Michelangelo aprì gli occhi lentamente, ed alzò la testa con altrettanta lentezza, le tempie gli pulsavano ed ebbe un improvviso capogiro.
Si mise seduto e cercò di fare mente locale. Non ricordava assolutamente nulla di ciò che era accaduto una volta entrato al locale la sera prima. Per un momento gli assalì un dubbio e provò a cercare un orologio o il suo cellulare per cercare di capire che ore fossero, dato che nella sua stanza le persiane erano calate e ciò non gli permetteva di capire l'orario.
Si alzò e lentamente si mise alla ricerca del suo cellulare, nella penombra. Si rese conto di essere in mutande e si sforzò di capire come fosse arrivato nel suo letto senza vestiti.
Si mise in ginocchio e tastò il pavimento finché non tastò il tessuto familiare dei suoi pantaloni, li afferrò e li trascinò a sé iniziando a frugare nelle tasche. La luce del suo cellulare era ridotta al minimo a causa della batteria scarica, fece in tempo solo a leggere la data e l'ora prima che si spegnesse totalmente.
C'erano anche un sacco di notifiche instagram e whatsapp ma nessuna di queste gli interessava veramente, così lasciò morire la batteria del suo telefono. Si trascinò di nuovo a letto gattonando e si rimise sotto le coperte.
Erano circa le cinque del pomeriggio.
La testa gli doleva troppo, doveva alzarsi, sentiva la necessità di farsi una doccia e di prendere un'aspirina. Aveva anche fame e sete, ma rimase sul letto a sforzare di ricordarsi cosa fosse successo la sera prima.
Sebbene fosse stordito riuscì a sentire borbottare dietro la porta della sua stanza, vide anche delle ombre muoversi dalla fessura del pavimento.
La porta si aprì facendo entrare la luce del sole tramontante.
"Ehi, sei sveglio?" sussurrò uno del trio che stava sulla soglia. "Sì... mi sono svegliato proprio ora." rispose con voce rauca, schiarendosela con un colpo di tosse.
La luce nella sua stanza si accese e istintivamente il moro chiuse gli occhi con forza, sentendo il mal di testa aumentare.
"Oh cazzo... che puzza." commentò uno di loro, dirigendosi ad aprire la finestra e le persiane. Anche la luce del sole entrò nella stanza, ed una folata di vento freddo si disperse in tutta la stanza.
"Tutto bene? Ci stavamo preoccupando." parlò il terzo, avvicinandosi al letto. "Sì è dalla festa di ieri che non ci vediamo." commentò Mattia, avvicinandosi dietro i due ragazzi, uno seduto sulla punta, l'altro chino al lato del letto. Incrociò le braccia aspettando una risposta dal riccio.
"Mi sta per scoppiare la testa." rispose alla prima domanda, la sua risposta fu come un gemito, il dolore sembrava aumentare di minuto in minuto.
Il ragazzo sulla punta del letto, gli accarezzò la gamba nascosta sotto la coperta per confortarlo.
"Hai un terribile hangover." commentò. "Ci credo, con tutto quello che avrà bevuto ieri." sentenziò con una voce di rimprovero Mattia, alzando gli occhi al cielo. Michelangelo avrebbe voluto controbattere all'arroganza dell'inquilino, ma non si sentiva per niente bene, così lasciò passare.
"Non ricordo neanche di aver bevuto." ammise sincero, con la speranza che i suoi amici lo potessero aiutare a ricordare.
Iniziò a provare una forte sensazione di smarrimento, di buio, perché non ricordava assolutamente nulla. I tre ragazzi si lanciarono uno sguardo preoccupati dall'espressione esasperata dell'amico.
"Cos'è l'ultima cosa che ricordi?" chiese Mattia sostituendo il solito tono da presuntuoso ad uno di serio turbamento.
Il moro negò con la testa. "Nulla."
"Non può essere." intervenne Gregorio, rialzandosi dalla posizione accucciata vicino al letto, per sedersi vicino al compagno sdraiato sul letto.
"Qual è la prima cosa che ti viene a mente? Magari anche prima della festa..."
Fu come se nella sua mente esplose un lampo e ricordò una scena. Rivide solo Edoardo in camera sua, rivolto di spalle, per andarsene via.
"Ero in camera mia, e mi stavo vestendo per una festa." raccontò, cercando di fare mente locale.
Divenne frustrante perché ogni volta che rivedeva una scena o un'immagine, e si concentrava su di essa, questa spariva o sbiadiva.
"Okay è già qualcosa. E poi? Cosa ricordi altro?" lo interrogò Gregorio.
Lui fece uno sforzo enorme.
"Ricordo di essere entrato in un locale, e c'erano un sacco di persone che mi hanno accolto... credo, credo che c'eravate anche voi." balbettò stringendosi le tempie che martellavano con veemenza.
"Okay, basta così, Simone vai a comprare dell'aspirina perché le abbiamo finite, e anche degli integratori alimentari gentilmente, Gregorio vedi di fargli qualcosa da mangiare. Tu ora alzati e vai a farti subito una doccia, che puzzi come una distilleria, io... vedrò di sistemare questo disastro." ordinò Mattia guardandosi in giro. Non c'erano solo i suoi vestiti per terra, ma anche fogli di appunti e libri per terra, che per qualche strano motivo erano stati sparsi, come se fosse passato un tornado.
"Che casino, sembra sia passato un ciclone." borbottò lui provando ad alzarsi, con l'aiuto dei suoi due amici. I tre si scambiarono di nuovo quello sguardo preoccupato, come se sapessero qualcosa che lui non sapeva.
"Va' a lavarti, che dobbiamo parlare." parlò con tono autoritario l'amico. Sapeva già che gli sarebbe spettata una paternale così sospirò e provò a trascinarsi nel bagno. I tre rimasero a guardarlo mentre camminava lentamente appoggiato alla parete, esitanti se aiutarlo o meno.
Il ragazzo si trascinò nella doccia e aprì l'acqua. Mentre si strofinava la pelle si rese conto di avere indosso ancora le mutande. Si sentì leggermente imbarazzato quando capì di essersi trascinato nel bagno in mutande davanti ai suoi coinquilini, nonostante fosse un'abitudine quotidiana per loro.
Cercò di ricordare cosa fosse successo e pian piano, mentre l'acqua lavava via tutto il suo sudore e l'odore di alcool, i ricordi riemersero uno ad uno. Gli venne a mente di aver discusso con il suo ragazzo prima della festa, anche se non sapeva ancora il perché, e si ricordò che si sentiva talmente disperato ed in ansia che dovette trascinarsi in bagno a prendere delle gocce.
Rivide proprio quell'immagine come se lo stesse rifacendo in quell'istante. Poi si ricordò di essere uscito di casa, e di essere arrivato fino al locale dove aveva brindato con i suoi amici e colleghi per aver ottenuto il brevetto da allenatore. Da lì il buio più assoluto. Forse solo qualche frammento senza senso, o forse erano i residui di un sogno lucido che aveva fatto poco prima di svegliarsi.
Delle morbide labbra sopra le sue, una lingua scatenata nella sua bocca e delle fervide mani che lo stavano spogliando della camicia, e poi buio di nuovo.
Diede un pugno talmente forte sul muro che sentì uno dei suoi compagni accorrere vicino alla porta del bagno per sapere se stesse bene.
Uscì dalla doccia e si trascinò davanti al lavandino.
La testa gli esplodeva ancora ma per lo meno il dolore aveva smesso di acuire. Guardò il suo riflesso e una possibile teoria gli venne in mente. Aprì l'armadietto pieno di medicine, e cercò quelle gocce che aveva preso la sera prima, provando a leggere il foglietto illustrativo, ma le lettere erano troppo piccole e gli bruciavano troppo gli occhi per poter leggere cosa ci stesse scritto, così ci rinunciò e mise tutto a posto.
Si trascinò nella stanza, perfettamente in ordine e ora arieggiata, prese alcuni vestiti dal suo armadio e li indossò. Quando si mise la maglietta rivide di nuovo quelle mani che prima gli sfilavano i bottoni dalle asole e poi si strofinavano sul suo petto, era una strana sensazione surreale, ma la scacciò via, e si incamminò verso la cucina.
Prima di entrare sentì i suoi coinquilini borbottare.
"Dovremmo dirglielo?" chiese Gregorio. "Io dico di no. Per il suo bene." ammise Simone. "Il suo bene è venire a conoscenza di ciò che ha fatto, ragazzi. Deve saperlo, perché se ha fatto un casino come veramente sospettiamo, allora deve porre rimedio." spiegò Mattia, che stava sicuramente con le braccia incrociate e la schiena poggiata sullo spigolo del bancone da cucina, col suo solito fare da superiore.
"Il problema è chi glielo dice?" chiese Simone con seria preoccupazione. "Chi glielo dice cosa?" intervenne poi Michelangelo, facendo sobbalzare il trio.
"Ehi... ti ho preparato del brodo." disse Gregorio, prendendo un piatto e servendoglielo sul tavolo.
Non era un grande amante del brodo, ma il languore che provava in quell'istante lo fece precipitare verso quel piatto di zuppa gialla fumante, e lo bevve tutto, mangiando anche la pastina, cosa che lo fece sentire un po' ridicolo, considerata la sua età.
Gregorio gli riempì di nuovo il piatto di brodo.
"Non è quello di mamma, però è pur sempre buono. Bevi che devi reintegrare i liquidi." parlò il ragazzo mente continuava a servirlo. Nel frattempo Simone si alzò e prese da una bustina di carta della farmacia un flacone di integratori minerali e una scatola di aspirina, e glieli mise davanti.
"La farmacista mi ha detto di prendere due pasticche di aspirina e due di questi integratori, poi devi andare a dormire." spiegò. Il ragazzo si sentì lo stomaco pieno, nonostante il languore non si fosse placato.
Aveva riacquisito un po' più di forze ed il senso di stordimento era quasi del tutto svanito.
"Okay, cosa sta succedendo?" chiese dopo un lungo momento di silenzio, guardando uno ad uno i suoi coinquilini, che abbassarono lo sguardo.
Solo Mattia lo guardò negli occhi.
"Davvero non ricordi nulla?"
Il suo tono di voce lo fece preoccupare, perché non era per niente la solita espressione. Anzi, sembrava preoccupato per lui, e anche un po' dispiaciuto, come se dovesse comunicargli una brutta notizia.
"No. Non ricordo niente." ripeté per l'ennesima volta.
Di nuovo quello sguardo. Sta volta i suoi nervi non ce la fecero a reggere quella tensione.
"Insomma, avete intenzione di guardarvi così ogni volta che io vi dico qualcosa?" sbottò irritato.
"Innanzitutto stai calmo, stiamo valutando il modo per descriverti la situazione." intervenne Mattia facendogli calmare i bollori.
"Il problema è da dove iniziare?" si chiese Simone guardando poi i coinquilini. "Dalla cosa più semplice." concluse Gregorio, che prese un lungo sospiro.
"Io... anzi, noi... abbiamo il forte sospetto che tu... ecco..." iniziò a balbettare e a sudare freddo, facendo aumentare l'ansia del moro.
Mattia alzò gli occhi al soffitto.
"Per l'amor di Dio, Greg. Pensiamo che te la fai con il ballerino del piano di sotto, Edoardo." lo interruppe.
Il cuore del ragazzo palpitò per un istante, cercando di capire perché avessero detto quella cosa e se fosse in qualche modo correlata a qualche situazione riguardo la sera precedente.
"Premetto che a noi non interessa con chi te la fai." aggiunse subito dopo.
"Non è come sembra." mentì avvertendo dell'imbarazzo. "Non sono... di quella sponda lì." aggiunse arrossendo.
I tre ragazzi lo osservarono come quando fanno i genitori con un bambino.
"Michele, a noi non interessa nulla con chi te la fai, se con donne o uomini o..."
"Ho detto che non sono gay!" esclamò ad alta voce, zittendo il povero Simone che si sigillò le labbra all'istante impaurito per aver toccato un tasto dolente.
"Okay, abbiamo afferrato il concetto, non c'è bisogno di urlare." gli fece notare Gregorio. "E in più non sono affari vostri." aggiunse moderando i toni, sentendo le tempie pulsargli per il flusso di sangue.
"Stammi a sentire, testa di cazzo." sbottò Mattia, poggiando violentemente i palmi sul tavolo, spaventando persino il moro.
Mattia non era uno che alzava certo la voce ed insultava facilmente, questo fece intuire al riccio che la situazione dovesse essere abbastanza grave.
"A noi non frega una figa di quello che tu sei, o cosa fate tu ed Edoardo quando siete soli, okay? Non puoi però negare che c'è una sorta di legame speciale tra di voi, che sia amore o una semplice amicizia; noi siamo stati i tuoi coinquilini da più di due anni. Senza contare il fatto che Edo è uno di noi, si può dire, quindi anche un cieco noterebbe questa vicinanza e complicità tra due persone." proseguì. Il moro volle fare una domanda, ma fu ignorato dal ragazzo serio.
"Sta di fatto che noi abbiamo notato questo particolare interesse nei suoi confronti da parte tua da un bel po' di tempo, razza d'idiota, quindi non venirmi a raccontare palle."
Michelangelo si zittì, sentendosi in imbarazzo per come i suoi amici avessero scoperto la sua relazione clandestina con Edoardo, nonostante avessero cercato di non dare per niente nell'occhio, se ne erano accorti comunque. Negare l'evidenza era inutile oramai.
Restava solo da capire cosa c'entrasse con quello che aveva combinato la sera prima.
"Ora. Io non so bene perché ieri Edo sia venuto così tardi alla festa, sta di fatto che ti ha cercato, e poi, pochi minuti dopo lo abbiamo visto uscire via dal locale, incazzato e disperato."
Michelangelo ebbe un tuffo al cuore e interruppe subito il racconto del coinquilino.
"Aspetta, Edoardo era alla festa? Ed è venuto dopo?"
Il senso di confusione ritornò e la sensazione di smarrimento lo colse talmente così violentemente che per poco non scoppiò in lacrime per la disperazione di non ricordare nulla.
Mattia, Gregorio e Simone lo guardarono dispiaciuti, perché se davvero non ricordava che il suo ragazzo era presente alla festa, non sapevano come aiutarlo.
"Ma quanto cazzo hai bevuto ieri?" si chiese Gregorio. "Sono sicuro di non aver bevuto tanto, ragazzi. Ve lo giuro... non ero neanche nel mood per potermi ubriacare, saranno state quelle gocce." ammise sconfortato mantenendosi la testa tra le mani.
"Gocce?" domandarono all'unisono. "Sì... ricordo... ricordo che Eddy era nella stanza con me, mi stavo vestendo, poi abbiamo iniziato a discutere per qualche strano motivo, mi ha detto della festa a sorpresa e... E... se n'è andato." pronunciò quell'ultima frase come se tutto fosse divenuto più limpido. E in effetti era proprio così. Ricordò di aver avuto una brutta discussione col ragazzo dagli occhi verdi, ricordò il motivo e persino perché il castano se n'era andato.
"Il problema sono io, vero? È colpa mia, se ti ho trascurato." rimbombarono quelle parole nella sua mente.
"E questo cosa c'entra con le gocce?" lo interrogò Gregorio.
Gli occhi neri divennero lucidi e fissarono un punto non definito della cucina, mentre rivivevano ogni singolo istante di quel momento.
"Abbiamo litigato così di brutto, ed io ho fatto una cosa così orribile che mi stavo sentendo male. Ero sicuro di stare per avere un attacco di panico, e per evitarlo, mi sono ricordato che Simone prendeva delle gocce per gestire i suoi attacchi."
Quando udì quelle parole, a Simone gli si gelò il sangue e si portò una mano alla bocca, terrorizzato.
"Hai... hai preso il mio Lexotan?" domandò balbettando.
Il moro annuì senza proferire parola.
"E... E ricordi quante gocce hai preso?" gli domandò. Il riccio puntò il suo sguardo gelido e vuoto su di lui, scosse la testa confuso.
"Abbastanza da causargli un'amnesia, se poi ci mettiamo anche che ha assunto una modica quantità di alcool che non avrebbe dovuto assumere." sentenziò Mattia scioccato.
"Ho fatto una cosa terribile." borbottò Michelangelo ricordando le ultime parole che gli aveva detto il suo ragazzo.
"Mick." lo chiamò Mattia. "No, Matti, non è il caso." lo fermò Greg. "È già abbastanza confuso di suo, non c'è bisogno di dirgli altro."
"Altro cosa?" chiese incuriosito ora.
Sta volta non ci fu nessuno sguardo.
"Non so cosa tu abbia fatto ad Edoardo, ma a questo punto dobbiamo dirti che hai fatto di peggio ieri sera."
"Matti."
"No. Deve saperlo, deve cercare di porre rimedio." disse con voce preoccupata. "Ieri sera, Edo ti stava cercando, però non sapevamo dove fossi di preciso. L'abbiamo visto pochi minuti dopo che se n'è uscito in lacrime. Simone ha seguito la sua traiettoria e... ti abbiamo visto ammoccarti con una ragazza rossa. Ora noi non sappiamo cosa ci sia tra te e Edoardo, ma la cosa lo ha turbato parecchio..."
Mattia continuava a illustrare la situazione, ma Michelangelo smise di ascoltare e la prima cosa a cui pensò quando apprese di essersi baciato con una ragazza rossa fu quel sogno lucido che aveva fatto. Le labbra morbide e inquiete come le mani, e le lingue tempestose che spingevano soprattutto nella sua bocca.
Si era baciato con una ragazza, e il suo ragazzo lo aveva visto. La notizia acquistò sempre più peso, che ad un certo momento pensò che sarebbe caduto al piano di sotto, direttamente nell'appartamento di Eddy.
Lo aveva distrutto completamente.
Gli aveva fatto del male in tutti sensi, prima aveva lasciato che si prendesse tutte le colpe del suo stupido comportamento, poi come se non bastasse gli diede il ben servito baciando una sconosciuta. La parte peggiore fu che si rese conto anche perché lo fece. E fu questo che gli diede il colpo finale.
La discussione che ebbe avuto con Valerio prima, riguardo il sospetto che i suoi amici insinuavano riguardo la sua dubbia sessualità a causa della sua stretta vicinanza con Edoardo.
Mattia parlava ancora, borbottava qualcosa riguardo il suo ritorno turbolento a casa, ma lo ignorò completamente.
Si alzò dalla sedia, e si avviò verso la porta principale. I suoi amici lo chiamavano per nome, ma lui non li sentì.
Scese le scale, ignorando il dolore che provava ogni volta che la sua testa rimbalzava a causa della discesa da uno scalino all'altro.
Si ritrovò davanti alla sua porta e bussò.
Un breve squillo.
Sembrò metterci troppo tempo, così fece trillare il campanello più a lungo, iniziando ad innervosirsi.
Dopodiché bussò alla porta con delle forti noccate, e fu sull'orlo di urlare il suo nome quando finalmente il pesante infisso si aprì.
"Ti devo parlare." furono le uniche parole che pronunciò davanti alla faccia straziata del ragazzo dagli occhi verde prato.
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Lucid Dreams
RomanceEdoardo è un ballerino di danza classica, Michelangelo è un karateka; i due si incontrano un giorno perché per aumentare le prestazioni dei suoi allievi, il maestro di karate decide di far prendere ai suoi ragazzi lezioni di danza classica. Tutto s...