capitolo 40_R

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I can be your whore

I am the dirt you created

I am your sinner

And your whore

But let me tell you something baby

You love me for everything you hate me for- IN THIS MOMENT




È notte fonda ormai. Stiamo percorrendo la US-101 N nella direzione opposta, per tornare a Manhattan Beach. È un vero peccato che sia buio, perché il paesaggio qui è unico. Alla mia destra si trova il mare, con un misero tratto di spiaggia mentre a sinistra i rilievi montuosi si ergono con prepotenza. Completamente all'opposto rispetto al paesaggio di Manhattan Beach.

Il finestrino è aperto di qualche centimetro, così da poter annusare la brezza marina, il mio profumo preferito dopo la benzina. Il rumore dell'acqua che si infrange nella spiaggia è rilassante e concilia il sonno per mia sfortuna. James mi conosce molto bene e mi rode ammetterlo ma aveva ragione. La mia testa ciondola da quando abbiamo passato Loon Point Beach, quindi dopo neanche un quarto d'ora di macchina. Non ho proprio la forza di tenermi sveglia e James sta giocando sporco, la musica che fuoriesce dalle casse è appena udibile quindi non posso concentrarmi in questa per tenere gli occhi aperti.

L'adrenalina è scesa nell'esatto momento in cui sono entrata in macchina e di conseguenza il male ai piedi è esploso. La sto pagando cara la corsa frenetica sulle décolleté. Ma oltre a quel dolore sordo che pulsa ininterrottamente, l'adrenalina ha fatto scemare tutta la tensione, lasciando posto a un principio di pisolino. Considerando tutto quello che ho bevuto non mi sorprendo. Sbadiglio forte, gli occhi sono lucidi che a fatica riescono a stare aperti. Ma non voglio crollare, ho ancora qualcosa da dire prima di finire tra le braccia di Morfeo.

"Scusami." Di colpo interrompe il massaggio che stava facendo ai miei piedi indolenziti. Sono distesa scomposta sul sedile, la testa appoggiata al mio sedile e i piedi appoggiati sulle sue gambe.

"Per cosa?" È fin troppo serio e sarei stupida a non ammettere che un po' mi preoccupa questo tono. Mi sa che non gli è ancora passata l'incazzatura.

"Per prima, non dovevo sfidarti al bancone. Gli scontri con mia madre mi fanno uscire di testa, perdo il controllo su di me e sulle mie emozioni. Ho sbagliato e me ne rendo conto." Ho i sensi di colpa per come l'ho trattato, alla fine voleva solo starmi vicino. E io ho reagito mettendo un muro tra di noi, rispondendogli male solo per sfogarmi.

"Non sono arrabbiato perché mi hai sfidato, scricciolo. È forse la parte che adoro di più di te, perché dai veramente tutta te stessa per vincere contro di me. Mi sono incazzato perché volevo che parlassi con me, che ti sfogassi con il sottoscritto e non con una bottiglia di Jack Daniels." Spiega. Ha ragione. Tendo a dimenticare che condividere i propri problemi con qualcuno può essere d'aiuto. Abbasso lo sguardo sulle mie mani intrecciate, colpevole. "Sono qui, sempre pronto ad ascoltarti. Manderei a fanculo una delle gare di Tom, accosterei sul ciglio della strada se tu in quel momento avessi bisogno di sfogarti. Vieni prima di tutto il resto Riley."

L'ultima frase fa aumentare i battiti del mio cuore e ho paura che riesca a sentirlo da questa misera distanza dentro l'abitacolo. Nessuno mi ha mai detto una cosa del genere. Ed è bellissimo diamine. Vorrei che me lo dicesse ancora, non mi stancherei mai di sentirlo.

Stiamo in silenzio per un po', ognuno perso nei propri pensieri.

"La odio." Bofonchio. Inutile specificare a chi mi sto rivolgendo, sono sicura che lo ha capito.

"Sfido chiunque a volere come madre una stronza del genere. Te la sei cavata alla grande nel tenerle testa."

"Non ho fatto altro nell'ultimo anno. Cerco di dimostrarmi fredda e distaccata, ma quando tocca certi tasti è difficile mantenere il controllo. Sa sempre dove puntare per ferirmi." Sospiro desolata. "Ti chiedo scusa per come ti ha trattato, non doveva."

Devil's Sweetie (ex As yet Untitled)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora