La strada

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Born to be wild... Testo e titolo di una canzone che sento mia, come fosse stata scritta realmente su di me, sulle mie sensazioni.
Come se la vita fosse tutta lì, sulla moto che corre in strada, nel rombo del motore sotto la sella. Questa vita che scorre come le ruote sull'asfalto.
A volte diritta. A volte con qualche curva. A volte con molte. A volte ci sono le buche.
Ma si sa, si cade e ci si rialza.... O almeno si spera.
La vita di un adolescente non è mai così facile e anche se lo fosse, se tutti i pezzi del puzzle fossero al proprio posto, non lo sarebbe lo stesso.
Questa guerra interiore che nasce a prescindere dalla famiglia, dagli amici e dalle persone che ti circondano.
Se sei selvaggio. Lo sei.
Si può aggiustare il carattere in qualche sfumatura di colore come in un acquerello, ma un paesaggio non potrà mai diventare un ritratto; un pò più luminoso o un pò più cupo, forse, ma non si cambia mai radicalmente. Ciò che sei rimani.
"Camilla, svegliati è ora di alzarsi!" e come ogni mattina che Dio mette in terra, mamma mi chiama dalla sua camera dopo che la sveglia è stata ritardata per ben due volte.
Non riesco... non ce la faccio a scendere dal letto la mattina.
Dovrebbero inventare una scuola con lezioni che iniziano alle 10:00. E naturalmente che finiscono alle 12:00.
Odio la scuola, l'ho sempre odiata. Non mi piace studiare.
Odio la pressione delle interrogazioni e dei compiti in classe.
Anzi, diciamo che odio le pressioni in generale.
A scuola ci vado solo perchè mi hanno obbligato a diplomarmi e per questo odio anche un pò i miei genitori.
Mi alzo con un diavolo per capello e mi preparo velocemente.
Non ho bisogno di molto tempo per infilarmi dei jeans che mi calano sui fianchi e un maglione due taglie sopra la mia che mi copre fino sotto ai glutei.
Infilo i miei stivali rigorosamente senza tacco.
Do una pettinata veloce ai capelli che arrivano sotto le scapole e li lego in una coda bassa, per non arrivare a scuola con un nido ingarbugliato sulla testa.
Prendo lo zaino e sulla porta di casa, come ogni mattina, urlo: "Mamma, io vado! Ci vediamo a pranzo!"
Sbatto la porta senza alcuna risposta e con fastidio penso che mentre io alle 7:15 son già fuori, lei si starà rigirando nel letto.
Sbuffo e scendo le scale di fretta e mi dirigo nel garage.
Apro il portone e mi meraviglio ogni volta, di quanto io abbia bisogno di questo.
Salgo sul mio Ninja, tolgo il cavalletto con un piede e spingo il pulsante d'accensione.
Il rombo risuona potente dandomi il buongiorno e il mio corpo accoglie con un fremito le vibrazioni che emette; i miei nervi si distendono e la mia bocca si incurva in un lieve sorriso.
Il mio umore si rischiara al suono dell'unico buongiorno che vorrei sempre sentire.
Il cielo fortunatamente è limpido, nonostante sia novembre e le temperature hanno già iniziato ad irrigidirsi.
Infilo il casco e parto distendendomi sulla moto, diventando un tutt'uno con lei.
Mi immetto sulla strada e come solitamente faccio nei giorni di sole, allungo il percorso verso la scuola per godermi più tempo in sella alla mia unica metà.
Il vento che entra dalla visiera semiaperta, mi ricorda che siamo in novembre, ma adoro questo contatto con l'aria fredda che mi fa rabbrividire, mi risveglia e mi fa sentir viva.
Sfreccio tra le auto con movimenti fluidi e arrivo a scuola in orario per il suono della prima campanella.

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