capitolo terzo

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Il bar era esattamente come se l'era immaginato: piccolo. C'erano sì e no dieci tavoli, l'atmosfera calda e umida già di prima mattina. Aziraphale, nel sedersi, si era messo ad osservare tutte le chincaglierie distribuite per le pareti, vecchi cimeli di caccia e articoli di giornale, per poi essere riportato all'attenzione dalla voce della donna.

-Il fatto che lei sia stato intimidito da un gruppo di marmocchi dice un sacco di cose sulla sua personalità, signor Fell- il tono era metodico, quasi come quello che avrebbe potuto avere una professoressa durante un esame.

Ovviamente, il diretto interessato restò per qualche secondo interdetto, iniziando a tamburellare nervosamente le dita sul legno. -Non faccio sempre così- cercò di rispondere -nel senso, non sempre mi faccio intimidire facilmente- era una situazione che non gli stava piacendo.

-Lo spero- il tono della donna era di pura sufficienza.

-Ho fatto boxe. Per qualche tempo, almeno-

-Interessante-

-Certo, non ero il massimo, però un paio di vittorie...-

-Qua non scherziamo, signor Fell- con un breve gesto della mano, la donna ordinò due birre, per poi tornare a scrutare il ragazzo. Gli occhi scuri che parevano essere stati fatti di lava raffreddata. -Lo so che lei pensa sia tutto uno scherzo, una pagliacciata- una pausa, soltanto per bere un sorso del liquido dorato -ma noi non saremo il suo caso bizzarro della settimana su cui scrivere per far capire a quelli di città quanto sia stupida la gente di montagna-.

Aziraphale non era proprio sicuro delle intenzioni della ragazza, ma l'ultima cosa che voleva fare era cattiva impressione. -Non era mia intenzione- riuscì a mormorare, non azzardandosi nemmeno a toccare la bevanda. 

Un sorriso strafottente. -Ovvio che non lo è, era solo per vedere la sua reazione-. Gli porse la mano con energia, facendo in modo che l'altro ricambiasse la stretta con altrettanta forza. Una nuova luce stava illuminando i suoi occhi. -Possiamo darci del tu, ora?-.

-Perfetto-

-Allora- sentendo quella risposta, la ragazza prese dalla borsa dei libri e dei quaderni, post it infilati un po' ovunque e scarabocchi ai lati ritraenti la stessa figura. -Il mio nome è Anatema Device, come ti ho già detto, e sono la principale studiosa del caso Crawly, in quanto unica testimone in vita-.

Aziraphale aveva iniziato a scartabellare tutti quei fogli, leggendo sparute informazioni. -Laureata in zoologia...hai scritto davvero tutti questi saggi sui mostri?-

-Non mostri- leggermente stizzita da quell'affermazione, si premurò di rimbeccare l'altro -ma criptidi-. Si mise più comoda sulla sedia, accavallando le gambe con fare audace. -I mostri non esistono, esistono solo esseri che sanno nascondersi bene-.

-Come...com'è andato il primo incontro? Con la bestia, intendo- voleva iniziare subito le indagini, un modo per rompere il ghiaccio quasi.. Era comunque lì per un motivo.

-Tutto ciò che la gente pensa in merito a Crawly è falsa- iniziò con quella frase enigmatica, scartabellando i fogli davanti a lei. -Non è un animale, un grande serpente come molta gente crede- Aziraphale non sapeva perfettamente dove volesse andare a parare -è una persona. O qualcosa di molto simile ad una persona-.

Il biondo ripensò alle parole del tassista. -E sa parlare?-.

-Sì. Ricordo di aver sentito delle frasi che probabilmente si riferivano alla mia famiglia-

-Alla tua famiglia?-

-Esatto- mosse le ultime gocce di birra nel bicchiere con un movimento della mano, per poi continuare il discorso -la mia famiglia è tra le più antiche di Tadfield. Agnes Nutter era una mia antenata, e ha passato un bel po' di conoscenze a buona parte della famiglia-. Nel guardarsi intorno si poteva notare una buona quantità di ansia -non siamo visti di buon occhio, noi Device-.

In The Woods Somewhere|Good OmensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora