capitolo 10_R

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I need your help, I can't fight this forever

I know you're watching,

I can feel you out there- STARSET



Una decina di minuti fa siamo ripartiti dopo aver fatto una veloce pausa pranzo. Per fortuna abbiamo trovato un fast food lungo la strada, verso Morgan Hill, così ci siamo risparmiati una lunga sessione di ricerca su Maps. Ho mangiato un po' controvoglia, senza particolare enfasi. Succede così quando sono di cattivo umore, il cibo passa in secondo piano. Avrei dato volentieri i tre quarti della mia piadina ai ragazzi, ma Ward mi ha ammonito con lo sguardo, intimandomi di finirla. E per non litigare l'ho buttata giù a forza.

In macchina c'è un silenzio a dir poco imbarazzante, accentuato dal fatto che la radio non funziona. Diamine, la prossima volta che sistemo una macchina la prima cosa che faccio è controllare la radio.

Né io né James abbiamo argomenti di cui parlare e se devo essere sincera non mi va. Ho la testa troppo persa nei ricordi, essere dentro la Mustang equivale a essere dentro un tornado in questo momento. Sento ancora il suo profumo su questo sedile e per quanto possibile mi accoccolo ancor di più, immaginando le sue braccia stringersi attorno al mio corpo. A proteggermi dal mondo intero. Ma è fottutamente troppo tardi.

Inspiro ed espiro con cattiveria. Mi devo distrarre. Decido così di sacrificare il mio telefono: lo posiziono sul cruscotto e faccio partire The Handler dei Muse.

Le mie dita iniziano subito a battere il tempo sul ginocchio e non riesco a impedirmi di canticchiare. Questa canzone è una delle mie preferite in assoluto: oltre al fatto che rappresenta un ritorno alle origini del gruppo, anche il significato stesso della canzone è qualcosa che mi piace. In sintesi racconta di come quest'uomo sia stato programmato per obbedire agli ordini dei 'poteri superiori' ma si ribella e cerca di ottenere la libertà da questo controllo mentale. Sembra qualcosa di tanto apocalittico ma non è così: la società ci impone come pensare, come comportarci, cos'è giusto e cos'è sbagliato. Arrivi al punto in cui non ti fai più domande, i bisogni ci vengono indotti e per questo veniamo trattati come automi incapaci di riflettere.

È la società l'handler di cui parlano i Muse. E solo in pochi hanno il coraggio di ribellarsi e di diventare quindi emarginati. Io mi considero una di quelli.

"Ti piacciono veramente tanto i Muse." Attacca James dal nulla.

Lo guardo di sottecchi. "È così evidente?"

Sbuffa divertito. "Ci hai fatto ascoltare più di mezza discografia, quindi direi proprio di sì! Se devo essere sincero, non ti facevo una tipa da questa musica. Anzi, giorno dopo giorno cancelli ogni mia convinzione che ho su di te."

Davvero? E cosa pensi di me esattamente? Potrai pure aver ovviato l'argomento con David e Lukas, ma ora ti sei fregato con le tue stesse mani. Sono proprio curiosa di sentire cosa hai da dire.

"Non sono come tutte le altre." Torno a guardare fuori dal finestrino, attendendo una sua risposta.

"Oh, credimi scricciolo che l'ho capito eccome. Quando ti ho vista a scuola pensavo fossi una con la puzza sotto il naso, invece hai dimostrato di essere una cazzuta, che non si fa mettere i piedi in testa, intelligente, che è tutt'altro che una figlia di papà." Scala la marcia e guarda lo specchietto. Sorpassa la Golf GTD davanti a noi. Tamburella sul volante, sembra quasi nervoso. "Avrei giurato che fossi una da Taylor Swift e Ariana Grande, ma la maglietta dei Guns il primo giorno di scuola e i Muse parlano già da soli. Ti piace la musica rock e a quanto ho capito pure le auto e sono cose che non passano di certo inosservate, soprattutto ai miei occhi. Ti avevo affibbiato l'immagine della stronza insensibile eppure prima ho visto un turbinio di emozioni così intense nei tuoi occhi che mi ha quasi spaventato." Confessa.

Devil's Sweetie (ex As yet Untitled)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora