2|Il Gruppo 7

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7:00

La sirena suonò improvvisamente, facendomi balzare giù dal letto.

La reazione di Eleonora fu più contenuta, di solito le ci voleva proprio quello per svegliarla la mattina e farla arrivare in tempo a scuola.
Tuttavia aveva il suo sguardo minaccioso: labbra strette e occhi assottigliati.
Supposi che stava pianificando la sua vendetta contro quell'aggeggio infernale che l'aveva svegliata.

Con un verso straziato gettò via le coperte e andò in bagno per sistemarsi sbattendo forte i piedi per terra.
Povero pavimento, ingiustamente maltrattato.

Appena la mia amica finì mi fiondai a sciacquarmi la faccia per risvegliarmi.
Mi asciugai il volto e guardai la mia immagine riflessa nello specchio. Per un attimo mi sembrò di vedere di nuovo quella spada alata.
Quindi aveva deciso di perseguitarmi...

Dopo essermi messa la divisa tornai nella stanza e notai la porta aperta.
Riuscivo a sentire lo scalpiccio di centinaia di stivali e a vedere altrettanti ragazzi passare nel corridoio con le loro divise grigie.
Io e la mia compagna seguimmo il flusso ed arrivammo dentro la mensa, un'enorme sala piena di persone affamate e mezze addormentate.

Diedi un'occhiata più approfondita: le pareti erano grigio chiaro e il pavimento, invece, aveva una tonalità più scura; in fondo alla mensa vi era un gigantesco bancone dove una decina di cuochi muniti di cuffietta e guanti stavano distribuendo del cibo per la colazione, mentre sparsi in tutta la stanza vi erano decine di tavoli circolari, ognuno con sopra il numero del proprio gruppo.
Mi ricordai che noi eravamo nel gruppo 7 e ci mettemmo alla ricerca di un tavolo con quel numero.
Lo trovammo a qualche metro dall'entrata dove cinque ragazzi stavano aspettando il loro turno per andare a prendere la colazione al bancone in fondo.

Ci avvicinammo timidamente ed Eleonora mi obbligò con lo sguardo a parlare per prima. «Ciao» li salutai con un lieve movimento della mano.
Volevo sotterrarmi, perché mi aveva obbligata a parlare per prima?

Una sedicenne dagli occhi castano scuro e dai capelli scarlatti col volto costellato di lentiggini sorrise caldamente e ci invitò a sedere. «Piacere di conoscervi e benvenute nel nostro gruppo. Io sono Elisa, la più grande e anche la capogruppo, loro sono Marisol, la più fantasiosa» Indicò una ragazza di quindici anni dai capelli castano chiaro e dagli occhi verdi come il bosco fuori da quella struttura. «Lucas, il più bravo in matematica» Spostò il dito su un tredicenne biondo con gli occhi di diverso colore (uno azzurro e l'altro castano). «Isabelle, la più abile in scienze e in educazione fisica» Indicò una ragazza di quattordici anni dall'aria simpatica con dei grandi occhi neri e dei lunghi capelli del medesimo colore raccolti in una coda a metà tra bassa e alta. «E Martin, il più piccolo, il più affettuoso e il più spiritoso... oltre che il combina guai per eccellenza» disse infine indicando un ragazzino di dodici anni dai capelli castani e dai grandi occhi azzurri.
Li salutammo e ci presentammo.

«Io sono Giulia» dissi acquistando un po' più di coraggio.

«Io sono Eleonora»

Elisa ci sorrise e ci fece alcune domande su quanti anni avessimo, cosa facessimo prima dell'Accademia, la nostra città di origine e cose così per passare il tempo prima di essere chiamati per andare a prendere la colazione.
Non parlai, non avevo molto da dire. La mia vita era noiosa, ordinaria, inutile.
Ma quella di Eleonora no, quindi parlò lei per tutto il tempo.

Quando venne il nostro turno ci alzammo, andammo al bancone, prendemmo delle teglie di plastica dura rigorosamente rosse con dei pezzi di cibo incrostati sopra da non si sa quanto e prendemmo la nostra colazione: un pacchetto da sei biscotti, un piccolo cartone di latte da 250 ml e un pacchettino di cereali (o quel che erano).
Per chi non avesse voluto il latte c'era del succo all'arancia, ma aveva così tanti filetti che passava la voglia a chiunque di berselo.
Le porzioni ridotte e calcolate alla perfezione creavano il giusto clima precisino e psycho per quell'accademia-prigione.

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