capitolo quarto

58 8 0
                                    

Aveva sentito che spesso le persone che abitano vicino a delle foreste sentono dei rumori provenire dagli alberi, ma non pensava potessero essere così forti.

La notte stava scendendo sul bosco, una coperta atta a coprire tutto il mondo almeno per qualche ora, e le fronde parevano essere tante mani pronte a tagliargli la carne senza pietà. -Perché non potevamo venire di giorno? Avremmo visto meglio- si lamentò il biondo, stringendo tra le dita una torcia.

Si era preparato tutto il giorno, a dire la verità. Aveva preso uno zaino che teneva ripiegato in una delle sue due borse e l'aveva riempito di bottiglie d'acqua, qualche barretta al cioccolato che era riuscito a comprare nel minuscolo negozio di alimentari a fianco del bar, un maglione, un block notes e una torcia. Tutto il necessario.

Ma non si immaginava di dover seriamente andare in un bosco sconosciuto di notte.

-Perché di giorno, caro signor Fell, abbiamo più possibilità di farcelo scappare- il tono di padre Gabriel era il più deciso che avesse mai sentito, la figura statuaria dell'uomo che sembrava quasi confondersi con l'oscurità a causa della veste nera con cui l'aveva accolto la sera prima.

-E poi perché non sappiamo quali possano essere effettivamente le sue abitudini. In un documento degli anni dieci si hanno testimonianze di avvistamenti diurni, quindi potrebbe anche non essere un notturno- Anatema era quella più vicina di tutti al confine con il bosco, mentre osservava con attenzione un quadernetto illuminato da una torcia. C'erano scarabocchiati sopra delle cose di cui nemmeno Aziraphale riusciva a capirne il significato, nonostante avesse visto la ragazza stessa scriverci sopra quella mattina. 

Per lui, in realtà, ogni cosa che aveva visto, fatto e pensato quella mattina sembrava solo un sogno perverso. Quelle incisioni, quei disegni di quella creatura descritta a tratti in modo orribile, con zanne e corna e squame attraverso tutto il corpo, e in altri documenti in modo così aggraziato, quasi si trattasse di una qualche regina delle fate o perfino un unicorno, avevano istigato il dubbio nel suo cervello, quasi come ogni cosa fosse altresì un'illusione.

Forse, era esattamente così. Forse non si trovava nemmeno al margine di una tenebrosa foresta, ma davanti alla sua finestra che dava sulla giungla urbana londinese, a contare le gocce di pioggia che rapide scorrevano sul vetro. 

Probabilmente era proprio lì, però il vento freddo e quei rumori di scarpe gli fecero capire pienamente di trovarsi a Tadfield, nel profondo nulla, assieme a dei perfetti sconosciuti che avrebbero potuto benissimo ucciderlo in ogni momento opportuno.

Aveva visto abbastanza film da sapere che spesso la storia andava così: uno sventurato arriva in una cittadina ai margini di una foresta, e poi per la fine del film le sue ossa vengono usate come copricapo dai membri della setta che l'hanno sacrificato a qualche antica divinità pagana. 

Funzionavano sempre così quei tipi di storie.

Certo che funzionavano così. Probabilmente i ragazzini che aveva incontrato quella mattina non avevano mai visto qualcuno provenire dall'esterno, per questo l'avevano chiamato straniero. Erano comunità montane, isolate dal mondo.

Ma non c'era motivo per essere preoccupati, in fondo. Padre Gabriel gli infondeva talmente tanta sicurezza con il suo sguardo fiero da fargli dimenticare qualsiasi suo dubbio, quasi come fosse una magia. Più osservava i suoi profondi occhi violacei alla luce della luna, più si dimenticava del mondo attorno a lui, volendo solo e soltanto trovare l'oggetto del desiderio quasi per renderlo fiero. Anche se l'aveva incontrato la prima volta la notte prima, quando il freddo e il timore gli stavano intorpidendo i sensi fino al limite della coscienza, avrebbe benissimo donato la sua vita, per lui.

In The Woods Somewhere|Good OmensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora