Un equilibrio da mantenere

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Dopo mesi di grigio, il verde irrompe nelle mie iridi prepotente.
E la mia bocca si incurva beandosi di questo momento di leggerezza.
Per un attimo i miei pensieri sono occupati da un unico bisogno.
Avvio il motore e il rombo risuona nel mio io più profondo.
L'emozione per qualcosa che conosco bene si espande in ogni cellula del corpo.
Mi da conforto questa sensazione.
E con questa consapevolezza scivolo sull'asfalto pieno di curve.
Pieno di buche che mi fanno sobbalzare.
Ma tengo stretta la moto e mi lascio trasportare.
Mi fido e so che non mi lascerà cadere.
Non adesso.
Vago per la collina sopra la città.
Mi immergo nel verde che mi da conforto.
Il vento caldo che mi sferza il viso.
E il casco che non ho indossato è appeso al braccio.
Perchè le voglio sentire tutte le sensazioni.
Il vento che mi colpisce.
Il sole che mi scalda.
Gli occhi socchiusi dalla potenza dell'aria e dalla troppa luce.
Il tuono che dentro di me risveglia una passione spontanea.
Una voglia di evadere da qualcosa che mi ha tormentato per tutto questo tempo.
Notti insonni.
Pasti non consumati.
Una non partecipazione alla vita.
In standby.
Fino a quando qualcosa mi desta dai miei pensieri.

La Ducati.

Mi lascio superare, ma subito il fanalino posteriore si illumina come segno di frenata.
Rallento  e vedo una gamba fasciata da jeans neri e stivale Dainese sorreggere la  moto. La sua testa si gira appena, fino al punto in cui decido di  fermarmi. Punto entrambi i piedi sull'asfalto, mi raddrizzo e ci  troviamo uno di fianco all'altro, occhi negli occhi.
"Camilla,  nessuno ti ha detto che è pericoloso andare in moto senza casco?" la  voce mi giunge flebile ed ovattata, ma percepisco un velo di rimprovero  nelle parole.
E lo stupore si dipinge sul mio viso.
"Che ci fai qui... Matteo giusto?" Azzardo, cercando di districare i capelli che sono un cumulo di nodi.
Lui  si toglie il casco e la sua solarità mi coglie di sorpresa: "Sto  tornando verso casa, perchè mi sono dimenticato il telefono dove ho  tutti i contatti per avvertire gli amici motociclisti della "gita fuori  porta", mi dice.
"Tu abiti da queste parti?" Gli chiedo stupita.
E nella mia mente si materializza la prima volta che l'ho visto.
Quel  giorno non gli prestai molta attenzione, anzi ero quasi intimorita di  essere in un posto sperduto con una persona sconosciuta.
Mi desta ancora una volta dai miei pensieri: "Davvero... da ben 23 anni, pensa!"
"Come scusa?" rispondo cadendo dalle nuvole.
Scoppia in una sonora risata e insiste:" Vivo da queste parti da ben 23 anni!"
Irritata, assottiglio lo sguardo distogliendolo da lui e sbuffo.
"Scusa. Scusa. Non volevo offenderti, ok?".
Non rispondo.
Non lo degno di uno sguardo.
Così cerca di adularmi: "Bella la tua moto!" e più per cortesia che altro rispondo: "Si...anche la tua..."
Mi  guarda e come se gli si fosse accesa una lampadina, spalanca gli occhi e  mi chiede: " Perchè non vieni con noi?... In fondo possono partecipare  tutte le persone dotate di due ruote. E tu ne possiedi una!" Mi dice in  tono scontato.
Inizialmente non capisco a cosa si riferisca e  lui lo intuisce subito, perché aggiunge: "Parlo della gita fuori porta,  perché non vieni anche te?".
Gli occhi ora sono sgranati e la bocca spalancata: "Come scusa?"
Sembrerò un idiota in questo momento.
Infatti Matteo si lascia scappare un sorriso che cerca di nascondere ma con scarsissimo successo.
E  riprende: "Ok, allora appena arrivo da Alex, lo informo che ci sarai  anche tu. Almeno potrai darci una mano nell'organizzazione. Il parere di  una donna non guasta mai!"
Così dicendo, si infila il casco, mi saluta con un cenno della mano e corre via.
Non  ho il tempo di capire o di metabolizzare quello che è successo. Quello  che mi ha detto e dell'impegno che ho preso senza neanche acconsentire.
E ancora una volta rimango stordita.
Lo  sguardo perso nel vuoto che lui ha lasciato fisicamente vicino a me. I  pensieri che vagano in mille posti della mia mente e del mio corpo.
E il pensiero che sono viva, si fa strada dentro me.
Adesso lo sento.
Il mio cuore batte.
Sono caduta a causa di una buca sull'asfalto.
Una grossa buca, paragonabile ad un cratere.
Che mi ha tenuta nel suo ventre per troppo tempo.
Mi sono crogiolata tra le sue braccia di dolore.
Rassegnandomi al grigio dei suoi occhi.
Ma piano piano torno alla vita, mi rialzo.
O almeno ci provo.

Born to be MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora