Capitolo secondo

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-Allora- padre Gabriel si voltò di scatto, il sorriso tirato ai lati del volto che scopriva i denti candidi come la pietra dell'altare. -Alla fine è riuscito ad arrivare- il suo modo di porsi era fisso, una cattedrale umana, l'avrebbe definito un poeta particolarmente fantasioso.

Aziraphale si sentì immediatamente a disagio, dimenticandosi improvvisamente della situazione di benessere che stava provando all'interno dell'edificio. -Scusi, c'è stato un ritardo, giù a Londra, quindi non ho potuto fare in tempo ad arrivare in orario- deglutì profondamente, cercando di farsi perdonare il prima possibile soltanto per abbandonare quel malloppo che si era formato sulla sua gola -non ho il suo numero, mi è riuscito impossibile contattarla-.

Il padre fece un'espressione accigliata, sedendosi su una delle ultime panche. -Non c'è bisogno di scusarsi, questo paese non è dei più facili da raggiungere- si guardò intorno, facendo restare impassibile il suo sorriso accogliente -e sicuramente non è Londra. O Edimburgo. O Manchester- aspettò che l'altro si sedette, sempre la sua solita timidezza nell'abbandonare le borse nel luogo indicato con un precedente movimento del capo, solo per appoggiare la schiena totalmente sulla panca. -Spero che abbia fatto un buon viaggio, signor Fell-.

-Assolutamente magnifico, grazie mille per l'interessamento- Aziraphale, nel sentire il suo cognome, si risollevò dalla posizione gobba in cui si era trovato, sbattendo gli occhi come un coniglio spaventato. Il suo cognome era la parte migliore del suo nome completo, le cui iniziali capeggiavano sulla sua borsa più grande, quella stillante d'acqua. Erano grandi, dorate: A e Z, la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto e, ironicamente, le prime lettere del suo nome completo. Non erano in molti a chiamarsi Zeke, diminutivo di Ekeziel, ed erano ancora meno le persone a chiamarsi Aziraphale.

Molte volte aveva cercato prima su libri appositi e poi su internet il significato del suo nome, ma non aveva mai trovato nulla. I suoi genitori dicevano che era il nome di un Angelo Guardiano o roba così, ma lui non ci aveva mai creduto molto, il pensiero che il suo nome fosse stato completamente inventato non gli era mai sembrato troppo distante.

Quindi, almeno per lui, rimaneva solo Fell. O meglio, A. Z. Fell. Due lettere e un verbo al passato.

-Spero lei sappia chi sono- chiese l'uomo con fare retorico, lo sguardo magnetico dell'uomo era bloccato su quello dell'altro, gli occhi scuri che parevano assumere sfumature quasi violette.

Il ragazzo si sorprese nel sentire quella domanda. Poteva essere davvero così poco ovvio? -Sì. Certo che so chi è, padre- improvvisò un sorriso imbarazzato, concedendosi di rilassare le spalle quanto più poté. Non c'era niente di cui preoccuparsi, andiamo.

-E spero anche che lei sappia il motivo della sua visita qui-

-Assolutamente. Mi è sembrato subito interessante e sono corso- l'avevano fatto correre, l'indagine su un mostro avrebbe sicuramente fatto la sua figura in mezzo alle catastrofi che erano soliti stampare sul giornale. Si ricordò improvvisamente del peso che portava nella giacca, il suo quadernino dove c'erano ancora scritti distrattamente gli appunti del taxi, e aprì la bocca per parlare. -Ho sentito che c'è un testimone diretto che ha avuto esperienze con questa creatura- aggiunse, cercando in ogni modo di non sembrare scortese in alcun modo -potrò poi parlare con lei?-

-Ah- il volto dell'uomo si indurì d'improvviso, un'espressione disgustata aveva sovrastato quella gentile -ti hanno parlato di Anatema, a quanto pare-.

-Esatto- non sapeva precisamente il nome della ragazza di cui aveva parlato il tassista, ma poteva benissimo immaginarlo.

-È natia di queste parti, fa la studiosa di...nessuno sa bene cosa- borbottò con una punta di noia nella sua voce -vive qua da tanto, ed è impegnata nel caso da quando sono iniziate di nuovo le apparizioni di Crawly, un po' di mesi fa, e a quanto pare lei lo ha incontrato veramente. L'essere, intendiamo- si avvicinò al ragazzo, guardandolo con sguardo quasi complice -ma non molti le credono. Insomma, la sua famiglia è conosciuta in giro per essere bizzarra- dopo aver detto quello, si alzò con un movimento scattante dalla panca, spianando la lunga veste nera che gli copriva il corpo intero. -Ma avremo tempo per parlarne più accuratamente domattina- lo congedò aprendo le mani, il sorriso accogliente tornato sul suo volto tirato.

In The Woods Somewhere|Good OmensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora