una delle valigie del castano, cascando a pochi centimetri dall'amico. I loro volti erano vicini.
Michelangelo gli sorrise e poi lo baciò sulle labbra. L'ascensore salì e poi si fermò alla prima richiesta. Le porte si aprirono ed un soffio d'aria freddo investì i corpi sudati dei due ragazzi.
"Mh, devo andare..." mormorò gemendo nel bacio scostandosi dal più alto che non gli dava tregua. Si trascinò le valigie fuori incamminandosi verso il suo appartamento.
"Ti aspetto su da me, appena hai sfatto le valigie." gli propose facendogli l'occhiolino. "Va bene, però avevo voglia di uscire stasera." disse dopo aver spalancato la porta di casa ed essersi voltato verso il moro, che riaprì l'ascensore.
"Dai, siamo appena tornati, vuoi già uscire... mi sento un po' stanco."
"Ma sei hai dormito tutto il tempo in treno." palesò ridendo. "Ehi, siamo stati quasi otto ore dentro quel benedetto treno." protestò lui, allungando di nuovo la gamba davanti al sensore automatico.
"Ti prego... mettiamoci sul divano a guardare qualche film o a fare qualcos'altro, ordiniamo qualcosa con uber e dormiamo. Ho casa libera quasi fino a fine mese." lo supplicò facendogli gli occhi teneri.
"E cosa avresti in mente di fare? Sentiamo." chiese. "Beh, per esempio potresti finire quello che stavi facendo nella cabina del treno, con il tuo piede." alluse con un ghigno malizioso, squadrandolo da cima a fondo.
"Sei un cretino." gli rispose abbassando lo sguardo con leggero imbarazzo. "Facciamo che ceniamo a casa e poi scendiamo per un gelato? Dai che fa un caldo pazzesco!" ripropose.
Il moro sbuffò.
"Io ho l'aria condizionata a casa, ma se ci tieni tanto ad uscire, usciamo dopo cena." si rassegnò.
Il ragazzo dai capelli castani raccolti in un corto codino dietro la testa esultò e si avvicinò all'ascensore che ostinava a chiudersi tutto il tempo. Entrò dentro e lo baciò peccaminoso, facendo scorrere la sua lingua all'interno della bocca del suo amico.
"Sei il fidanzato migliore del mondo, te l'ho mai detto?" chiese poi riallontanandosi verso casa. "Beh, è una delle tante mie qualità." rispose vanitoso, facendo finta di lisciarsi le unghie sulla maglietta.
"Cretino." ripeté divertito. "A dopo." lo salutò mentre la porta di metallo finalmente si chiuse.
Edoardo mise finalmente piede nell'appartamento vuoto. Era completamente immerso nella penombra, la luce passava prepotentemente dalle tende e dalle fessure delle veneziane. La casa odorava di chiuso e avvertiva l'eco ad ogni suo passo, segno che era rimasta vuota per parecchio tempo.
Fece prima un giro di controllo per tutta la casa, com'era solito fare sempre, andò a spalancare tutte le porte per far entrare la luce del sole e l'aria che si mosse dopo essere rimasta completamente immobile.
Si accorse che forse aprire la finestra per il ricambio dell'aria non fu una bella idea perché entrarono anche la calura e l'umidità dall'esterno. Aveva la fronte imperlata di sudore e si sentiva tutto umido e appiccicoso. Andò in bagno, per controllare le sue piantine che aveva lasciato nella vasca, con una corda bagnata nel terriccio, in modo tale che potessero rimanere idratate. Notò con spiacevolezza che erano appassite, e pensò che dovesse essere a causa della finestra rimasta chiusa, non fornendo così un giusto passaggio di aria pulita.
Si levò la maglia e si sciacquò velocemente il viso e le braccia.
Ritornò vicino all'ingresso, trascinando le valigie nella sua stanza. Divise i panni puliti e perfettamente stirati dalla madre nei giorni precedenti, che reinserì nell'armadio, da quelli sporchi che avrebbe gettato direttamente nella lavatrice.
Dopo aver sistemato tutti i vestiti, passò ai vari souvenirs. Prese la macchinetta fotografica e la accese. Si sedette sul letto e iniziò a guardare le foto di quell'estate passata assieme.
"La nostra seconda estate." pensò malinconico guardando un'immagine di lui che stava sulla schiena del moro che aveva le gambe immerse completamente in un'acqua azzurrina e sorrideva alla fotocamera. Entrambi avevano la pelle baciata dal sole e uno sguardo molto rilassato e contento, nascosto dagli occhiali colorati che si erano comprati insieme da uno di quei venditori ambulanti che andavano in giro sulla spiaggia.
La fotocamera si spense ed Edoardo rimase ad osservare lo schermo nero per un momento come se l'immagine fosse ancora lì presente. Si stese sul letto stringendo a sé la macchinetta, e rimase a fissare il soffitto bianco. Sospirò malinconico ripensando a quell'estate che se n'era appena andata. Poggiò la fotocamera sul comodino e si rialzò decidendo che doveva riprendersi e che doveva rimettere la casa apposto, che era impolverata.
Guardò fuori dalla finestra il cielo arancione che si affrettava a diventare sempre più scuro e rinunciò all'idea di dover pulire casa in quel momento.
Ora come ora aveva solo voglia di godersi quegli ultimi istanti in cui poteva stare tutto il tempo che poteva con il suo ragazzo, prima che i suoi amici tornassero dalle vacanze e prima che si segregasse in casa per studiare.
Si alzò dal letto, prese il cellulare e le chiavi di casa e uscì dall'appartamento. Salì le scale e bussò alla porta della casa del compagno.
Lui lo aprì rimanendo la porta socchiusa e lo guardò sorpreso.
"Ma lo spogliarellista non dovrebbe venire vestito e poi spogliarsi?" domandò malizioso, spalancando la porta per farlo entrare.
"Faceva troppo caldo." spiegò entrando in casa e dirigendosi a passo lento verso il divano.
Michelangelo chiuse la porta e accorciò subito le distanze, impattando sul più basso con forza ed abbracciandolo da dietro. Iniziò a baciargli la nuca ed il collo, mentre lo manteneva stretto tra le sue braccia, Edoardo non si ribellò nonostante la presa del moro gli fece quasi mancare il fiato.
I due caddero sul divano, dove Eddy si mise seduto e Mickey in ginocchio su di lui, mentre continuava a baciarlo.
"Non che mi dispiaccia, ma fa un po' caldo." ammise il ragazzo dagli occhi verdi mentre il moro gli baciava dietro all'orecchio, facendolo mugolare.
Il moro tirò indietro la testa e prese un lungo respiro, sbuffando sul viso del più piccolo.
"In effetti è vero, fa un po' troppo caldo." disse poi sventolandosi la mano in faccia. Rotolò al suo fianco, e prese il telecomando del condizionatore. Premette più volte lo stesso tasto, ma il condizionatore non diede segni di vita.
"Ti prego, non dirmi che è rotto." quasi lo pregò il castano, rimanendo col naso all'insù ad osservare quel grosso macchinario bianco appeso sulla parete di fronte.
"Aspe che scrivo sul gruppo di casa, magari i ragazzi sanno qualcosa." rispose rialzandosi per andare a prendere il cellulare.
Il ragazzo che era venuto fin lì a torso nudo, osservò una leggera chiazza di sudore lungo la schiena del compagno e questo gli fece venire ancora più caldo. Per sua fortuna il sole stava battendo la ritirata e sperò che la temperatura si abbassasse anche di poco, giusto per avvertire un po' di fresco.
"Mi ha scritto Mattia, e ha detto che il condizionatore ha iniziato a fare strani suoni. E dato che il genio doveva partire a giorni non ha preso appuntamento con l'elettricista o con chi diavolo sarebbe dovuto venire." sbottò irritato. "E quindi?" chiese il castano, osservando il profilo del suo ragazzo, con i capelli rasati a pelle di lato con quel ciuffo che non era più riccio ma mosso, dal colore ancora più nero del carbone. Studiò le orecchie piccole e la mascella ben pronunciata che si allungava al mento, coperto da un cortissimo pizzetto appena accennato, nero come i suoi capelli.
Lui voltò di nuovo il suo sguardo verso di lui, puntando quegli occhi che aveva scoperto in più di un'occasione non essere uniti con la pupilla.
Gli venne a mente il colore dei suoi occhi, in quelle giornate piene di sole in cui Michelangelo stava disteso sulla sabbia ad abbronzarsi e lui invece passava ore a fissarlo per non perdersi neanche un suo minimo dettaglio. Non lasciava scoperto neanche un neo o una lentiggine, le sapeva tutte a memoria e scommise che poteva trovarle a occhi chiusi.
Si ricordò di quella volta in cui distinse per la prima volta il colore dei suoi occhi, quando lui si portò la mano a pochi centimetri di distanza dal viso per farsi ombra, e spalancò quelle che sembravano essere due ossidiane verso di lui. Un colore bellissimo paragonabile solo a quello di un chicco di caffè tostato.
"Ehi, Terra chiama Edoardo, ma ci sei? A che pensi?" lo richiamò a sé il moro schioccando le dita. "Scusa, ero immerso nei miei pensieri."
"Già ho notato. A che pensavi?" richiese.
"A quanto vorrei uscire per un bel gelato al caffè dopo." rispose, inumidendosi le labbra. Lui lanciò uno sguardo al cielo.
"Sto per chiamare uber, che ne dici se invece della pizza mangiassimo un po' di sushi?" propose sfogliando il catalogo dell'applicazione.
"Non è che abbia tanta voglia di mangiare, questo caldo mi toglie persino l'appetito." sbuffò.
"Non hai tutti i torti. Sennò vediamo, possiamo ordinare una Cesar Salad?" lo interrogò.
"Nah, vada per il sushi." disse scollandosi dal divano, lo raggiunse e si alzò sulle punte per dargli un bacio sulle labbra, gli prese la mano e lo trascinò con sé.
"Aspetta che non ho finito l'ordine." protestò lavorando solo con il pollice sinistro. "Dove stiamo andando?" domandò continuando ad osservare lo schermo del suo cellulare.
"In bagno a farci un bagno." rispose. Il moro si bloccò squadrandolo dalla testa ai piedi, poi di fretta lanciò il cellulare sul divano e lo seguì subito, rimanendo con il dubbio se avesse finito con l'ordinazione o meno.

Quello di Michelangelo era il vecchio appartamento suo e della sua famiglia. Suo padre, ricevette una proposta di lavoro a Rimini e discussero a lungo su come dovessero procedere con il trasferimento. I due genitori sarebbero voluti partire, ma non Michelangelo, che voleva rimanere lì per studiare all'università e continuare a praticare karate con la sua squadra. Non si sentiva ancora pronto per un cambiamento così grosso, ed il padre dato che non poteva permettersi di riuscire a mantenere due case, decise quindi di mettere l'appartamento di Milano in affitto, così che riusciva a ricolmare le spese del figlio per farlo restare lì.
Cambiarono sostanzialmente pochissime cose. Il padre, con un passato da tuttofare, ed il nonno, riuscirono ad innalzare due muri per poter ricavare delle stanze in più, quattro in totale, una per ogni inquilino.
Michelangelo così si prese parte della stanza enorme dei suoi genitori, facendo rimanere un armadio ed il letto matrimoniale dei suoi, e lasciò le altre tre più piccoline ai suoi.
Per sua fortuna i suoi genitori non si presero molto dell'arredamento, anche perché contavano di ritornare in quella casa prima o poi. Un'ipotesi che diventava sempre più improbabile con il passare degli anni, pensava spesso il moro.
Dovette combattere con suo padre, che si occupava di vendere le case appunto, per mantenere la vasca da bagno, perché l'agente immobiliare diceva che non era utile e che potesse risultare scomodo e fastidioso, ma per sua fortuna e grazie alla sua ostinazione il padre gliela lasciò.
E in quell'istante benedì quella saggia decisione del padre, quando vide il castano spogliarsi davanti a lui ed immergersi nell'acqua fredda, mentre sospirava per il sollievo dal caldo.
"Non vieni?" gli chiese immergendosi totalmente. Il moro si spogliò e si immerse di fronte a lui, facendo aumentare di troppo il volume dell'acqua che strabordò di poco.
Anche lui sospirò quando sentiva tutta la sua pelle calda entrare a contatto con quell'acqua fredda.
"Ci voleva proprio." mormorò allungando le gambe fino alle anche del suo ragazzo. Aveva fino a metà della coscia scoperta, e stava un po' stretto in quella vasca ma almeno il caldo era diventato tollerabile.
"Cazzo mi hai incastrato." ammise il castano divertito mentre si riposizionava per cercare un po' più di spazio tra le gambe del riccio.
"Beh io sto bene, tanto tu sei piccolo, occupi poco spazio." scherzò il moro, allungandogli il piede vicino al viso per giocare. "Smettila." pronunciò il castano ridendo.
Michelangelo insistette accarezzandogli la guancia e sfiorandogli il labbro. "Dai!" imprecò il castano mentre maneggiava il suo cellulare. Il moro perdurò finché non ricevette le attenzioni del compagno.
Il più basso allungò il suo piede sta volta facendo sobbalzare il moro. Michelangelo gemette e guardò gli occhi furbi del più basso che lo avevano provocato.
Il moro allora si alzò e si sdraiò sul corpo di Edoardo, facendosi spazio tra le sue esili gambe. Poggiò la testa sul suo petto, sotto al suo mento e lasciò che il castano lo abbracciasse ed intrecciasse le sue mani con le proprie facendole immergere e riemergere dall'acqua.
Non c'era più sesso tra di loro ormai, avevano smesso da un bel po' di tempo. Ora facevano solo l'amore, ogni volta che c'era quel contatto intime si sentivano l'uno più vicino all'altro, si sentivano sempre più completi.
"Non puoi provocarmi e lasciarmi così ogni volta però." scherzò il ragazzo portando la mano del compagno sulla sua erezione, allungando la sua testa per baciargli il mento.
Il castano quindi aprì la sua mano, e prese tutto il membro iniziando a pompare piano, massaggiando anche i testicoli con l'altra.
Lo sentì gemere mentre gli baciava la mandibola e quei versi lo facevano rabbrividire, e voleva sentirne sempre di più lunghi, così aumentò la velocità della sua mano.
"Baciami." balbettò con un lungo gemito, sentendo l'eccitazione giungere al suo culmine.
Il castano baciò quelle labbra sottili mentre le sue mani fremevano sotto di loro.
Sentì poi il moro spingere il bacino verso la sua mano e all'improvviso aprì la bocca per lanciare un lungo gemito. Lo sentì liberarsi ma non si fermò, continuando a strofinare quella punta sensibile, iniziando a farlo gemere più forte, suonando quasi come una lamentela.
Edoardo infilò la lingua nella bocca spalancata mentre liberava orgasmi multipli e si tirava indietro col bacino, perché il suo corpo gli chiedeva di smettere anche se lui non voleva.
Dopo aver concluso, il moro si rilassò completamente, poggiando la testa sulla clavicola del più basso e scivolando lentamente verso il basso.
"Dovremmo farci una doccia, l'uber starà arrivando." mormorò nell'orecchio Edoardo, facendo accapponare la pelle di Michelangelo che trattenne l'istinto di nascondere quel tratto di collo sensibile al solletico arrendendosi completamente ad ogni tocco del suo ragazzo.
"Non voglio." mormorò scoprendo le sue braccia che fin ora erano rimaste immerse. Fece scorrere i polpastrelli dei medi sulle ginocchia esposte del più basso, disegnando curve e forme immaginarie.
Eddy poggiò il suo mento sulla testa del moro, osservando i disegni che il più alto gli lasciava sulla pelle.
L'acqua non era più fresca come prima, aveva raggiunto la stessa temperatura dei loro corpi ormai. Il ragazzo dagli occhi verdi cercò il tappo della vasca dietro la sua schiena e lo staccò.
I due rimasero quasi asciutti quando decisero di rialzarsi. Il moro si rialzò per primo, aprendo l'acqua del piatto della doccia. Sentì poi una mano sfiorargli gentilmente la gamba mentre avvertiva i baci che Edoardo gli lasciava lungo il polpaccio, sulla gamba, sul gluteo dove sostò con un morso delicato ma comunque un po' fastidioso. Risalì la schiena e continuò fino a una delle prime vertebre dove poteva arrivare. Solo dopo il moro si voltò per far incontrare le loro lingue sotto l'acqua che pioveva su di loro.

Il campanello suonava impazientemente. Il corriere fu tentato di svuotarsi il borsone e lasciare lì tutto il cibo, quando un ragazzo dai capelli neri e palesemente bagnati, con solo un accappatoio in vita, gli aprì la porta.
Il ragazzo svuotò la sua borsa frigo, e consegnò i piatti che aveva richiesto, aspettando di ricevere la mancia per poi andarsene.
Micky rientrò poggiando tutto sul tavolino davanti al divano. Aprì poi la busta, ne prese il contenuto e corse a nasconderlo nel congelatore.
Nel mentre, il ragazzo dai capelli castani, anche lui con l'accappatoio in vita camminò scalzo per casa alla ricerca del compagno.
Lo vide mentre si asciugava i lunghi capelli che di solito teneva stretti in un piccolo codino.
"Mangiamo in accappatoio?" gli designò.
"Non so, non ho mai mangiato niente nudo." disse un po' turbato da quell'invito. "C'è sempre una prima volta." rispose prendendolo per mano.
Rimasero collassati sul divano, ad osservare la televisione senza dimostrare alcun interesse per i programmi che venivano trasmessi. Il tavolino era tutto pieno di piattini neri e trasparenti, ed erano vuoti.
L'afa era tornata a farsi sentire di nuovo. "Ho una voglia pazzesca di gelato, ma non ho la minima voglia di uscire, ora come ora." parlò con una certa apatia.
Ecco la proposta che tanto aspettava, ora era il suo momento, era una vita che desiderava fare quel gioco.
"Chiudi gli occhi." ordinò mettendosi dritto. Il castano lo guardò stranito. "Dai chiudi gli occhi, e non riaprirli fin quando non te lo dico io."
Gli occhi verdi non si mossero, cercando di capire quali fossero le intenzioni del moro.
"Ti fidi di me?" gli chiese, facendogli palpitare il cuore per un attimo.
"Sì." annuì, con labbro tremolante.
"Allora chiudi gli occhi." ripeté aspettando che li chiudesse. Il castano eseguì chiudendo uno e l'altro.
Michelangelo scosse la mano di fronte ai suoi occhi per assicurarsi che li avesse chiusi. Sgattaiolò in cucina prendendo il gelato ed un cucchiaino.
Edoardo si sentì in ansia, ma non ansia negativa, piuttosto come la loro prima volta. Acuì l'udito sentendo prima i suoi passi allontanarsi ed aprire un cassetto in lontano. Poi lo sentì riavvicinarsi.
Era di fronte a lui, ne era certo. Lo avvertiva. Sentì aprire qualcosa, e poi un foglio di plastica che veniva squarciato. Di lì di nuovo il silenzio.
"Apri la bocca." gli ordinò il moro. Edoardo aprì timidamente le labbra e sentì qualcosa di freddo avvicinarsi. Il suo primo istinto fu quello di indietreggiare il capo ma poi si rese conto che era un cucchiaino e assaggiò.
Era qualcosa di congelato, da un sapore dolce e famigliare. Spalancò gli occhi gustando il suo gelato preferito.
"AAh, chiudi gli occhi ti ho detto." lo rimproverò facendogli chiudere istintivamente gli occhi. Arrivò il secondo boccone di gelato che assaporò e ingerì. Aprì la bocca per riceverne un altro ma all'improvviso avvertì qualcosa di tremendamente gelido poggiarsi sulla spalla e scivolare sul suo petto. Ispirò violentemente aria trattenendo un lamento di fastidio. Quella cosa gelida si fermò all'altezza del suo capezzolo, dove sentì qualcosa di umido e familiare fermare quella goccia di ghiaccio. Non aprì gli occhi ma poté perfettamente immaginare la testa del moro che ora stava leccando tutta la scia che il gelato al caffè si era lasciata dietro mentre scivolava sul suo corpo. Aveva ancora la bocca aperta e sentì all'improvviso la lingua dell'altro sulla sua che si mescolava con qualcosa di freddo e dolce.
Alla maggior parte della gente poteva far schifo un gesto del genere, ma a loro no. Edoardo non rimase neanche turbato dall'esperimento che stava facendo il suo ragazzo su di lui.
Il moro succhiò le labbra carnose del più basso che sapevano di caffè. Si trattenne dal non mordergliele troppo forte anche se il desiderio selvaggio di spaccargliele lo fece eccitare non poco.
Delicatamente gli fece poggiare la nuca sul divano, così che il suo corpo potesse rimanere in obliquo. Infilzò il duro gelato e ne estrasse una grande pallina che posizionò sullo sterno.
Il castano avvertì il freddo a pochi centimetri di distanza dal suo corpo.
"Aaaaah." gemette forte quando sentì la pallina gelata cadere e rimanere ferma per qualche istante sullo stesso punto, prima di sciogliersi ed iniziare il suo percorso. Edoardo si mise più dritto, partecipando al gioco di Michelangelo.
Sentì il gelato sciogliersi sempre più giù, ed era molto fastidioso ma anche eccitante. Avvertì che il moro gli sciolse l'accappatoio, lasciando scorrere il gelato sul suo pube liscio, dove lo bloccò con le labbra, proprio sopra la base del suo membro.
Il più alto non si fermo e scese più giù, facendosi spazio tra le cosce del più basso. Prese il suo sesso in bocca, lavorandolo con le labbra per farlo indurire ancora di più.
Prese un'altra pallina di gelato con la mano, spalmandola sul glande. Fece gemere così forte al ragazzo che vacillò cadendo prima seduto e poi rimettendosi diritto. Prese di nuovo l'erezione in bocca, arrivando fino in fondo, sentendo spingergli nella gola che iniziava a soffrire con i conati di vomito, che trattenne.
Continuò a scendere e a salire, spalmando del gelato attorno, che poi ripuliva con la sua intrepida lingua.
"Eddy..." lo chiamò con voce sensuale, mentre si faceva guidare dalle mani del ragazzo dagli occhi verdi che spinse la testa mora fino in fondo alla base.
"Eddy... apri gli occhi e guardami." ordinò con un tono autoritario. Edoardo lo guardò. Vide come i suoi occhi pieni di lussuria fissavano verso i suoi, e vide la sua bocca spalancarsi per accogliere la sua erezione.
"Micky... sto per..." balbettò tra un gemito e l'altro. Michelangelo ignorò quell'avvertimento, lasciando che le mani di Edoardo si stringessero a pugni tra i suoi capelli, tirandoglieli. Gli cedette il controllo, mentre con ultima spinta nella bocca si liberò nella sua gola, lanciando un forte gemito. Il ragazzo lo ripulì ingoiando il suo seme.
Edoardo lo tirò a sé baciandolo e poi lo fece voltare mettendolo di fianco a sé.
"Ora tocca a me, chiudi gli occhi." gli ordinò ancora col fiatone. La fame di lussuria sembrava insaziabile, li divorava dall'interno, proprio come fa un fuoco quando divampa in una foresta.
Il buio totale, non sentiva nulla, e poi avvertì il fastidio del gelato sulla sua pelle calda. E poi la lingua di Edoardo che assaporava ogni centimetro di quella pelle abbronzata, mista al sapore zuccherino aromatizzato al caffè. Lo fece voltare di schiena, e fece scorrere quel ghiaccio lungo tutta la colonna vertebrale, molto lentamente.
Era un fastidio tremendo, a tal punto che Michelangelo si chiese come facesse il castano a sopportare quel fastidio senza chiedergli fermarsi. Lo sentì scendere sempre più giù e fu fermato poco prima della fessura.
Il biondo poi lo rimise dritto, baciandogli il collo e poi la bocca da dietro. "Ti fidi di me?" gli chiese poi.
Il moro ebbe quassi paura di rispondere a quella domanda, perché intuì le intenzioni di Edoardo. Non gli diede il tempo di rispondere che sentì le dita del più basso spingere sulle sue labbra.
Michelangelo gliele leccò per bene. In quella giornata si sentiva particolarmente passivo, come se Edoardo avesse potuto fare tutto quello che volesse di lui, così gli concesse il permesso di andare avanti.
Edoardo poggiò un primo dito sulla fessura stretta ed inesplorata. Avvertì un certo fastidio mentre quel dito entrava e usciva da lui, ma quando premeva sul suo organo si sentiva bene.
Inserì il secondo dito e le cose peggiorarono un po'. Il castano aspettò pazientemente dandogli tutto il tempo di abituarsi, la prima volta non era così facile e lo sapeva.
Micky poggiò il peso del suo corpo sulle sue braccia e nascose il viso sofferente quando il suo ragazzo entrò dentro di lui per la prima volta.
Gli faceva troppo male, nonostante fosse abituato al dolore in palestra, questo era un dolore completamente diverso. Sentiva premere ed il suo orifizio ribellarsi, ma Edoardo non ci fece neanche caso, si poggiò sulle anche del moro montandolo sempre più veloce, mentre si godeva il momento.
"Fa più piano ti prego." lo scongiurò ad un certo punto con voce interrotta. A malincuore il castano rallentò, continuando a pompare più lentamente.
Michelangelo alternava gemiti di dolore e di piacere, capendo per la prima volta quanto fosse doloroso per Edoardo sopportare di avere qualcosa dentro di sé che entrava e usciva ad una certa velocità.
"Micky, sto per venire." lo avvisò uscendo. Anche Michelangelo si sentì vicino all'orgasmo, senza essere stato neanche toccato. Quando fu uscito, il moro si voltò e poi sdraiò, afferrando i glutei di Edoardo avvicinandoli ai suoi, prese il suo membro e lo puntò nel suo orifizio.
"Ferma... sei-sei sicuro?" gli chiese Eddy, vedendo che Michelangelo ora aveva cambiato posizione.
"Sì, voglio vederti quando verrai." ammise guardandolo in quei smeraldi. Edoardo poggiò le mani ai lati del volto del moro ed entrò con una spinta. Iniziò a montarlo sempre più velocemente, sentendo di perdere il controllo mentre la sua libido aumentava sempre di più. Vide il viso di Michelangelo contorcersi dal dolore, ma urlare anche di piacere.
I due vennero assieme e poco dopo, Edoardo si accasciò sul freddo e tosto pavimento annaspando.
"Perché non mi avevi mai detto che era così doloroso?" chiese Michelangelo con il fiatone.
Edoardo si strinse nelle spalle.
"È normale che faccia male, ma alla fine si prova anche l'eccitazione che supera il dolore dopo un po'." rispose riprendendo a respirare
"Come mai non volevi proprio uscire stasera? Neanche per un gelato?" fu il turno del castano che si rimise seduto per terra.
"Non ti è piaciuto quello che abbiamo appena fatto?" contrappose il riccio.
"Sì, ma già da quando te l'ho proposto non ne eri entusiasta." osservò.
"Beh, non avevo voglia di condividerti con nessuno. Voglio godermi questi ultimi giorni con te, dato che ti rinchiuderai nella tua cameretta a finire e ripetere la tua tesi di laurea e aspetterai pazientemente i risultati del concorso di giugno." gli rispose sincero.
Edoardo contemplò le parole del ragazzo.
"Non aspetto i risultati del concorso per la borsa dell'accademia di Lione, ci sono ragazzi ben più talentuosi di me. E poi, te l'ho detto, già è stata una follia seguire Mario fin qui a Milano, anni fa, adesso dovrei spingermi fino a Lione? In un'altra nazione addirittura? E poi... anche tu hai il tuo bel da fare, ingegnere."
"Sì devo andare a ritirare la laurea, poi iscrivermi a quel master sperando che con i soldi della palestra posso guadagnarci qualcosa. Il maestro mi aveva promesso di affidarmi il turno dei bambini, dato che tra una settimana ho l'esame per ottenere l'attestato di allenatore." esplicò poi evitando l'argomento Lione.
I due rimasero in silenzio per un po'.
"Micky." disse Edoardo guardandolo negli occhi e continuando a rimanere in silenzio.
"Che c'è?" chiese percependo una nota di preoccupazione in quel nome che aveva appena pronunciato.
"Ti amo." annunciò il ragazzo dagli occhi verdi, avvertendo un palpito quando pronunziò quelle due parole.
"Anch'io ti amo, Eddy." ricambiò alzandosi con difficoltà.
"Che ne dici, andiamo a farci una doccia con un terzo round?" propose Michelangelo per far sciogliere quella strana tensione che si era venuta a formare dopo essersi scambiati quelle due parole.
Edoardo non rispose, lo prese semplicemente per mano e si incamminò nel bagno.
Quell'improvviso mutismo lo fece preoccupare, cercando di capire cosa c'era che non andava.
Il castano fu come colto da un'improvvisa strana sensazione, come se per la prima volta si rese conto che poteva perdere di nuovo colui che amava tanto. 

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